Geologi contro ministero dell’Ambiente: «Italia non è Paese morfologicamente malato»
«Semmai “malate” sono le politiche adottate fino ad oggi»
[6 Agosto 2014]
Si resta basiti a leggere le dichiarazioni rilasciate dal Ministro dell’Ambiente Galletti (nella foto, ndr) nel commentare i tragici fatti di Refrontolo: ….”Italia Paese morfologicamente malato”!
Dichiarazioni che danno la misura dell’inadeguatezza di una intera classe dirigente a dir poco impreparata ad affrontare l’emergenza “dissesto idrogeologico” che la cronaca degli ultimi mesi impone drammaticamente alla nostra attenzione.
Una classe dirigente sempre impegnata in grandi discussioni sulle scelte compiute in economia, sul lavoro o sulla giustizia perché quelli si ritiene siano i problemi reali della gente! Poi si muore per l’esondazione di un piccolo torrente…. e ci si rende conto forse che trascurare i problemi complessi dell’ambiente e dell’assetto del territorio, in un paese in cui la pressione antropica ed il consumo di suolo ha raggiunto livelli insostenibili, non è più possibile.
Comprendiamo che il nuovo Ministro dell’ambiente stia rendendosi conto forse solo ora di quale gatta da pelare gli abbiano affibbiato. Ci scuserà perciò se, sebbene i livelli di pazienza siano oramai giunti ai minimi termini, proviamo a spiegare perché quelle dichiarazioni non sono francamente accettabili se non nella misura, come ci auguriamo sia, in cui dovessero rappresentare la sua presa di coscienza della priorità rappresentata dal problema dissesto idrogeologico nel paese.
L’intera penisola italiana è caratterizzata da estreme complessità orografiche, morfologiche e geologico – strutturali che ne determinano la bellezza paesaggistica e la estrema variabilità di ambienti naturali. Tale condizione naturale, che non può in alcun modo essere considerata una “malattia”, e che per contro si traduce in un fattore primario di valenza turistico-ambientale, si caratterizza per una serie di fragili equilibri naturali la cui mancata salvaguardia determina l’elevata esposizione ai cosiddetti “rischi naturali”.
E infatti non si può non rilevare che ad una condizione naturale che solo in relazione alla presenza dell’uomo e delle sue attività può essere considerata fortemente penalizzante sono certamente da aggiungersi decenni di cattiva gestione e di scellerato governo del territorio.
I fattori antropici quali, l’attività estrattiva non regolata, l’urbanizzazione selvaggia, il disboscamento, la costruzione di invasi, infrastrutture, discariche senza una adeguata e preventiva valutazione di impatto, tanto per citarne alcuni, hanno amplificato ulteriormente le condizioni di vulnerabilità e conseguentemente di rischio.
E’ per questi motivi che si richiede un deciso e radicale cambio di strategia delle politiche di governo del territorio adottate fino ad oggi. Ed il Ministero dell’Ambiente riveste di sicuro un ruolo fondamentale di presidio, indirizzo e controllo.
Dunque non è proprio il caso di definire l’Italia come un “Paese morfologicamente malato”! Semmai “malate” sono le politiche adottate fino ad oggi che non sono riuscite a ripensare le strategie, ridefinire obiettivi e quadri programmatori, ripensare politiche e strumenti normativi e operativi per uscire dal paradosso di un Paese che non riesce a passare dall’emergenza alla gestione ordinaria del territorio attraverso politiche sostenibili di uso del suolo e, per la riduzione del rischio idrogeologico, a programmi adeguati di previsione e prevenzione.
Politiche di governo del territorio caratterizzate dall’evidente limite di non riuscire a superare il problema culturale che ci impedisce di attribuire il giusto valore a risorse come il paesaggio, il suolo, l’acqua e che, di conseguenza, inibisce l’attuazione di coerenti politiche di sostenibilità.
Non è più sufficiente limitarsi alla riparazione dei danni ed all’erogazione di sostegni economici alle popolazioni colpite, ma occorre bensì creare cultura di previsione e prevenzione, che deve essere diffusa a vari livelli, imperniata sull’individuazione delle condizioni di rischio ed all’adozione di interventi finalizzati alla minimizzazione dell’impatto degli eventi.
Ed è opportuno sottolineare in ultimo che non è, come spesso si lascia credere, solo un problema di risorse economiche. E’ senza dubbio necessario reperire le risorse finanziarie necessarie alla messa in sicurezza del territorio. Ma unitamente a tali sforzi occorre mettere in campo una politica di sostenibilità ambientale e di vera prevenzione che passi attraverso:
- la valorizzazione delle risorse suolo ed acqua intese come beni limitato e soggetti a consumo e deterioramento;
- la correlazione tra gli obiettivi di sviluppo e la stabilità e funzionalità del territorio inteso come infrastruttura portante di tutte le altre;
- il coordinamento e l’integrazione tra l’uso del suolo, la pianificazione urbanistica, l’uso delle risorse idriche, la valorizzazione dei beni culturali, l’utilizzo delle aree forestate e delle aree protette, la diffusione della cultura e della pratica della protezione civile;
- la promozione di progetti integrati che entro i piani di bacino correlino, conservino e valorizzino il suolo, l’acqua, i centri storici e le marine, i beni culturali, i boschi e le aree protette;
- la dotazione di un nuovo e più adeguato quadro legislativo che ridisegni gli assetti organizzativi e gli indispensabili supporti tecnici.
In uno la formazione ed approvazione di una legge organica sulla difesa del suolo.
E’ il non riuscire a fare tutto questo che è sintomo grave di una malattia che, anche se resta davvero poco tempo, noi pensiamo possa essere ancora curata.
di Paolo Cappadona, Consiglio nazionale geologi