Costa Concordia secondo Greenpeace: il balletto del traino e i rischi ambientali
[22 Aprile 2014]
Il balletto sulla sorte della Costa Concordia comincia a scaldarsi. Superato, con competenza e per fortuna, il primo ostacolo del raddrizzamento, ne restano non pochi da qui alla fine – che tutti speriamo lieta – di questa storia.
La prima fase critica che ci aspetta è quella del sollevamento del relitto: bisogna evitare ingenti rilasci in mare di fluidi contaminati presenti all’interno.
Poi, bisognerà portarla via. Si parla sempre più insistentemente di un’operazione prima dell’estate, il che mette fuori gioco l’ipotesi “Vanguard”: una nave da trasporto semisommergibile che potrebbe caricare a bordo la Concordia. Ė una buona notizia, perché un’operazione del genere comporterebbe verosimilmente la quasi totale fuoriuscita di fluidi interni, al Giglio. Roba da brividi.
Resta quindi, almeno per ora, l’opzione dei traino e questa è la parte più animata del balletto.
Di questo tratta il nostro briefing che invita a valutare bene i rischi ambientali che possono esserci in una fase così delicata.
Alessandro Giannì – direttore delle Campagne di Greenpeace Italia
Briefing – Rottamare la Concordia rispettando il mare
Sono sempre più insistenti le notizie che danno per imminente una decisione sul destino della Costa Concordia, con lo spostamento del relitto prima dell’estate. Ė auspicabile che sia esclusa, come sembra, l’opzione di una rottamazione a basso costo in Paesi extraeuropei (1), così come una pericolosa operazione di “sollevamento” al Giglio (con rischio di sversamento in loco delle acque interne – vedi sotto) per un imbarco su una nave da trasporto come il “Vanguard”. Lo scenario più verosimile sembra oggi prevedere il traino mediante rimorchiatori verso un porto italiano. In linea di principio non può escludersi un successivo spostamento con la “Vanguard” (che dai media apprendiamo essere opzionata da Costa da settembre) che avrebbe però costi non irrilevanti.
A quel punto poi, perché perdere occasione di lavoro (e di riciclo materiali) in Italia?
Greenpeace non parteggia per nessuno dei porti italiani (e non) in “lizza” ed è unicamente interessata a che sia garantito il massimo della sicurezza ambientale in tutte le fasi dell’operazione: trasporto, smantellamento e gestione dei rifiuti, soprattutto quelli pericolosi, fino al loro smaltimento finale.
I tre porti di cui oggi si discute come verosimile destinazione per la Costa Concordia sono Genova, Piombino e Civitavecchia.
Il porto di Genova sembra essere quello con le migliori chances (secondo le informazioni raccolte da Greenpeace) per aggiudicarsi la commessa. Sicuramente dispone di tecnologie e personale competente. Per ricevere la Costa Concordia, sembra di capire che sia necessario un dragaggio di circa 3-5 metri di profondità, a seconda dei punti di accosto utilizzati. La distanza dall’Isola del Giglio è dell’ordine di 160 miglia nautiche;
Il porto di Civitavecchia ha un’area che può essere rapidamente attrezzata per accogliere la Costa Concordia, anche se non risulta ospitare un’attività cantieristica per imbarcazioni di “taglia” paragonabile. Per ricevere la Costa Concordia potrebbe essere necessario un dragaggio di 0-2 metri intorno al punto di accosto. La distanza dall’Isola del Giglio è di poco più di 40 miglia Nautiche;
Il porto di Piombino (che ha ricevuto di recente un finanziamento per la preparazione di un “polo per lo smantellamento delle navi”: vedi nota 1) ha il vantaggio di essere prossimo a una acciaieria che potrebbe riutilizzare gli ingenti quantitativi di acciaio della nave. Tuttavia, i lavori di adeguamento del porto di Piombino sembrano in estremo ritardo e al momento non risulta disponibile una banchina di accosto. Greenpeace ha ricevuto informazioni su un progetto per un lungo “scivolo” che dovrebbe portare le navi su un piazzale per lo smantellamento, ma non sembra che i tempi per una tale opera siano rapidi. D’altra parte, lo scivolo potrebbe minimizzare o annullare eventuali necessità di dragaggi (tra 4 e 6 metri). Piombino dista dal Giglio poco meno di 40 miglia nautiche.
