Casarini e Tsipras, la nuova sinistra italiana è un progetto o sono frammenti?
[6 Marzo 2014]
Diciamolo chiaramente, anche chi come noi guarda con simpatia alla costituzione della lista “L’altra Europa per Tsipras”, non può certo nascondere la delusione per i primi passi di questa esperienza che poteva/doveva essere l’embrione per ricostruire dalle macerie un partito del lavoro e dell’ambiente italiano. Non è secondario – come invece sembrano pensare i promotori rimasti – che una lista con l’aspirazione di rappresentare il futuro, invece che trarre lezione dagli errori del passato, venga rappresentata in televisione da Luca Casarini, un personaggio che solo a vederlo (ed ancor più a sentirlo parlare) riporta indietro al ricordo di una sinistra orgogliosamente minoritaria e che aveva fatto dell’antagonismo l’unica cifra di visibilità.
Casarini si è adontato delle critiche e dei distinguo di diversi promotori della lista Tsipras, a partire da Camilleri, dicendo che lui rappresenta solo uno in un’esperienza collettiva, ma proprio perché (speriamo) di esperienza collettiva si tratta, allora si dovrebbe ben ponderare quanto l’esposizione di un singolo e la sua storia volutamente “altra” rischi di condizionare l’intera esperienza.
E se del tentativo di un’esperienza collettiva con un futuro politico si tratta, allora bisognerebbe evitare l’ingenuità di chi si candida e poi dice di non essere interessato a fare l’europarlamentare, altrimenti per essere alternativi alla destra si rischia di fare come Silvio Berlusconi, auto-utilizzatosi come specchietto delle allodole per catturare elettori come capolista per il Parlamento europeo, istituzione nella quale non è poi mai andato se non per insultare l’attuale candidato del Partito socialista europeo, Martin Schulz. Oppure di fare come i candidati civetta del tanto vituperato Pd, poi rimasti nel più confortevole e visibile Parlamento italiano.
Scorrendo le liste dei candidati di “L’altra Europa per Tsipras” l’impressione è di trovarsi davanti a tante ottime persone di sinistra ma anche di fronte ad un patchwork della sinistra com’è, cioè in frantumi e sbriciolata in macerie, e non di fronte ad un progetto per superare il disastro, di ricostruzione, il primo mattone di un nuovo edificio, il primo bullone di una nuova macchina, che poi ci sembrava fosse l’intenzione dei promotori e sul filone di quanto è riuscito miracolosamente a fare Alexis Tsipras con la sua Syriza, mettendo insieme una sinistra altrettanto frantumata e sconsolata con un collante che però è apparso subito forte ed unitario, anche ideologicamente e programmaticamente, tanto da diventare il punto di riferimento per l’altra Europa e non per l’antieuropeismo, come hanno subito cominciato a dire i detrattori sventolando il comodo spauracchio di Casarini, incredibilmente mandato in Tv dalla Lista italiana.
Probabilmente non poteva essere diversamente, visto il criterio di selezione dei candidati che ricorda più il grillismo che un partito di sinistra. Ma anche le tematiche ambientali sembrano relegate alla giustapposizione di grandi vertenze territoriali, come il no-Tav e il no-Muos (che i nostri lettori sanno quanto condividiamo e ci stiano a cuore), con il rischio di delegare l’ambientalismo – diventato parte costituente ed imprescindibile di una Sinistra che voglia davvero cambiare la società e il mondo – al comitatismo, a battaglie importantissime ma che hanno obiettivi (anche territorialmente e temporalmente) definiti, comunque destinati ad esaurirsi. Manca loro il respiro generale, la nuova società ecologica, del lavoro e del sapere che la Sinistra dell’alternativa dovrebbe costruire.
Ma il rischio più grosso per una lista nata per allontanarsi dagli egoismi e dalla frantumazione della sinistra è proprio quello di rappresentare ancora una volta quei frantumi (cosa che Tsipras e Siryza hanno evitato come la peste in Grecia) utilizzando come collante qualche intellettuale di alto profilo disgustato dalla deriva centrista del Pd e il solito pacchetto di diritti civili che piace tanto a Nichi Vendola (ed anche a chi scrive) ma che ha finito per diventare la cifra di Sel, un partito che prima di tutto avrebbe dovuto occuparsi di sinistra (lavoro) ed ecologia (ambiente e diverso progresso).
Scorrendo i candidati della lista “L’altra Europa per Tsipras” è forte l’impressione che il lavoro e l’ambiente siano due temi sullo sfondo di una lotta all’austerità europea che, oltre la denuncia, non si capisce bene in quali alternative concerete si sostanzi qui da noi, nell’Italia di Renzi e del ministro dell’Ambiente Galletti.
Ma guardando da osservatori esterni ed interessati al turbolento inizio di questa nuovo (e forse estremo) tentativo di rianimare una sinistra vera in Italia, non possiamo tacere l’impressione che “L’altra Europa per Tsipras” rischi di perdere l’occasione di parlare all’elettorato di sinistra senza più rappresentanza, che si è rifugiato nel non voto, schifato dall’egoismo masochista di capi e capetti prigionieri di ortodossie cangianti; oppure nel voto al Pd, per mancanza di alternative o per fermare sul confine meno avanzato la destra berlusconiana che ha infettato questo Paese in tutte le sue membra, compreso il braccio sinistro.
Se “L’altra Europa per Tsipras” continuerà a parlare in maniera frammentata e di frammenti non potrà ricostruire il puzzle della società scompaginato dal neoliberismo, far capire – narrare, direbbe Vendola – la crisi che è economica, ambientale, sociale e culturale. Un quadro disastrato che può essere diversamente ridipinto, messo insieme, costruito su nuove fondamenta solo da un protagonista collettivo che parta dal lavoro e da un nuovo modello di consumi, produzione, utilizzo delle risorse, da una Sinistra nella quale l’operaio metalmeccanico di Piombino possa riconoscersi insieme alla guida ambientale, all’insegnante e al pensionato, al precario in cerca di futuro e al ricercatore che aspetta mille euro per poter continuare a lavorare.
Una sinistra che coniughi davvero economia ed ecologia e che proponga un nuovo modello sociale. Altrimenti la sinistra, se andrà bene, resterà un semplice pezzo del puzzle, incomprensibile e invisibile a chi vorrebbe un mondo più giusto, anche in Italia.