Operazione “500”: stroncato dal Corpo Forestale dello Stato ed ARPAT traffico illecito di rifiuti fra Toscana e Piemonte
[17 Febbraio 2014]
All’alba di oggi, 17 febbraio 2014, è scattata l’operazione “500”, il titolo dell’operazione deriva proprio dal nome del rifiuto trafficato definito “polverino 500 mesh”. Questo particolare residuo di lavorazione invece che essere correttamente smaltito veniva venduto come un sottoprodotto accompagnato da una scheda tecnica contenente informazioni non rispondenti alla vera natura e composizione del rifiuto.
Nell’attività sono stati impiegati circa ottanta operatori fra ARPAT e Corpo Forestale, i quali hanno posto sotto sequestro cinque siti di stoccaggio a Massa Carrara, Firenze (Mugello), Prato e Biella. All’attività ha collaborato personale dell’Agenzia delle Entrate. Sequestrati inoltre 5000 tonnellate di rifiuti. Sono stati deferiti all’Autorità Giudiziaria undici soggetti titolari di aziende e professionisti nel campo della consulenza ambientale. Nel corso dell’operazione sono state eseguite venti perquisizioni in varie località.
L’indagine del Corpo Forestale di Firenze e dell’ARPAT è partita dal ritrovamento di circa 1300 tonnellate di rifiuto contenute in grossi big bags stoccati all’interno di una cava dismessa nell’area del Mugello. Dopo una prima segnalazione alla Procura della Repubblica di Firenze le indagini sono proseguite, sotto il coordinamento della stessa Procura, anche in altre province esaminando voluminose quantità di documentazione acquisita presso il sito di produzione del rifiuto.
Dopo mesi di complesse indagini è stato posto sotto sequestro un impianto di trattamento rifiuti in provincia di Massa Carrara. L’impianto recuperava sabbie provenienti da attività di taglio metalli, vetro e pietre nonché sabbiatura di metalli verniciati. Il rifiuto era costituito da sabbie finissime, con concentrazioni molto elevate di alcuni metalli pesanti (piombo, rame, nichel, cromo etc), risultato dello scarto del trattamento degli altri rifiuti.
Nell’ attività illecita erano coinvolti oltre ad aziende operanti nel settore dei rifiuti, anche imprese edili e di trasporto nonché professionisti che si sono prestati a favorire, con informazioni false, quello che è emerso nel corso delle indagini come un vero e proprio traffico organizzato di rifiuti.
Questo complesso meccanismo consentiva all’azienda produttrice sia di risparmiare, evitando i costi elevati di smaltimento, che di guadagnare vendendo il rifiuto a varie ditte sia in Toscana sia in Piemonte.
E’ stato stimato un guadagno illecito per circa un milione e duecentomila euro che sarà meglio quantificato con l’analisi della documentazione sequestrata.
L’importanza del risultato è costituita dal fatto che si è impedito di propagare nell’ambiente rifiuti contenenti metalli pesanti che avrebbero potuto costituire un forte rischio per la salute umana. Infatti tale rifiuto si presenta come una sabbia finissima variamente colorata quasi piacevole alla vista ed al tatto.