Il 12 aprile l’abbattimento. Ma solo il 5% delle ordinanze di demolizione viene eseguito

Ostuni dice addio a suo ecomostro

In Puglia l’abusivismo sul demanio marittimo è il 15% del totale nazionale

[11 Aprile 2014]

Con l’abbattimento di  un ecomostro realizzato e mai completato, che da circa 30 anni sorge a picco sulla scogliera di Villanova a Ostuni, nel Brindisino, si chiude  la seconda edizione della  “Settimana della Bellezza”, l’iniziativa di Legambiente che ha raccontato le qualità ambientali, culturali e sociali del nostro Paese.

L’ecomostro di Ostuni risale agli anni ’80 e fu costruito senza nessun titolo edilizio in una zona sottoposta a vincolo paesaggistico. Secondo le intenzioni dei proprietari l’abuso sarebbe dovuto diventare un albergo,  ma dopo 15 anni di contenzioso è stato ritenuto del tutto abusivo. Al termine del secondo grado del giudizio amministrativo davanti al Consiglio di Stato, infatti, sono stati confermati i provvedimenti del Comune con i quali è stata disposta l’acquisizione del bene al patrimonio per il successivo abbattimento.. Il 30 gennaio la giunta comunale della Città Bianca ha approvato un progetto già esecutivo che prevede la distruzione dell’enorme edificio.

Secondo Francesco Tarantini, presidente di Legambiente Puglia, «L’abbattimento degli immobili fuorilegge, quindi il ripristino della legalità, è il miglior deterrente al nuovo abusivismo. La demolizione dell’ecomostro di Villanova è l’ulteriore conferma delle buone politiche di tutela e valorizzazione del territorio promosse in questi anni dal Comune di Ostuni, più volte premiato da Legambiente».

Alla vigilia dell’abbattimento dell’ecomostro, Legambiente ha presentato a Bari il dossier: “L’abusivismo edilizio in Puglia: fotografia di uno scempio” e Tarantini ha sottolineato che «I dati del dossier sull’abusivismo edilizio confermano la Puglia quale terra di conquista per il cemento illegale. Nella nostra regione il Gargano e il Salento restano i territori più colpiti dalla piaga del cemento illegale e sono pochissime le ordinanze di demolizione che vengono eseguite, solo il 5%. Invitiamo i sindaci a seguire l’esempio di Ostuni affinché si proceda all’abbattimento di tutti quegli immobili fuorilegge, talvolta desolanti scheletri in cemento, che da decenni sfregiano il paesaggio pugliese».

I Dossier evidenzia che «In Puglia l’abusivismo accertato dalle Forze dell’ordine e dalle Capitanerie di porto sul solo demanio marittimo sfiora il 15% del totale nazionale. Gli scorci più belli del paesaggio pugliese sono quelli che pagano il prezzo più alto all’appetito di affaristi, che cementificano intere fette di territorio in totale spregio delle leggi, della salvaguardia della natura, del bene pubblico». Un fenomeno esteso in tutta la regione ma particolarmente acuto sulle coste del Gargano e del Salento, aree a forte richiamo turistico ed a  massiccia speculazione edilizia. I Dossier presenta un caso emblematico: ««Il villaggio abusivo di Torre Mileto (Fg) dove, a partire dagli anni ’70, è sorta una cittadella fatta da migliaia di villini appoggiati sulla striscia di sabbia che divide il mare dal lago di Lesina. Case senza fondamenta, senza rete fognaria e senza allacci per le quali Legambiente chiede l’abbattimento ormai da anni senza che, però, ad oggi vi siano risposte concrete».  Altra vicenda eclatante è quella di Palagiano (Taranto) dove in un’area a vincolo paesaggistico c’è un complesso turistico dichiarato abusivo con sentenza definitiva già nel lontano 1989.  Si tratta dell’ecomostro di “Pino di Lenne”, la località alla foce del fiume Lenne, dove il locale circolo di Legambiente psta conducendo una interminabile battaglia, anche legale e spiega che «Nonostante l’ordine di demolizione contenuto nella sentenza della Corte di Cassazione e il rigetto di ogni tentativo di salvare le opere ricorrendo alla giustizia amministrativa (l’ultima sentenza è quella del Consiglio di Stato del 2013 e rigetta il ricorso contro l’acquisizione al patrimonio pubblico del manufatto), il Comune – legittimo proprietario dell’abuso – non è mai intervenuto e nemmeno si è mai costituito in giudizio».