Da quanto sopra, Greenpeace propone una lista di cinque punti rispetto a una valutazione, che auspichiamo trasparente, dei rischi ambientali per il trasferimento della Costa Concordia.
Il traino con rimorchiatori verso Genova dovrebbe durare da 4 a 5 giorni: troppo lungo per garantire una “finestra meteo” sicura che è invece possibile garantire per le soluzioni alternative di Piombino e Civitavecchia (più o meno, una giornata di traino).
2. Ė importante che siano valutati gli stress cui si rischia di sottoporre la struttura della nave durante il “sollevamento” e successivo traino, e che in quella fase (e preliminarmente) ci sia un attento monitoraggio. Senza arrivare al caso-limite dell’affondamento, sono infatti possibili cedimenti strutturali limitati ma che potrebbero avere conseguenze non irrilevanti.
3. Da quanto comunica il sito dell’ARPA Toscana (2) le acque nel relitto risultano contaminate da varie sostanze pericolose: ovviamente, più lungo il periodo di traino (e più estese le falle nello scafo), maggiore sarà il quantitativo di sostanze pericolose che sarà disperso in mare. Poiché lo scafo non è sigillato, il moto della nave comporterà un certo grado di rimescolamento delle acque nel relitto (ovvero: un ingresso di acqua di mare e una fuoriuscita delle acque interne).
4. Ogni trasferimento della Costa Concordia presuppone il passaggio nel Santuario dei Cetacei: è evidente che il traino fino a Genova comporta un attraversamento pressoché totale del settore orientale del Santuario. Se invece ci si dovesse dirigere verso Piombino tale attraversamento sarebbe solo parziale, mentre un traino verso Civitavecchia attraverserebbe il limite meridionale del settore est del Santuario (concludendosi al di fuori del medesimo).
5. La tutela dell’ecosistema del Santuario dei Cetacei è garantita da un Accordo Internazionale ratificato dall’Italia. Il Santuario è inoltre incluso nell’elenco delle “Aree del Mediterraneo a Protezione Speciale – ASPIM” del Protocollo sulle Aree Protette della Convenzione di Barcellona. Infine, nel Santuario sono in vigore le disposizioni del Decreto 2 marzo 2012 del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti (c.d. “Decreto Rotte”) che impongono elevatissimi standard di sicurezza ai trasporti di sostanze pericolose al fine di “prevenire e impedire perdite accidentali dei carichi”. Sarebbe grottesco che adesso non si facesse nulla per “prevenire e impedire” che sostanze pericolose (vedi nota 2) siano accidentalmente rilasciate nel Santuario.
CONCLUSIONE
Il sito (nota 2) dell’ARPAT (Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale) della Toscana ci informa che “è stato stimato il volume complessivo di acqua presente nel relitto (circa 236.000 m3)”. Sempre secondo la stessa fonte, dalle analisi chimiche sulle acque presenti nel relitto “i gruppi di sostanze di maggiore significato siano tre: Sostanza Organica (la cui degradazione microbica può comportare produzione di Idrogeno Solforato), Metalli Pesanti e Idrocarburi”.
Greenpeace ha motivo di ritenere che la composizione delle acque presenti nel relitto non possa essere uniforme e che “strati” d’acqua ubicati in ponti differenti possano presentare tenori differenti di sostanze pericolose. Greenpeace non ha informazioni sufficienti a confermare o smentire che tutti questi “strati” siano stati adeguatamente caratterizzati.
In ogni caso, Greenpeace segnala che un lungo traino verso il porto di Genova (ove tra l’altro sarebbe necessario non solo dragare i fondali ma anche “spostare” il relitto nel corso dello smantellamento, con una prima fase a Voltri e una seconda nel Porto Industriale) espone il Santuario dei Cetacei (ovvero l’Alto Tirreno e il Mar Ligure) a una serie di rischi che devono essere attentamente valutati e monitorati. Tali rischi possono essere ridotti, anche se non azzerati, con un traino verso porti più vicini.
1 – Si veda sul tema il briefing di Greenpeace Italia “Dove muoiono le navi”:
1 – Si veda sul tema il briefing di Greenpeace Italia “Dove muoiono le navi”: