Per le aziende le multe potranno arrivare al 5% del fatturato annuo mondiale
Criminalità ambientale, l’Europarlamento rafforza le sanzioni fino a 10 anni di carcere
Manders: «Qualsiasi dirigente responsabile di provocare inquinamento potrà essere chiamato a rispondere delle sue azioni, al pari dell'impresa»
[27 Febbraio 2024]
Con 499 voti favorevoli, 100 contrari e 23 astensioni, oggi l’Europarlamento ha approvato in via definitiva nuove misure e sanzioni per contrastare la criminalità ambientale.
Tra i nuovi reati figurano il commercio illegale di legname, l’esaurimento delle risorse idriche, le gravi violazioni della legislazione dell’Ue in materia di sostanze chimiche, e l’inquinamento provocato dalle navi.
I deputati hanno voluto inserire nel testo anche i cosiddetti “reati qualificati”, vale a dire quelli che portano alla distruzione di un ecosistema e sono quindi paragonabili all’ecocidio (ad esempio gli incendi boschivi su vasta scala o l’inquinamento diffuso di aria, acqua e suolo).
Per i cosiddetti reati ambientali qualificati, commessi da persone fisiche e rappresentanti d’impresa, si profila il carcere: il massimo è di 8 anni di reclusione, per quelli che causano la morte di una persona 10 anni e per tutti gli altri 5 anni.
Tutti i trasgressori saranno inoltre tenuti a risarcire il danno causato e ripristinare l’ambiente danneggiato, oltre a possibili sanzioni pecuniarie.
A seconda dei casi, per le imprese l’importo potrà essere pari al 3 o 5% del fatturato annuo mondiale o, in alternativa, a 24 o 40 milioni di euro. E gli Stati membri potranno decidere se perseguire i reati commessi al di fuori del loro territorio.
«È giunto il momento che la lotta alla criminalità transfrontaliera assuma una dimensione europea, con sanzioni armonizzate e dissuasive che impediscano nuovi reati ambientali – commenta il relatore, Antonius Manders – Con questo accordo, chi inquina paga. Ma non solo: è anche un enorme passo avanti nella giusta direzione. Qualsiasi dirigente d’impresa responsabile di provocare inquinamento, infatti, potrà essere chiamato a rispondere delle sue azioni, al pari dell’impresa. Con l’introduzione del dovere di diligenza, poi, non ci sarà modo di nascondersi dietro a permessi o espedienti legislativi».
Gli eurodeputati hanno poi insistito con successo sull’introduzione di sostegno e assistenza nel contesto dei procedimenti penali per gli informatori (whitleblower) che denunciano reati ambientali. Inoltre, hanno introdotto l’obbligo per gli Stati membri di organizzare corsi di formazione specializzati per forze dell’ordine, giudici e pubblici ministeri, redigere strategie nazionali e organizzare campagne di sensibilizzazione contro la criminalità ambientale.
«Oggi per l’ambiente è una gran bella giornata. La direttiva europea sui crimini ambientali approvata oggi dal Parlamento Europeo – commenta Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente – contiene nuovi illeciti, a cominciare dalla definizione di eccidio, un inasprimento delle sanzioni, maggiori tutele per chi denuncia e, come proposto da Legambiente, l’impegno di facilitare l’accesso alla giustizia per le associazioni. Un passo importante a livello europeo per il contrasto e la lotta alle illegalità ambientali che consentirà di rafforzare nel nostro Paese quanto già previsto dal 2015 grazie all’introduzione dei delitti contro l’ambiente nel Codice penale. Anche per questa ragione l’Italia può dare il buon esempio, diventando il primo Stato europeo a recepire la nuova direttiva».
La nuova direttiva entrerà in vigore il ventesimo giorno successivo alla sua pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Ue, e gli Stati membri avranno poi due anni per recepire le norme nel diritto nazionale.
Sarà uno strumento molto utile per contrastare la criminalità ambientale, che è la quarta attività criminale al mondo e una delle principali fonti di reddito per la criminalità organizzata insieme al traffico di droga e armi e alla tratta di esseri umani.
La sola repressione però non basta, come mostra il caso italiano, dove il livello degli ecoreati è stabile da una dozzina d’anni nonostante gli inasprimenti delle pene; oltre a inasprire le pene, occorre soprattutto semplificare la normativa ambientale, riducendo i margini d’interpretabilità, così da individuare più facilmente le condotte illecite e al contempo dando gambe alle imprese che s’impegnano con serietà nel concretizzare la green economy.