A Kharkov scontri tra milizie filo-russe e i neonazisti
In Ucraina la prima delle nuove guerre energetiche, per fracking e shale gas
Bandiere russe sugli edifici pubblici dell’Ucraina orientale e meridionale
[3 Marzo 2014]
Oltre alla questione strategica della Crimea, in molti si chiedono cosa ci sia dietro il precipitare della crisi in Ucraina e dietro quella che sembra una mal calcolata strategia statunitense ed europea che pensavano che uno come Vladimir Putin non reagisse a quello che ritiene un colpo di mano in un suo territorio di influenza, e ai danni della popolazione russa/russofona dell’Ucraina orientale e meridionale. La possibile spiegazione dell’intreccio economico che sta dietro la guerra civile di Kiev e la crisi ucraina viene da una fonte insospettabile come il think thank Conservative Home, che si definisce «la casa del conservatorismo».
Sul sito dell’organizzazione, schierata sulle posizioni da Guerra Fredda e anti-russe della destra statunitense, Harry Phibbs dice che il fattore scatenante potrebbe essere lo shale gas, o meglio le grandi risorse di gas ucraine estraibili con la tecnica del fracking. Phibbs ricorda che «lo scorso novembre ci fu un accordo production-sharing da 10 miliardi dollari per il gas shale, firmato dall’Ucraina con la Chevron, che faceva seguito ad un precedente, simile accordo con la Royal Dutch Shell».
Il presidente ucraino Viktor Ianukovich, quello destituito dalla destra nazionalista filo-occidentale ucraina ma ancora in carica per la Russia, disse allora: «Gli accordi con Shell e Chevron […] ci consentiranno di avere la piena sufficienza in gas entro il 2020 e, in uno scenario ottimistico, addirittura ci permetteranno di esportare energia». Insomma, Ianukovich, considerato il “burattino di Putin” dall’estrema destra ucraina, che ha fatto le barricate sventolando croci celtiche e vessilli neonazisti insieme alle bandiere dell’Ue, sognava l’indipendenza energetica da Mosca, cosa della quale Putin non era certamente entusiasta.
Ma siccome il gas – o meglio gli affari sporchi, il traffico e le ruberie che ci sono intorno al gas russo – è ciò che ha arricchito l’oligarchia cleptomane ucraina, dal “cattivo” Ianukovich ai monopolisti “liberali” protagonisti della rivoluzione arancione, fino alla “santa” Yulia Volodymyrivna Tymoshenko che faceva affari con Putin, è anche la vera ragione che ha portato al crack economico l’Ucraina. Ma come dice giustamente l’iperconservatore Phibbs: «Questa non è una questione che interessa solo l’Ucraina».
Per spiegare cosa sta succedendo, Conservative Home ricorre ad uno dei campioni dell’iperliberismo mondiale, Lord Nigel Lawson, che tra il 1981 e il 1989 è stato prima ministro per l’Energia e poi Cancelliere dello Scacchiere di Margareth Thatcher e che attualmente presiede la Global Warming Policy Foundation, un influente think thank dichiaratamente eco-scettico.
Già nell’agosto 2012, in un lungo articolo (Nigel Lawson. New energy revolution is sharing up old world order) Lord Lawson gettava dalla destra iperliberista occidentale una livida luce su quella che sarà la ricaduta geopolitica dell’effimera rivoluzione dello shale gas, e sul perché uno dei campi di battaglia sia proprio l’Ucraina: «Finora l’Occidente per le sue forniture di petrolio e gas è stato fortemente dipendente da un instabile Medio Oriente e da una Russia inaffidabile, ma il fracking ha già scosso il vecchio ordine mondiale. Nel 2017 gli Usa supereranno l’Arabia Saudita come più grande produttore di petrolio del mondo».
«Per decenni, l’Occidente in generale e gli Stati Uniti in particolare – continua Lawson – ha dovuto modellare e talvolta forse deformare la sua politica estera alla luce della sua dipendenza dal petrolio e del gas del Medio Oriente. Ora non più,quel periodo è finito». Peccato che sulla base di questo dogma ideologico (che si è rivelato clamorosamente sbagliato) il neoconservatorismo abbia trascinato gli Usa e l’occidente nelle due guerre più disastrose degli ultimi anni, l’Iraq e l’Afghanistan, ed in una serie di conflitti minori per il controllo dei flussi energetici per i quali ora Lawson e la destra economica e politica dichiarano l’avvenuta ininfluenza, salvo poi intervenire in Libia, infilarsi nel pantano siriano e tenere alta la tensione con l’Iran per controllare comunque il “vecchio” modello di forniture petrolifere/gasiere.
Quello che sta succedendo in Ucraina ha però davvero attinenza con quanto osserva Lord Lawson: «Per decenni, l’Europa ha anche avuto paura della minaccia che la Russia potesse tagliare i rifornimenti di gas sui quali ha fatto così pesantemente affidamento. Ora non più, quel periodo sarà molto presto finito. Grazie alla rivoluzione dello shale gas, la nuova indipendenza energetica trovata dall’’Occidente è un benefico game-changer in termini di politica mondiale tanto quanto lo è nel campo dell’economia energetica». Questo basta a spiegare il rumoroso silenzio sulla guerra civile Ucraina del fedele amico di Putin, Silvio Berlusconi, e di buona parte del gotha energetico italiano che con Putin e con la sua oligarchia autoritaria dello Stato-mercato energetico russo fa affari d’oro. Questo spiega anche l’estrema prudenza del nuovissimo governo Renzi.
Lawson avvertiva però già più di un anno fa che, nonostante il boom dello shale gas, l’Occidente non avrebbe dovuto abbassare la guardia dal punto di vista politico e militare: «C’è bisogno di più politica internazionale del petrolio e del gas. Anche gli altri benefici dello shale gas, l’energia più economica e a più basse emissioni di anidride carbonica (ma non era ecoscettico?, ndr), sono importanti . Tuttavia, in materia di fracking, ci sono anche i vantaggi politici a lungo termine. Sarà più facile per i Paesi affermare la loro indipendenza nazionale senza essere vittima del bullismo dittatoriale».
Sarà anche così, ma in Ucraina l’esperimento del rovesciamento con una rivolta di piazza di un governo inguardabile ma legittimamente eletto come quello di Ianukovich ha finito per riportare la Crimea nelle braccia della Madre Russia. Bandiere russe sono state innalzate su tutti gli edifici pubblici di Kharkov, Donetsk, Dniepropetrovsk, Odessa e di altre città dell’Ucraina, e i blindati senza insegne di Mosca presidiano l’est più “ricco” del Paese.
A Kharkov, la seconda città dell’Ucraina, ci sono stati durissimi scontri tra le milizie filo-russe e i neonazisti, e in tutta l’Ucraina meridionale e orientale i manifestanti filo-europei che nei giorni scorsi avevano occupato le piazze sono in precipitosa ritirata, mentre il bacino carbonifero e gasiero del Donbass si è dato lo statuto di “autonomia pacifica”, e ha detto di riconoscere come legittimo presidente solo Viktor Ianukovich.
Anche la nuova guerra energetica dell’era del fracking non sembra cominciata bene.