La Libia sprofonda nel sangue. Onu: «Gravi violazioni dei diritti umani a Tripoli e Bengasi»
I barconi dei profughi fuggono da uno Stato fantasma dove desaparecidos, tortura e assassinii sono la norma
[5 Settembre 2014]
Ora è l’Onu a mettere il timbro sulle disastrose conseguenze dell’intervento Nato in Libia al quale il prima recalcitrante governo Berlusconi partecipò poi con l’entusiasmo guerresco di Ignazio La Russa, indimenticato ministro della difesa, memore di fasti coloniali in Libia ma non del baciamano del Cavaliere a Gheddafi e del serraglio beduino con harem ospitato nel centro di Roma,
Un nuovo rapporto Onu denuncia che «Gravi violazioni dei diritti umani e del diritto internazionale umanitario sono commessi nelle città libiche di Tripoli e Bengasi con delle conseguenze disastrose per i civili e le infrastrutture civili». E’ il disastro libico che gonfia i barconi dei profughi e del quale un altro immemore ex ministro di Berlusconi ed ora di Renzi, Angelino Alfano, fa finta di non capire ragioni e radici, cercando di ritornare alle cannoniere in mare come ai bei tempi (per lui) di Gheddafi che abbiamo contribuito a far fuori. Il rapporto congiunto di UN Support Mission in Libya (Unsmil) ed UN human rights office (Ohchr) espone in maniera crudamente dettagliata una serie di abusi, soprattutto i bombardamenti contro i civili e gli ospedali e il rapimento, la tortura e gli omicidi.
L’Unsimil stima che almeno 100.000 libici siano diventati profughi a causa dei combattimenti e che 150.000 altre persone, tra i quali numerosi migranti, abbiano lasciato la Libia e sottolinea, forse rivolto anche all’Italia e all’Europa, che «I migranti, i rifugiati ed i richiedenti asilo sono particolarmente esposti nel contesto attuale ed hanno difficoltà a passare le frontiere».
Come spiega l’agenzia missionaria Misna, «A scontrarsi nella capitale e nel capoluogo orientale sono da una parte le forze del generale dissidente Khalifa Haftar – guida dell’operazione “Dignità” – e gli alleati di Zintan (ovest), dall’altra le milizie di Misurata, confluite nella principale alleanza islamica Fajr Libya (Libya Dawn). In posizione dominante sia a Tripoli che a Bengasi i combattenti islamici, che nella capitale hanno preso il controllo dell’aeroporto e dei ministeri».
Secondo il rapporto, «I combattenti sembrano non tener conto del probabile impatto delle loro azioni sui civili, sembrano non avere una formazione adeguata e mancare di disciplina. Inoltre, l’utilizzo di armi e munizioni mal manutenute e difettose aumenta l’inesattezza dei tiri».
E’ una rapporto che farebbe bene a leggere chi si chiede da cosa scappino, sapendo bene di perdere la vita, i profughi Siriani, irakeni, eritrei che fuggiti dalle loro guerre e dittature arrivano sulle coste libiche teoricamente liberate dalla dittatura dall’intervento occidentale) e trovano la stessa guerra ed aguzzini forse anche peggiori.
Tra metà maggio e fine agosto, il periodo coperto dal rapporto, «Decine di civili sarebbero stati rapiti a Tripoli e Bengasi unicamente a causa della loro appartenenza tribale, familiare o religiosa, reale o supposta, e rimangono scomparsi. Questi rapimenti possono costituire scomparse forzate se le parti in conflitto non dicono dove si trovano queste persone». Insomma, siamo ai desaparecidos libici e nessuno sa davvero cosa succeda nella Libia profonda e tribale, lontano dalle grandi città, nello “scatolone di sabbia” di fascista memoria pieno di gas e petrolio.
