La silverskin è ricca in fibre (35%), proteine (19%) e antiossidanti
Dagli scarti del caffè prodotti da forno più sani e sostenibili, grazie alla ricerca italiana
Enea: «L’azienda di torrefazione campana, analizzata nello studio, può conseguire una riduzione di quasi il 60% dei costi legati allo smaltimento»
[5 Aprile 2024]
Nell’ambito del progetto europeo Biocircularcities è stato condotto uno studio – con i prima fila i ricercatori italiani dell’Enea – sull’uso alimentare del silverskin, il principale scarto organico della torrefazione del caffè, che oggi viene invece gestito come rifiuto e trasformato in compost.
«L’analisi del ciclo di vita – spiega Giuliana Ansanelli, ricercatrice Enea – ha evidenziato che l’utilizzo alimentare della silverskin consentirebbe di evitare circa 250 kg di CO2 equivalente per ogni tonnellata di farina sostituita con lo scarto del chicco del caffè, pari a un quantitativo di CO2 che può essere assorbito da 22 alberi. Invece, la sua valorizzazione come compost determina l’emissione di circa 236 kg di CO2 equivalente e il suo impatto ambientale non è compensato dai vantaggi di utilizzare il compost ottenuto al posto dei fertilizzanti sintetici».
Lo studio affonda le radici in un caso pratico. Nel 2019 il settore agro-industriale della Città metropolitana di Napoli ha generato circa 30mila tonnellate di rifiuti organici, di cui quasi il 3% proveniva da aziende di torrefazione del caffè (in gran parte silverskin).
«Attualmente questo rifiuto organico viene inviato agli impianti di compostaggio, con elevati costi di trattamento. Ma in Campania c’è carenza di infrastrutture per il trattamento della frazione organica e quindi – continua la ricercatrice Amalia Zucaro – sarebbe auspicabile individuare modalità di gestione alternative dello scarto della torrefazione del caffè, in accordo con i principi della bioeconomia circolare e della simbiosi industriale, che permettano di ridurre impatto ambientale, costi di smaltimento a carico delle aziende e della regione e pressione sugli impianti di compostaggio».
In particolare, lo studio mostra che l’impiego della silverskin nei prodotti da forno potrebbe rappresentare una valida soluzione a beneficio non solo dell’ambiente e dell’economia ma anche della salute dei consumatori, visto che «è ricca in fibre (35%), proteine (19%) e antiossidanti».
Ai vantaggi ambientali e sociali si aggiungono quelli economici, chiudendo il cerchio della sostenibilità: «I risultati dell’analisi dei costi del ciclo di vita – conclude la ricercatrice Gabriella Fiorentino – indicano che l’azienda di torrefazione campana, analizzata nello studio, può conseguire una riduzione di quasi il 60% dei costi legati allo smaltimento della silverskin, passando da 448 €/ton a 190 €/ton, se valorizzata come ingrediente funzionale piuttosto che come compost».
Nonostante i risultati incoraggianti sul suo uso come ingrediente funzionale, la silverskin deve prima superare la procedura di approvazione per essere utilizzata nei prodotti alimentari in commercio. Ad oggi, la procedura non è ancora conclusa, nonostante numerosi studi abbiano evidenziato bassi rischi e molti benefici legati al suo consumo.