Cina, dopo un terremoto da 400 morti saltano in aria una raffineria e una fabbrica [FOTOGALLERY]
[4 Agosto 2014]
Secondo i dati forniti dai soccorritori stamani alle 8,40 ora locale, ci sarebbero circa 400 morti (almeno 381 accertati) nel sisma di magnitudo 6,5 che alle 16,30 (ora di Pechino) di ieri ha colpito il sud-ovest della Cina, nella provincia dello Yunnan. Secondo il Centro della rete sismica della Cina, l’epicentro del potente terremoto è situato a 12 km di profondità nella zona del borgo di Longtoushan, a 23 Km a sud-ovest di del distretto di Ludian.
Il presidente cinese Xi Jinping ha chiesto ai soccorritori di dare priorità alla salvezza delle vite umane ed ha ordinato alle autorità locali di «minimizzare le perdite e garantire degli indennizzi appropriati, mettere in atto tutti gli sforzi per portare soccorso ai sinistrati e rafforzare la vigilanza post-sisma per prevenire le catastrofi secondarie».
Purtroppo il bilancio delle vittime sembra destinato a salire e il premier cinese Li Keqiang ha esortato le amministrazioni locali «A mettere in opera ogni cosa per soccorrere I feriti e le persone prigioniere sotto le macerie. Fornire senza ritardi cibo, vestiti, acqua potabile, ripari temporanei e cure mediche agli abitanti delle zone sinistrate. Assicurare il buon funzionamento delle comunicazioni ed il trasporto del materiale e del personale di soccorso. Anche l’ordine sociale deve essere mantenuto nell’area».
A questo enorme disastro naturale oggi si sono aggiunti due disastri tecnologici dei quali non si conoscono ancora del tutto le conseguenze. Alle 8,49 ora locale si è scatenato un incendio in una raffineria di petrolio a Lanzhu, capoluogo della provincia del Gansu (nord-ovest), con perdite umane che al momento restano sconosciute. La raffineria appartiene alla filiale di Lanzhu della China National Petroleum Corporation.
Secondo l’agenzia ufficiale Xinhua, l’incendio sarebbe scoppiato «in seguito ad una fuga da un dispositivo di frazionamento» e le fiamme non sarebbero ancora sotto controllo. I vigili de fuoco, nonostante l’alta colonna di fumo nero che si leva dalla raffineria, dicono che non ci sarebbe contaminazione dell’aria e dell’acqua.
E’ invece già pesantissimo, 75 morti e 185 feriti, il bilancio dell’esplosione di una fabbrica avvenuta alle 7,37 ora locale del 2 agosto, in un impianto di lucidatura di mozzi della Kunshan Zhongrong Metal Products, a Kunshan nella provincia orientale del Jiangsu.
Yang Dongliang, direttore dell’Ufficio nazionale della sicurezza sul lavoro, a capo del team d’inchiesta, ha detto che «secondo i primi elementi dell’inchiesta, la fabbrica ignorava da molto tempo i rischi ed i problemi collegati. Si tratta di una mancanza del dovere molto grave, tenuto conto dell’eccessiva quantità di polvere metallica presente nell’officina, la quale ha preso fuoco ed ha causato l’esplosione».
Secondo Yang le principali cause dell’esplosione sono: «La non conformità della progettazione e della costruzione degli edifici della fabbrica alle norme di sicurezza; il numero eccessivo di linee di produzione; la mancanza di attrezzature di estrazione delle polveri; la cattiva qualità delle attrezzature elettriche; la cattiva applicazione delle misure di sicurezza».
Insomma, una delle molte fabbriche cinesi in condizioni simili a quelle della prima rivoluzione industriale e Yang ha indicato i diversi colpevoli: «Kunshan Zhongrong è in gran parte responsabile dell’incidente, ma sono anche ugualmente responsabili i dipartimenti del governo locale, per non aver assicurato una stringente applicazione dei regolamenti».
A Kunshan potrebbero saltare molte teste, e in Cina non è solo una metafora.