Fanghi di depurazione nei Sic? Serve la valutazione di incidenza
[20 Giugno 2013]
Per lo spandimento di fanghi di depurazione nei Siti di interesse comunitario (Sic) o nelle Zone di protezione speciale ( Zps) deve essere effettuata la preventiva valutazione di incidenza. Lo ricorda il Tribunale amministrativo regionale della Puglia (Tar) – con sentenza 7 giugno 2013, n. 1360 – in riferimento alla questione della Provincia di Taranto e della società aggiudicataria dell’appalto per il servizio di raccolta, prelievo e trasporto di rifiuti provenienti dagli impianti di depurazione, compresa l’attività di riutilizzo agronomico sui terreni dei fanghi, negli ambiti territoriali Bari-Trani e Brindisi-Taranto (due Sic). E in particolare sul fatto che la Provincia ha diffidato la società dalla prosecuzione delle attività di utilizzazione in agricoltura dei fanghi sui Sic. Un’attività fatta in assenza della preventiva valutazione di incidenza.
E’ la direttiva Habitat, (recepita nell’ordinamento italiano con apposito decreto il numero 357 del 1997) che introduce la valutazione di incidenza ambientale. Ed è la stessa che istituisce una rete ecologica di aree protette di rilievo comunitario (Natura 2000) e di preminente valore per la salvaguardia della biodiversità europea. Una rete che si è formata e che si forma con l’aiuto degli gli Stati membri, i quali devono individuare una serie di siti, definiti d’importanza comunitaria – strategici per il conseguimento degli obiettivi della Direttiva – e di zone di protezione speciale per la salvaguardia dell’avifauna.
La direttiva habitat ha come scopo quello di contribuire a salvaguardare la biodiversità mediante la conservazione degli habitat naturali, della flora e della fauna selvatiche nel territorio degli Stati membri. Dunque, per non arrecare pregiudizio all’integrità di un sito in quanto habitat naturale, gli Stati membri devono conservarli in uno stato soddisfacente. Ciò implica il mantenimento sostenibile delle caratteristiche costitutive del sito
A tal fine, il legislatore nazionale – coerentemente con le finalità della direttiva Habitat – ha previsto anzitutto misure di conservazione degli habitat naturali, da attuarsi mediante l’istituzione, da parte degli enti territoriali, di zone speciali di conservazione di Sic ed in aggiunta ai proposti Sic.
Inoltre, ha previsto, da un canto la necessità che nella pianificazione e programmazione territoriale si tenga conto della valenza naturalistico-ambientale dei proposti siti di importanza comunitaria, dei siti di importanza comunitaria e delle zone speciali di conservazione. Dall’altro, ha stabilito che i proponenti di interventi non direttamente connessi e necessari al mantenimento in uno stato di conservazione soddisfacente delle specie e degli habitat presenti nel sito, ma che possono avere incidenze significative sul sito stesso, presentino, ai fini della valutazione di incidenza, uno studio volto ad individuare e valutare, secondo indirizzi all’uopo stabiliti i principali effetti che detti interventi possono avere sul proposto sito di importanza comunitaria, sul sito di importanza comunitaria o sulla zona speciale di conservazione, tenuto conto degli obiettivi di conservazione dei medesimi.
L’autorizzazione all’intervento, può quindi essere concessa solo a condizione che le autorità competenti abbiano acquisito la certezza che esso è privo di effetti pregiudizievoli stabili per l’integrità del sito. Ciò avviene quando non sussiste alcun dubbio ragionevole da un punto di vista scientifico quanto all’assenza di tali effetti.
Dunque, la possibilità di incidenze significative determina la necessità di un’opportuna valutazione sul sito e, se in seguito a opportuna valutazione dell’incidenza di un piano o di un progetto su un sito l’autorità nazionale competente conclude che il piano o il progetto comporterà la perdita duratura e irreversibile, totale o parziale, di un tipo di habitat naturale prioritario, tale piano o progetto deve essere ritenuto pregiudicante l’integrità del sito e non potrà essere autorizzato.