Il cambiamento climatico fa morire le api operaie di fatica. Le salveremo mettendole in frigo?

Autunni sempre più lunghi e miti aumentano la probabilità di collasso delle colonie di api in primavera

[26 Marzo 2024]

Secondo lo studio “Warmer autumns and winters could reduce honey bee overwintering survival with potential risks for pollination services”, pubblicato su Scientific Reports da un team di ricercatori della Washington State University (WSU), dell’United States Department of Agriculture ARS e di Crystal River Consulting, il riscaldamento climatico potrebbe essere disastroso per le api operaie mellifere, che potrebbero letteralmente morire di lavoro.

Alla WSU ricordano che «Volare accorcia la vita delle api e le api operaie voleranno per trovare fiori ogni volta che il tempo è buono, indipendentemente dalla quantità di miele già presente nell’alveare». Utilizzando modelli climatici e sulle popolazioni di api, i ricercatori hanno scoperto che «Autunni sempre più lunghi con buone condizioni meteorologiche aumentano la probabilità di collasso delle colonie di api in primavera».

Lo studio si è concentrato sul Pacifico nordoccidentale ma ha implicazioni per gli alveari in tutti gli Stati Uniti.

La principale autrice dello studio, Kirti Rajagopalan, ricercatrice climatica della WSU, avverte che «Questo è un caso in cui una piccola quantità di riscaldamento, anche nel prossimo futuro, avrà un grande impatto sulle api mellifere. Non è che questo sia qualcosa che possiamo aspettarci tra 80 anni. E’ un impatto più immediato che deve essere pianificato».

Per realizzare lo studio, i ricercatori hanno realizzato simulazioni con un modello di dinamica della popolazione di api mellifere utilizzando proiezioni climatiche per il 2050 e la fine del secolo, al 2100 e hanno scoperto che «Le colonie di api mellifere che trascorrono l’inverno all’aperto in molte aree del Pacifico nordoccidentale probabilmente sperimenterebbero il collasso della colonia in primavera sia nello scenario a breve che a lungo termine. Questo è avvenuto anche in una simulazione in cui il cambiamento climatico continuava così come sta progredendo ora e in una in cui le emissioni di gas serra sarebbero ridotte nel prossimo futuro».

Le api operaie cercano cibo ogni volta che la temperatura supera i 10° centigradi, quando fa più freddo, si raggruppano nell’alveare, stringendosi con altre api, mangiando le riserve di miele e vibrando per mantenersi al caldo. In primavera le api operaie adulte riprendono a volare. Questo significa anche che iniziano a morire. Se troppe api operaie anziane muoiono prima che le loro sostitute siano pronte per il foraggiamento, l’intera colonia può crollare. Gli scienziati hanno stimato che questo accade quando nell’alveare sono presenti meno di 5.000 – 9.000 api adulte.

Il nuovo studio ha scoperto che «Le colonie che svernano all’aperto in aree più fredde come Omak, nell’estremo nord dello Stato di Washington, potrebbero comunque sopravvivere al cambiamento climatico. Ma per le colonie di api mellifere in molti altri luoghi, come Richland, Washington, vicino al confine con l’Oregon, restare all’aperto in inverno significherebbe che la popolazione dell’alveare primaverile precipiterebbe a meno di 9.000 adulti entro il 2050 e a meno di 5.000 entro la fine del secolo». .

Gli autori fanno notare che le simulazioni hanno esaminato solo fattori stagionali come la temperatura, il vento e la quantità di luce diurna, rendendoli modelli abbastanza prudenziali.

La coautrice dello studio Gloria DeGrandi-Hoffman del Carl Hayden Bee Research Center del Dipartimento dell’agricoltura Usa, sottolinea che «Le nostre simulazioni stanno dimostrando che anche se non c’è stress nutrizionale, né agenti patogeni, né pesticidi, solo le condizioni in autunno e inverno sono sufficienti a compromettere la struttura per età di una colonia. Quindi, quando l’alveare esce dall’inverno, le api muoiono più velocemente di quanto nascano».

I ricercatori hanno anche simulato una potenziale mitigazione, collocando gli alveari in celle frigorifere in modo che le api inizino a raggrupparsi prima e le operaie si salvino. Ad esempio, negli scenari di Richland, entro la fine del secolo, tenere le api in celle frigorifere da ottobre ad aprile aumenterebbe la popolazione dell’alveare primaverile a oltre 15.000 rispetto alle circa 5.000 – 8.000 se fossero tenute all’esterno.

Una pratica relativamente nuova, la conservazione a freddo sta guadagnando popolarità tra gli apicoltori commerciali per aiutare a gestire la salute delle api e per la logistica coinvolta nello spostamento degli alveari in California per impollinare i mandorli a febbraio, un evento che attira più di due milioni di alveari da tutti gli Usa.

Un altro autore dello studio, l’entomologo della WSU Brandon Hopkins, conclude: «Molti apicoltori stanno già praticando questa tecnica di gestione di immagazzinare le api in ambienti chiusi perché ha un grande potenziale immediato di aiuto in vari modi. Questi risultati dimostrano che ci sono ulteriori vantaggi in questa pratica per la sopravvivenza delle colonie in un clima che cambia».