La Pianura Padana è un hot-spot per i tornado, i ricercatori italiani spiegano perché

Questi eventi catastrofici si formano spesso in corrispondenza di un “punto triplo”, con una dinamica simile a quella osservata nelle Grandi pianure americane

[17 Aprile 2024]

Nel Nord Italia, e in particolare nella zona della Pianura Padana, spesso i tornado si formano alla confluenza di tre masse d’aria con caratteristiche e provenienza diversa, con una dinamica simile a quella osservata nelle Grandi pianure americane.

Si parla di un “punto triplo”, cioè alla confluenza di tre masse d’aria provenienti da direzioni diverse e con caratteristiche differenti, come masse d’aria umida, secca e più fredda.

Sebbene la Pianura Padana sia ritenuta un hot-spot per lo sviluppo di tornado in Europa, per via della complessa orografia della regione, circondata da Alpi e Appennini, sull’onda della crisi climatica in corso si notano eventi inusuali come nel caso della sequenza registrata nel settembre 2021, quando si contarono sette tornado in poche ore tra Lombardia ed Emilia-Romagna.

Per capire meglio queste dinamiche, una ricerca congiunta condotta dal Cnr insieme alle Università di Bologna, Bari e Milano ha pubblicato lo studio A conceptual model for the development of tornadoes in a region with complex orography, appena pubblicato sulla rivista scientifica Monthly weather review.

«Lo studio delle osservazioni al suolo durante l’evento – spiega Vincenzo Levizzani, dirigente di ricerca del Cnr-Isac – ha evidenziato come i tornado si siano sempre sviluppati a non più di 20-30 km di distanza da una dryline, ossia da un fronte di aria secca che discendeva dagli Appennini, e nei pressi di una discontinuità fredda generata da temporali sulla pedemontana alpina. Contemporaneamente, correnti da sud-est molto umide soffiavano dal Mar Adriatico verso la Pianura Padana. Significativamente, altri temporali, che si sono sviluppati durante quella giornata in Pianura Padana ma a distanza maggiore dal punto triplo, non hanno generato tornado».

Nel corso dello studio, i ricercatori hanno realizzato anche simulazioni numeriche ad alta risoluzione con il modello meteorologico Moloch del Cnr-Isac, allo scopo di simulare le supercelle che hanno generato i tornado.

«Il modello è stato in grado di riprodurre correttamente lo sviluppo delle supercelle tornadiche e la complessa interazione dei flussi in superficie emersa dalle osservazioni», aggiunge Silvio Davolio, professore presso l’Università degli Studi di Milano, associato al Cnr-Isac.

Questo studio, grazie alla miglior comprensione delle dinamiche che generano i tornado, potrebbe contribuire a migliorarne le previsioni, anche se rimangono ancora caratterizzate da un certo grado di incertezza. Ancora oggi, infatti, è impossibile conoscere nel dettaglio se, dove e quando si svilupperà un tornado, anche a poche ore da un evento.

«Il modello concettuale proposto – conclude Francesco De Martin, dottorando dell’Università di Bologna e primo autore dell’articolo – è ispirato alla dinamica osservata negli Stati Uniti nella cosiddetta “Tornado Alley”, dove i tornado si formano alla confluenza di masse d’aria umida provenienti dal Golfo del Messico, masse d’aria secca dalle Montagne Rocciose e masse d’aria più fredda dal Canada. Nel caso della Pianura Padana si osserva qualcosa di simile, ma a scala molto più ridotta».