Riceviamo e pubblichiamo
Combattere la deforestazione oggi è un business
I crediti di carbonio potrebbero valere 1.000 miliardi di dollari entro il 2037, il doppio dell’attuale valore di mercato per la carne bovina
[8 Maggio 2024]
Gli abitanti di Maracaçumé, una cittadina impoverita e ai margini della foresta amazzonica, nello stato del Maranhão, nel nord-est del Paese, sono disorientati dall’azienda che ha recentemente acquistato il più grande ranch della regione. Come può fare soldi piantando alberi, che i dirigenti dicono di non tagliare mai, su pascoli dove il bestiame ha pascolato per decenni?
La società è Re.Green, che ha sede e opera in Brasile, dove sta riforestando intere aree ormai desertificate a causa dall’allevamento di bestiame, che in alcune zone è la più importante se non l’unica fonte di reddito per gli abitanti.
Re.Green ha deciso che investire in “alberi” sarà molto redditizio nel prossimo futuro e vogliono scommettere sul mercato dei “carbon credits”.
Il cofondatore Ricardo Rodrigues, professore all’Università di San Paolo, racconta al New York Times: «Camminando nella foresta che rimane nella fattoria di Re.green a Maracaçumé (un comune del Brasile nello Stato del Maranhão, ndr), non mi sono fermato davanti all’albero di Samaúma, un gigante amazzonico che può vivere centinaia di anni e crescere più di 200 piedi di altezza, o alla peroba, che è apprezzata nell’industria del legno. Ho invece afferrato un rampicante chiamato “scala delle scimmie”, lungo circa 3 metri e con un diametro di circa 30 centimetri, che pendeva da un ramo».
«Per farla crescere fino a queste dimensioni ci vogliono decenni», ha osservato Rodrigues. Ma la foresta ne ha bisogno, ha aggiunto, perché trattiene molta acqua e produce fiori e frutti durante le stagioni più secche: «Mantiene gli impollinatori quando gli alberi non possono farlo».
L’idea è semplice: un credito per ogni tonnellata di carbonio che gli alberi estraggono dall’atmosfera può essere venduto alle aziende che vogliono compensare il proprio inquinamento.
Gli sconvolgimenti ambientali, uniti al crescente interesse per i crediti di carbonio, hanno creato una sfida all’impero della carne bovina su vasti tratti di foresta pluviale, dicono gli esperti. Secondo un rapporto di BloombergNef del 2023, i mercati del carbonio potrebbero essere valutati 1.000 miliardi di dollari entro il 2037, il doppio del valore attuale del mercato globale della carne bovina.
«La scalabilità di tutti gli altri settori di rimozione del carbonio è troppo lenta», ha dichiarato Brian Marrs, direttore senior di Microsoft per l’energia e il carbonio: «Non credo che esista una soluzione per la rimozione del carbonio senza includere la silvicoltura globale». Anche Microsoft sta investendo in riforestazione in Brasile.
Circa un anno fa, una società che si occupa di riforestazione, Mombak, ha avviato un progetto di 7.500 acri in uno dei ranch più grandi della regione. Gli abitanti della zona sperano che la nuova industria possa offrire alla comunità un’ancora di salvezza.
Microsoft ha acquistato un importante progetto da Mombak e Re.green annuncia di aspettare presto altri investitori. Le due società hanno già raccolto circa 200 milioni di dollari da investitori – tra cui grandi fondi pensione, la Banca brasiliana di sviluppo e gestori patrimoniali globali – per riforestare centinaia di migliaia di ettari entro la fine del decennio.
Peter Fernandez, ceo di Mombak ha dichiarato che «il prezzo di mercato dei crediti di rimozione del carbonio ad alta integrità è ora sufficiente per rendere la riforestazione su larga scala di specie native e biodiverse una strategia climatica scalabile; l’Amazzonia, che è deforestata al 20%, ha bisogno dei nostri investimenti perché ospita oltre il 10% della biodiversità mondiale, il 20% dell’acqua dolce del pianeta e i mezzi di sostentamento delle comunità locali».
Quando la foresta diventa una risposta a una serie di bisogni della gente, questo diventa un potente motivo per le comunità per proteggerla, ha detto Luiza Maia de Castro, un’economista che gestisce le relazioni con le comunità per Re.green. In questo momento, la distruzione degli alberi è un mezzo di sostentamento perfettamente accettabile nella maggior parte dell’Amazzonia: «Per spezzare questo ciclo bisogna cambiare il modo in cui la gente si guadagna da vivere».
La scommessa è alta, visto che quasi un quinto della grande foresta pluviale è già scomparso. Gli scienziati hanno previsto che l’aumento delle temperature globali potrebbe portare l’intero ecosistema, un tesoro di biodiversità e un regolatore cruciale del clima mondiale, al collasso nei prossimi decenni, a meno che non si arresti la deforestazione e si ripristini un’area grande quanto la Francia.
Re.green prevede di ripristinare gli alberi di origine autoctona nelle aree deforestate e di vendere crediti corrispondenti al carbonio che essi trattengono. Gli alberi saranno protetti, non abbattuti.
Successivamente le aziende potranno usare questi crediti per compensare i propri gas serra nella contabilizzazione delle emissioni.
La sfida si basa sul successo di un sistema che viene costruito da zero e che presenta alcune grandi difficoltà: misurare il carbonio contenuto negli alberi e nel suolo è complesso. Un aspetto negativo potrebbe nascere dal fatto che i crediti di carbonio possano essere facilmente abusati dalle aziende che vogliono apparire attente all’ambiente pur continuando a utilizzare i combustibili fossili.
I progetti di riforestazione hanno creato una forte attenzione nel nord dell’Amazzonia, dove le aziende si stanno affrettando ad acquistare grandi appezzamenti di terreno con potenziale di ripristino.
«Si sa che le persone che si occupano di bestiame non si preoccupano molto di riforestazione – ha detto Anderson Pina Farias, un allevatore la cui fattoria è quasi completamente deforestata – Se vendere carbonio è meglio che allevare, possiamo cambiare attività».
Le comunità che vivono e allevano bestiame nelle aree adiacenti il progetto Re.Green stanno iniziando a vedere un’altra prospettiva per il loro futuro e iniziano a pensare che tutelare e far crescere le foreste possa essere anche, almeno in parte, una buona scelta per loro.
di Silvia Beccari