Il rapporto ammonisce: «La protezione dei civili deve essere una priorità. Tutti i gruppi armati devono confermarsi ai principi di distinzione, di proporzionalità e di precauzione quando attaccano». Se non andiamo errati, la protezione dei civili fu la spiegazione per giustificare l’intervento Nato e quelle armi che oggi vengono usate contro i civili inermi sono quelle che noi occidentali e le monarchie assolute islamiche del Golfo nostre alleate abbiamo fornito a queste bande salafite e tribali di assassini per far furi Gheddafi. Poi ci sono le armi dell’esercito Libico saccheggiate tra gli applausi della Nato per i liberatori e democratici che avrebbero costruito la nuova Libia e che invece l’hanno frantumata….
Unsmil e Ohchr dicono che «Tutti I gruppi armati devono astenersi dalle violazioni dei diritti dell’uomo e del diritto umanitario internazionale (che poi era quello che faceva Gheddafi con il nostro consenso e i nostri soldi ai migranti, ndr), in particolare da ogni atto che possa costituire un crimine di guerra, soprattutto i bombardamenti indiscriminati, le sparizioni forzate, gli assassini, i rapimenti, la tortura, i maltrattamenti e la distruzione dei beni».
Il rapporto esorta tutti i gruppi armati a «Liberare o rimettere al sistema giudiziario le persone che detengono», ma il sistema giudiziario libico si è praticamente evaporato e i combattimenti hanno fatto cessare ogni attività nei tribunali delle due più grandi città della LIbia: Tripoli e Bengasi. L’Onu sottolinea anche che «La mancanza di rispetto dei diritti dell’uomo e del diritto internazionale umanitario da parte di una delle parti, non s dispensa le altre parti dai loro obblighi a conformarsi a queste norme». Tradotto, se le bande jihadiste salafite sgozzano i prigionieri, l’esercito e le milizie tribali e dei signori della guerra che lo appoggiano non devono fare altrettanto.
Il rapporto Onu avverte: «Tutti i gruppi armati devono ritirare dal servizio attivo e rimettere alla giustizia i loro membri sospettati di aver commesso degli abusi. I leader politici o militari possono essere ritenuti penalmente responsabili non solo se ordinano dei crimini, ma anche se sono in grado di impedirlo e non lo fanno».
Poi ci sono i giornalisti, u no tra i bersagli preferiti di tutte le bande armate che insanguinano la Libia, ripetutamente presi di mira, che subiscono restrizioni dei movimenti, com nfisca delle attrezzature, rapimenti ed omicidi. E non è finita, è l’intera Libia che sembra essere ormai uno Stato fantasma, dove «La polarizzazione politica è sempre più profonda, i combattimenti ed i rischi di rappresagli da parte dei gruppi armati creano un clima di paura nel quale la gente è reticente a parlare di alcune violazioni ed abusi. Questo ha portato anche numerosi militanti, in particolare le donne militanti, a lasciare il Paese». Erano questi gli uomini e le donne che avrebbero dovuto costruire quella Libia democratica, laica e tollerante che avevamo promesso, sono loro che abbiamo tradito abbandonandoli nelle mani degli aguzzini che abbiamo armato e spacciato per liberatori.
Il rapporto dell’Onu probabilmente in Libia non lo leggerà quasi nessuno e intanto si segnalano bombardamenti aerei nel distretto di Buatni, alla periferia di Bengasi, e a Washefana, appena fuori Tripoli. Sono state chiuse le strade che da Tripoli portano al confine con la Tunisia e le forze dell’operazione “Dignità” e di Zintan stanno preparando una controffensiva su Tripoli. A Kufra, nel sud est della Libia, sarebbe atterrato un aereo militare del Sudan zeppo di armi da consegnare alle milizie di Fajr Libia nella città di Mitiga, 10 km ad est di Tripoli. La crisi libica sarà uno dei temi centrali del 142esimo vertice dei ministri degli esteri della Lega Araba convocato al Cairo per il fine settimana, al quale parteciperà Mohammed Abdulaziz, il ministro degli esteri di uno dei due governi libici che vorrebbero amministrare un Paese che sprofonda nell’odio e nel sangue.