Un’altra cementificazione abusiva di forte impatto è quella che dilaga in Salento dove, come evidenzia il rapporto, «Con l’apertura della stagione estiva, ogni anno arrivano puntuali i sigilli a nuove e vecchie strutture abusive in spiaggia. Il lavoro condotto dalle Forze dell’Ordine e dalle Capitanerie di Porto si è particolarmente concentrato sul fenomeno delle strutture a carattere stagionale realizzate su aree demaniali per esigenze turistiche e di balneazione, realizzate senza permessi o con autorizzazioni scadute».

I numeri del rapporto Ecomafia 2013 sui reati legati all’edilizia sono impietosi: «La Puglia svetta al secondo posto, peggio fa solo la Campania, nella classifica del cemento illegale: tra abusivismo, appalti, cave e altre fattispecie criminali, nel 2012 le Forze dell’ordine hanno accertato 640 reati (il 10% del totale nazionale), denunciato 1.147 persone, sequestrato 384 beni. Bari è la città capoluogo con il maggior numero di reati (213), di persone denunciate (455) e di sequestri effettuati (147). Segue Foggia, con 160 infrazioni, quindi Lecce con 140».

La Puglia è invece quarta per quanto riguarda l’abusivismo edilizio nelle aree demaniali, con 420 infrazioni accertate, 906 persone denunciate e arrestate e 276 sequestri effettuati. Però a questi  numerosi illeciti, non corrisponde una percentuale altrettanto alta di ordinanze di demolizione eseguite, anche quando previste da sentenze della magistratura diventate definitive. Il dossier del Cigno Verde evidenzia che «Il dato sul rapporto tra ordinanze ed esecuzioni è sconfortante, in Puglia è fermo al 5,25% (censimento dati dei Comuni capoluogo di provincia). Su scala comunale, la media a Lecce (8,3%) e Foggia (7,9%) è più vicina al dato nazionale, pari al 10,6%, mentre fanalino di coda è Brindisi con lo 0,9%. Nel 2013 gli interventi di demolizione sono stati solo 2 e hanno riguardato l’abbattimento di una villetta abusiva a Porto Cesareo in località Torre Lapillo (Le) e un immobile a Torre Suda a Racale (Le)».

La Regione Puglia però nel 2012 ha approvato la legge n. 15 “Norme in materia di funzioni regionali di prevenzione e repressione dell’abusivismo edilizio” che è in piena fase attuativa. Il monitoraggio degli abusi è entrato a regime e il finanziamento regionale delle demolizioni delle opere abusive è alla seconda edizione. L’ultima delibera finanzia il 100% delle domande pervenute con 80.000 euro al Comune di Ostuni per la demolizione dell’ecomostro di Villanova e di 73.207,48 euro alla Procura della Repubblica di Lecce per quattro immobili a Porto Cesareo. Quest’ultimo intervento fa parte di una collaborazione con l’autorità giudiziaria avviata sin dalla fase di approvazione della legge e che, inaugurata dalla stipula di un protocollo di intesa con la Procura di Lecce, si sta estendendo anche alla Procura della Repubblica di Foggia e alla Procura distrettuale di Brindisi, Lecce e Taranto. La Regione (il presidente Nichi Vendola era presente alla presentazione del dossier di Legambiente) ha anche convocato recentemente il Comune di Lesina per definire il procedimento previsto dal PUTT Paesaggio per il Piano di Intervento di Recupero Territoriale di Torre Mileto e un contenzioso in atto sulla natura di usi civici dei terreni interessati dal Piano.

Laura Biffi, dell’Osservatorio nazionale ambientale e legalità di Legambiente, ha concluso: «L’abusivismo edilizio rappresenta un’autentica piaga nazionale, prospera indisturbato da decenni e non conosce crisi, nutrendosi di alibi e giustificazioni. Ogni ipotesi di sanatoria alimenta nuovo cemento, come è successo con i tre condoni edilizi, quelli del 1985, del 1994 e del 2003. Se, per certi versi, la condanna sociale dell’abusivismo edilizio ha raggiunto una certa maturità, il ripristino della legalità attraverso la rimozione del corpo del reato – l’immobile illegale – è un principio che non ha ancora sfondato culturalmente, tanto che quando si muovono le ruspe, il fronte in difesa dei proprietari degli immobili è sempre ampio, compatto e, spesso, politicamente trasversale. Eppure, combattere questa piaga significa, oltre che ristabilire la legge, anche ripristinare il paesaggio violato, patrimonio unico e inimitabile, che con le nostre città, i paesaggi e le spiagge liberati dal cemento selvaggio, devono diventare sinonimo di un turismo di qualità, basato sulla salvaguardia e sulla valorizzazione dell’ambiente, sulla “grande bellezza” dell’Italia. Legambiente è convinta che proprio  la bellezza, la principale caratteristica che il mondo intero ci riconosce, sia la chiave, culturale, sociale ed economica, per immaginare un’altra Italia oltre la crisi».