È una priorità mondiale per proteggere l’ambiente nel XXI secolo
Ecco quali sono le foreste primarie del mondo (e come salvarle)
La metà si estende in 5 Paesi tra i più ricchi e sviluppati del Pianeta
[27 Agosto 2014]
Quali sono lepolitiche che possano fornire una solida base nei principali negoziati internazionali, al fine di garantire che le foreste primarie persistano nel XXI secolo? Attorno a questo urgente quesito si è riunitoun folto team di ricercatori australiani, statunitensi, canadesi, europei e indonesiani, che ha concentrato le risposte nello studio “Policy Options for the World’s Primary Forests in Multilateral Environmental Agreements“.
I nuovi dati sulla copertura delle foreste primarie hanno rivelato che la protezione delle foreste più antiche del pianeta è una questione di interesse globale, essendo distribuite equamente tra i Paesi sviluppati e quelli in via di sviluppo. Infatti ben il 98% delle foreste primarie si trova all’interno di 25 Paesi e circa la metà si estende in 5 di quelli più ricchi e sviluppati: Canada, primo con 3.096.632 Km2, Russia, seconda (2.,736141 Km2); Stati Uniti, quinti (587.394 Km2); Australia 14esima (138.761 Km2); Nuova Zelanda, 24esima(42.963 Km2), ai quali dovrebbe essere aggiunta anche la Guyana Francese, 18esima con 66.352 Km2, dipartimento di oltremare della Francia e che quindi fa parte dell’Unione europea. Per estensione di foresta primaria il Brasile è terzo con 2.494.760 Km2, seguito dalla Repubblica democratica del Congo (647.275 Km2). Poi ci sono il Perù sesto, 570.594 Km2); Indonesia (settima 370.780 Km2); Colombia (ottava, 354.443 Km2); Venezuela (nono, 315.995 Km2); Bolivia decima, 230.101 Km2); Papua New Guinea 11esima, 163812 Km2); Guyana (12esima: 145.618 Km2); Repubblica del Congo (13esima, 140.799 Km2); Cile (15esimo, 110.097 Km2); Gabon (16esimo, 109.197 Km2); Suriname (17esimo 108.733 Km2) Myanmar (19esimo, 53.536 Km2); Ecuador (20esimo, 53.467 Km2); Camerun (21esimo, 53.266 Km2); Cina (22esima, 51.138 Km2); Paraguay (23esimo, 45.256 Km2); Argentina (25esima, 39.231 Km2).
Il team internazionale di ricercatori fa notare che «solo circa il 22% delle foreste primarie si trova nelle aree protette delle categorie I-VI dell’Iucn, il che è circa il 5% della copertura forestale naturale dell’era pre-agricola. I livelli di deforestazione e degrado forestale sono rapidi ed estesi, e l’integrità a lungo termine delle foreste primarie non può essere assicurata».
Eppure, le foreste primarie stanno scomparendo e ogni anno di più e i responsabili politici non stanno facendo abbastanza per contrastare il degrado dei servizi ecosistemici che forniscono. Come sottolinea il principale autore dello studio, l’australiano Brendan Mackey della Griffith University, «le foreste primarie hanno qualità che non hanno le foreste secondarie, le foreste giovani in ricrescita, e le foreste piantate: contengono più biodiversità, stoccano più carbonio e forniscono acqua dolce di migliore qualità. Sono anche la casa di popoli indigeni, delle loro tradizioni e dei loro mezzi di sussistenza sostenibili».
Fino al 57% delle specie tropicali dipende dalle foreste primarie per la loro sopravvivenza e se vogliamo davvero evitare un’altra estinzione di massa, bisogna proteggere le foreste primarie. Ma non è così semplice. Mackey evidenzia che «i negoziati internazionali non riescono a fermare la perdita delle foreste primarie più importanti del mondo. In assenza di politiche specifiche per la protezione delle foreste primarie nei trattati sulla biodiversità e il cambiamento climatico,i loro valori di biodiversità unici ed i servizi ecosistemici continueranno ad andare persi sia nei Paesi sviluppati che in quelli in via di sviluppo».
Attualmente, circa il 36% delle foreste sono primarie o di antica crescita, ma il 57% delle foreste del mondo è o è stato in concessione alle industrie del legname e della carta, cioè si tratta di foreste secondarie. Il restante 7% sono piantagioni, che molti ambientalisti sostengono non dovrebbero essere considerate foreste, ma monocolture industrializzate.
Mackey spiega ancora: «La definizione di “foreste”, come convenuto nell’ambito della United Nations Framework Convention on Climate Change, non distingue tra foreste primarie, foreste registrati, foreste giovani in ricrescita e piantagioni forestali. La definizione include vegetazione con fronde a partire da due metri. Abbiamo bisogno di definizioni formali delle foreste che riconoscano queste differenze».
La cosa più preoccupante è che solo il 22% delle foreste primarie sia protetto da parchi e che anche quelle che si trovano nelle aree protette non sono del tutto sicuro, visto che molti Paesi stanno aprendo le foreste primarie all’industria del legname ed all’estrazione di combustibili fossili ed alcuni voglio abolire i parchi che le proteggono.
Per questo lo studio consiglia 4 nuove azioni che dovrebbero essere incluse nelle trattative internazionali sul cambiamento climatico e per fermare il declino della biodiversità: «1. Riconoscere le foreste primarie come un problema di interesse globale nell’ambito dei negoziati internazionali; 2. integrare le foreste primarie nella contabilità ambientale; 3. dare la priorità al principio della perdita evitata; 4. Accettare universalmente il ruolo importante delle aree indigene e comunitarie tutelate». I ricercatori avvertono che «In assenza di specifiche politiche per la protezione delle foreste primarie, i loro valori unici di biodiversità uniche ed servizi ecosistemici continueranno a erodersi».