La roadmap annunciata dal ministero dell’Ambiente per l’energia nucleare è già in ritardo
Il ministro Pichetto apre il G7 annunciando l’adesione all’Alleanza europea sui piccoli reattori modulari (Smr), di cui si parla inutilmente dagli anni ’80 del secolo scorso
[29 Aprile 2024]
Si è aperto a Venaria Reale (Torino) il G7 Clima, energia e ambiente, e a dare il via ai lavori – a presidenza italiana – è stato il ministro dell’Ambiente Gilberto Pichetto.
«Abbiamo una grande responsabilità verso i nostri cittadini, verso i Paesi più vulnerabili e verso il Pianeta. Siamo nel pieno di due conflitti che si innestano su crisi globali. La comunità internazionale attende un nostro messaggio», ha dichiarato Pichetto, mettendo al centro del G7 «rinnovabili, efficienza energetica, uscita progressiva dai fossili, biodiversità, ma anche ricerca per il nucleare di nuova generazione, fusione, economia circolare, materie prime critiche, biocarburanti».
Di fatto però l’unica notizia legata all’apertura del G7 è arrivata dal solo fronte del nucleare, dato che il ministero dell’Ambiente ha annunciato l’adesione all’Alleanza industriale europea sui piccoli reattori modulari (Smr), già annunciata a febbraio dalla Commissione Ue con l’obiettivo di rendere praticabile la tecnologia Smr all’inizio degli anni 2030 – ovvero per quando l’Ue avrà già dovuto tagliare del 55% le proprie emissioni climalteranti rispetto al 1990.
«In linea col mandato politico avviato con le mozioni parlamentari di maggio 2023 e proseguito con l’istituzione della Piattaforma nazionale per un nucleare sostenibile – conferma Pichetto – abbiamo deciso di aderire come ministero dell’Ambiente e della sicurezza energetica all’Alleanza industriale europea sugli Smr».
La Piattaforma nazionale, istituita presso il ministero, si è riunita per la prima volta lo scorso 21 settembre, e avrebbe dovuto elaborare entro sette mesi «una roadmap, con orizzonte 2030 e 2050, per seguire e coordinare gli sviluppi delle nuove tecnologie nucleari […] in particolare nel settore degli Smr e dei reattori di IV generazione».
I sette mesi nel mentre sono trascorsi, e 135 mln di euro per il nucleare sono già stati stanziati, ma il ministero non ha più fornito aggiornamenti sulla roadamp.
Del resto gli Smr hanno già accumulato ritardi per decenni. Come ricorda Giovanni Battista Zorzoli, docente di Fisica del reattore nucleare già negli anni Sessanta, poi specializzatosi in fonti energetiche rinnovabili, degli Smr «si è iniziato a parlare negli anni Ottanta del secolo scorso e attualmente sono in esercizio giusto tre prototipi: uno che non produce elettricità, uno in Russia molto discusso perché installato su una piattaforma galleggiante, mentre il terzo è in Cina e se ne sa molto poco».
Come ricorda Lucia Venturi, autrice de La menzogna nucleare (Intermezzi editore), secondo la stessa Agenzia internazionale dell’energia (Iea) «la competitività economica degli Smr “deve ancora essere dimostrata nella pratica” e, oltre ai consueti problemi legati alla sicurezza degli impianti come alla gestione delle scorie, è utile ricordare come lo sviluppo degli Smr abbia un secondo fine militare per l’ammodernamento delle flotte a propulsione nucleare».
Non a caso l’European environmental bureau (Eeb), la più grande rete europea di associazioni ambientaliste, ritiene quella degli Smr una scommessa nucleare su cui non vale la pena di investire. In parallelo, le associazioni ambientaliste Legambiente, Wwf, Greenpeace e Kyoto club ritengono sbagliata e insensata la scelta di rilanciare il nucleare in Italia: «Il nucleare di quarta generazione o nei mini-reattori modulari nucleari (Smr), la cui realizzabilità è tutta da dimostrare, ha costi alti, tempi lunghi e non elimina l’annoso problema delle scorie, uno dei principali ostacoli ancora irrisolti del settore. Investire in questa forma di produzione di energia, come contributo alla lotta alla crisi climatica, sarebbe una scelta assolutamente contraddittoria con l’urgenza negli interventi di riduzione delle emissioni climalteranti».
Ma non si tratta “solo” di un’opinione ambientalista: il Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico (Ipcc) indica chiaramente nelle rinnovabili le tecnologie più efficienti sotto il profilo dei costi per contenere le emissioni di CO2, mentre l’Agenzia internazionale dell’energia (Iea) documenta che le rinnovabili continueranno ad essere più convenienti rispetto al nucleare – guardando sia ai costi di produzione sia a quelli di sistema – al 2030 come anche nel 2050.