La biodegradazione del petrolio in mare può essere accelerata
Lo studio di università di Torino e Genova, ETH di Zurigo e ’OIST di Okinawa: la dinamica turbolenta produce gocce sempre più piccole, agevolando i batteri
[3 Aprile 2024]
La biodegradazione microbica del petrolio è il principale metodo di rimozione dall’oceano in caso di incidenti con fuoriuscita di petrolio in mare (“oil spills”), come quello causato dalla piattaforma Deepwater Horizon nel 2010. L’efficacia del processo di biodegradazione dipende da molti fattori, uno dei quali è la dimensione delle gocce di petrolio.
Lo studio “Immiscible Rayleigh-Taylor turbulence: Implications for bacterial degradation in oil spills”, pubblicato su Proceedings of the National Academy of Sciences (PNAS) da un team di ricercatori delle università di Torinoe Genova dell’OIST di Okinawa e dell’ETH Zürich e del WSL svizzero ha studiato come la turbolenza di fluidi immiscibili può favorire la formazione di gocce sempre più piccole, accelerando il processo di biodegradazione.
I ricercatori ricordano che «Una stratificazione di densità instabile tra due fluidi si mescola spontaneamente sotto l’effetto della gravità, un fenomeno noto come turbolenza di Rayleigh-Taylor (RT). Se i due fluidi sono immiscibili, ad esempio petrolio e acqua, la tensione superficiale impedisce la miscelazione a livello molecolare. Tuttavia, la turbolenza frammenta un fluido nell’altro, generando un’emulsione in cui la dimensione tipica delle gocce diminuisce nel tempo a causa della competizione tra l’energia cinetica crescente e la densità di energia superficiale. I batteri marini che “mangiano” il petrolio non possono penetrare all’interno delle gocce, in quanto necessitano di ossigeno e quindi colonizzano la superficie della goccia. Pertanto l’efficienza del processo dipende dall’interfaccia petrolio-acqua disponibile».
Gli esperimenti e le simulazioni dello studio hanno mostrato in modo coerente che «La dinamica turbolenta produce gocce sempre più piccole e quindi, aumentando la superficie di interfaccia, favorisce l’efficienza dei processi di biodegradazione delle oil spills da parte dei batteri».
Uno degli autori dello studio, Guido Boffetta del Dipartimento di fisica dell’università di Torino, sottolinea che «Anche se la prima teoria fenomenologica che descrive questo processo di miscelamento è stata derivata molti anni fa, è rimasta sfuggente alla verifica numerica e sperimentale, ostacolando la nostra capacità di prevedere in modo preciso la dinamica in applicazioni come gli sversamenti in acque profonde. Qui forniamo la prima verifica sperimentale e numerica della teoria della turbolenza immiscibile RT, svelando le proprietà dello stato turbolento che si origina all’interfaccia olio-acqua».
I ricercatori sono convinti che «I risultati hanno implicazioni di ampio respiro per la comprensione generale della miscelazione di fluidi immiscibili, che vede applicazioni in molti campi della fisica e dell’ingegneria».