El Salvador per l’acqua e contro gli scempi minerari
[24 Giugno 2013]
Una legge ad hoc per fermare le attività minerarie e tutelare così le risorse idriche del Paese. El Salvador si sta muovendo in questa direzione e, qualora la normativa dovesse essere approvata, il precedente sarebbe di assoluto rilievo a livello mondiale. Oltre il 60 per cento della popolazione è a favore di un provvedimento del genere, visti gli effetti che l’attività estrattiva ha avuto sul territorio salvadoregno. Qualche dato: il 90 per cento dell’acqua di superficie del paese del Centro America è inquinato e il 25 per cento della popolazione non ha accesso a fonti idriche pulite. Dal 2008, ovvero da quando in carica c’era l’ex presidente Antonio Saca, non sono state più concesse licenze minerarie, anche sulla scorta di una forte pressione dell’opinione pubblica nazionale.
Uno dei simboli più forti della devastazione portata dalle mining corporations – nel caso specifico la statunitense Commerce Group – è il fiume San Sebastian, nell’omonimo cantone. L’acqua del rio ha assunto ormai un colore arancione, dovuto al rilascio di cianuro (nove volte oltre i limiti di legge) e rame (addirittura mille volte) legato alle attività minerarie per la ricerca dell’oro. Le comunità locali non solo non hanno ricevuto alcun beneficio in termini economici dalla presenza della Commerce Group sul loro territorio, ma sono ormai costretti a comprare acqua in bottiglia da bere e ad affidarsi al pericolosissimo San Sebastian per tutti gli altri usi e per abbeverare il bestiame. Ma le prime proteste nel cantone di San Sebastian hanno stimolato una forte opposizione anche in altre località del Paese, come nell’area di Cabañas, nel nord del Paese. Con l’aiuto della Ong Asociacion Catalana de Ingenieria Sin Fronteras, gruppi di base, associazioni ambientaliste e cattoliche hanno svelato le “malefatte” dell’azienda canadese Pacific Rim con studi e ricerche sui tassi di inquinamento di un’altra miniera d’oro.
Dalle esperienze locali si è poi passati a campagne su base nazionale e alla proposta di legge precedentemente citata, che inoltre prevede il riconoscimento del diritto di accesso all’acqua e ai servizi fognari per tutti i cittadini salvadoregni.
Una recente missione sul campo condotta da 45 delegati internazionali di varie organizzazioni indipendenti in 12 Paesi ha confermato i falsi miti legati all’attività mineraria. Manuel Perez Rocha dell’Institute for Policy Studies, incaricato di visitare l’El Salvador, ha confermato al quotidiano britannico The Guardian che l’estrazione mineraria nel Paese ha causato solo danni, non portando alcun beneficio economico alla popolazione locale.
Ma le corporation non ci stanno. Commerce Group e Pacific Rim hanno già presentato ricorso alla Centre for the Settlement of Investment Dispute (ICSID) della Banca mondiale sulle decisioni del governo salvadoregno di bloccare le concessioni minerarie. Il risarcimento richiesto per i mancati guadagni è alto: 400 milioni di dollari.
Una mossa, quella del procedimento presso l’ICSID, che ha rallentato l’iter legislativo e rischia di pesare sulla possibile forte tutela delle risorse idriche. Intanto l’anno prossimo in El Salvador si vota. Se l’attuale opposizione, a favore delle miniere, dovesse perdere, è probabile che nemmeno il ricorso all’ICSID potrà bloccare la voglia di cambiamento delle cittadinanza salvadoregna.
Luca Manes, Re:Common per greenreport.it