Fao: i cambiamenti climatici hanno ripercussioni diverse su reddito e adattamento nelle aree rurali, a seconda di genere, ricchezza ed età
Clima ingiusto: aumenta il gap retributivo di genere
Ondate di caldo e inondazioni colpiscono donne e uomini in maniera diversa
[5 Marzo 2024]
Secondo il nuovo rapporto “The Unjust Climate – Measuring the impacts of climate change on rural poor, women and youth” pubblicato dalla Fao, «I cambiamenti climatici colpiscono in maniera sproporzionata i redditi delle donne rurali, delle fasce povere della popolazione e degli anziani, la cui capacità di reagire e adattarsi agli eventi meteorologici estremi è segnata dalla disuguaglianza».
Il rapporto mette in luce una cruda realtà: «Ogni anno, nei paesi a basso e medio reddito, le famiglie a guida femminile, nelle zone rurali, subiscono perdite finanziarie nettamente maggiori rispetto ai nuclei familiari con uomini capofamiglia. Rispetto a questi ultimi, infatti, le famiglie guidate dalle donne perdono, in media, l’8% di reddito in più, a causa dello stress termico e il 3% di reddito in più, a seguito delle inondazioni. In termini monetari, ciò si traduce in una perdita pro capite di 83 dollari per lo stress termico e di 35 dollari per le inondazioni, per un totale, rispettivamente, di 37 miliardi e di 16 miliardi di dollari in tutti i paesi a basso e medio reddito».
La Fao avverte che «Se le temperature medie dovessero aumentare di appena 1° C, queste donne subirebbero una perdita del reddito totale del 34% superiore rispetto agli uomini. Alla luce delle enormi differenze esistenti tra donne e uomini a livello di produttività agricola e salari, lo studio suggerisce che, in assenza di interventi risolutivi, i cambiamenti climatici sono destinati a esacerbare sensibilmente queste disparità negli anni a venire».
Lo studio ha analizzato i dati socioeconomici di oltre 100.000 famiglie rurali (oltre 950 milioni di persone) in 24 Paesi a basso e medio reddito e ha integrato queste informazioni con i dati georeferenziati su precipitazioni e temperature giornaliere, in un arco temporale di 70 anni, esaminando così l’impatto di un ventaglio di fattori di stress climatico sul reddito, il lavoro e le strategie di adattamento delle persone, distinguendo in base a ricchezza, genere ed età. Ne emerge che «Tali effetti sarebbero diversi, a seconda, non soltanto del genere, ma anche dello status socioeconomico. Lo stress termico, vale a dire la sovraesposizione a temperature elevate, esaspera lo svantaggio retributivo delle famiglie rurali classificate come povere, che subiscono il 5% in più di perdite (17 dollari pro capite) rispetto alle famiglie più benestanti; i dati relativi alle inondazioni sono simili. Nel frattempo, le temperature estreme inaspriscono il lavoro minorile e aumentano il carico di lavoro non retribuito delle donne nelle famiglie povere».
Altri importanti risultati del rapporto sono:
In un anno, le famiglie povere perdono in media il 4,4% del proprio reddito complessivo a causa delle inondazioni, a differenza delle famiglie più abbienti.
L’aumento delle temperature accresce la dipendenza delle famiglie povere da un’agricoltura sensibile al clima, un fenomeno, questo, che non si osserva nella popolazione senza problemi di povertà. Un incremento di 1° C nelle temperature medie determina un aumento del 53% del reddito agricolo dei nuclei familiari poveri e una diminuzione del 33% dei loro redditi esterni, rispetto alle famiglie non povere.
Le donne che gestiscono appezzamenti di terra sono capaci, tanto quanto gli uomini, di adottare pratiche agricole a prova di clima, ma spesso subiscono maggiori perdite di reddito e opportunità di lavoro esterno, se esposte a eventi meteorologici estremi. Ogni giorno di caldo estremo riduce il valore complessivo della produzione agricola femminile del 3 percento in più, rispetto al valore della produzione degli agricoltori uomini.
In un anno, le famiglie guidate da membri anziani hanno un reddito complessivo inferiore del 3 percento a causa delle inondazioni e del 6% a causa dello stress termico, rispetto alle famiglie con giovani capofamiglia.
In condizioni di stress termico, le giovani famiglie rurali nei Paesi a basso e medio reddito incrementano i propri redditi esterni annui di 47 miliardi di dollari rispetto ad altre famiglie.
Le temperature estreme spingono i bambini ad aumentare il loro tempo di lavoro settimanale di 49 minuti, rispetto ai lavoratori nella prima età adulta, perlopiù nel settore extra-agricolo, il che riflette da vicino l’incremento del carico di lavoro delle donne.
Presentando il rapporto, il direttore generale della Fao, QU Dongyu, ha evidenziato che «Le differenze sociali riconducibili al luogo di residenza, alla capacità economica, al genere e all’età hanno un impatto formidabile, ma poco compreso, sulla vulnerabilità delle popolazioni rurali agli effetti negativi della crisi climatica. Questi dati sottolineano l’urgente bisogno di accantonare un volume sostanzialmente maggiore di risorse finanziarie e altrettanta attenzione politica alle questioni dell’inclusione e della resilienza nelle azioni per il clima, realizzate a livello sia mondiale che nazionale».
Infatti, barriere quali l’accesso alle risorse, ai servizi e alle opportunità di impiego, compromettono la capacità delle popolazioni rurali di adattarsi e far fronte ai cambiamenti climatici. Il rapporto fa l’esempio delle «Norme e politiche discriminatorie che sovraccaricano le donne di responsabilità domestiche e di cura in maniera sproporzionata, ne limitano i diritti alla terra, impediscono loro di prendere decisioni nella propria sfera lavorativa e ne ostacolano l’accesso a informazioni, risorse finanziarie, tecnologie e altri servizi essenziali. Analoga situazione si osserva per le famiglie composte da membri più anziani, che, nei periodi segnati da condizioni climatiche estreme, non riescono a trovare opportunità di lavoro al di fuori dell’azienda agricola, con la stessa facilità dei nuclei familiari guidati da individui più giovani. Il che rende i loro redditi più vulnerabili a questi eventi. Inoltre, le condizioni meteorologiche estreme obbligano le famiglie rurali impoverite a ricorrere a strategie di sopravvivenza inadeguate, tra cui la riduzione dei flussi di reddito, la vendita del bestiame e il trasferimento della spesa dalle aziende agricole ad altre destinazioni. Tuttavia, tali azioni non fanno che acutizzare la vulnerabilità di tali soggetti ai cambiamenti climatici di lungo termine».
Per far fronte a queste criticità, il rapporto suggerisce «Interventi mirati, che consentano alle varie popolazioni rurali di impegnarsi a realizzare misure di adattamento al clima».
Ma le popolazioni rurali e le loro vulnerabilità climatiche sono a malapena menzionate nei piani climatici nazionali. Nei Nationally Determined Contributions (NDC) e nei National Adaptation Plans (NAP) dei 24 Paesi analizzati nel rapporto, soltanto il 6% delle 4.164 azioni per il clima proposte menzionano le donne, mentre il 2% fa esplicito riferimento ai giovani, meno dell’1% cita i poveri e circa il 6% nomina gli agricoltori delle comunità rurali.
Analogamente, sul totale dei finanziamenti per il clima tracciati nel 2017-2018, soltanto il 7,5% è stato destinato alle misure di adattamento ai cambiamenti climatici, meno del 3% è stato accantonato per agricoltura, silvicoltura e altri usi del suolo o altri investimenti legati all’agricoltura, mentre solo l’1,7%, per circa 10 miliardi di dollari, ha raggiunto i piccoli produttori.
Inoltre la Fao denuncia che «Le politiche agricole non hanno colto l’opportunità di favorire la parità di genere e l’emancipazione femminile nel contesto di vulnerabilità sottese, per esempio, ai cambiamenti climatici». il rapporto “The status of women in agrifood systems”, pubblicato dalla Fao nel 2023 ha analizzato le politiche agricole di 68 Paesi a basso e medio reddito, evidenziando che nell’80% circa dei casi non è stato considerato l’intreccio tra condizione femminile e cambiamenti climatici.
Tra i suoi punti salienti, il nuovo rapporto esorta a investire in «Politiche e programmi che tengano conto della multidimensionalità delle vulnerabilità climatiche delle popolazioni rurali e delle loro difficoltà specifiche, compreso, tra queste, l’accesso limitato a risorse produttive». Raccomanda, anche di «Creare sinergie tra programmi di protezione sociale e servizi di consulenza che possano incoraggiare l’adattamento e risarcire gli agricoltori per le perdite subite, per esempio, grazie a programmi di assistenza sociale basati sul contante» e aggiunge che «Anche metodologie trasformative di genere che mettano direttamente in discussione le norme di genere discriminatorie potrebbero stemperare quelle forme ben radicate di discriminazione che spesso impediscono alle donne di far sentire la propria voce nelle decisioni economiche che influenzano la loro vita».
Azioni inclusive per il clima sono contenute nella Strategia della Fao e nel Piano d’azione sui cambiamenti climatici nonché nel Quadro strategico della Fao per il periodo 2022-2031, dove l’individuazione di soluzioni all’impatto dei cambiamenti climatici è parte integrante degli interventi volti a raggiungere i quattro pilastri di miglioramento: una migliore produzione, una migliore nutrizione, un ambiente migliore e una vita migliore per tutti. La Roadmap globale per il conseguimento dell’SDG2 senza superare la soglia di 1,5 °C stabilisce che «Le disuguaglianze di genere, le azioni per il clima e la nutrizione sono tre sfere tra loro inestricabilmente legate e che gli interventi devono tener conto di tali dimensioni e promuovere l’inclusione di donne, giovani e popolazioni indigene».