«Dedico la vittoria a tutti i popoli dell’America Latina e del mondo che lottano contro il capitalismo e l’imperialismo»
Bolivia, ri-stravince Evo Morales: tra sogno socialista e ambientalismo a corrente alternata
[13 Ottobre 2014]
C’è chi lo dava addirittura per perdente, ma il presidente della Bolivia Evo Morales ha vinto in maniera schiacciante le elezioni con un programma che punta a dare più peso alla maggioranza india della Bolivia che ha scelto di continuare a seguirlo sotto le bandiere del suo singolare socialismo andino che va dalla Pacha Mama alle dichiarazioni omofobe, dalla lotta contro il capitalismo distruttore del Paese agli scontri con le popolazioni che si oppongono ad un’autostrada che dividerebbe in due i loro territori ancestrali, dalla sacralità delle risorse naturali alla proposta di costruire una centrale nucleare in uno dei Paesi più poveri e sismici del mondo.
I sondaggi all’uscita dai seggi non lasciavano speranze alla destra boliviana ed alla fine il Movimiento Al Socialismo (Mas) di Morales ha ottenuto il 59,7 dei voti, più che doppiando il suo principale avversario, Samuel Doria Medina di Unidad Demócrata, che si ferma al 25,1%, aveva già riconosciuto la sua disfatta mentre i sostenitori del Movimento al Socialismo di Morales festeggiavano per le strade della capitale La Paz.
Terzo è arrivato Jorge Quiroga Ramirez, del Partido Demócrata Cristiano con il 9,6%, seguito da Juan del Granado del Movimiento Sin Miedo al 2,9% e da Fernando Vargas del Partido Verde de Bolivia con il 2,7% che conquista il suo primo deputato a La Paz.
Al Mas mancano 4 seggi per avere il controllo assoluto dell’Asamblea Legislativa Plurinacional: dei 130 seggi alla Camera il partito di Morales se ne è aggiudicato 88. Mentre domina il senato con 26 Senatori. In tutto il Mas ha 114 s parlamentari sui 166 dell’ Asamblea Legislativa
E’ chiaro che il socialismo indio di Morales piace al suo popolo, che appoggia sia le sue riforme sociali e la nazionalizzazione delle risorse, sia la forte autonomia concessa alle “nazioni” indigene che erano state sempre tenute ai margini della vita politica e dell’economia boliviana. Un popolo di affamati e sfruttati che ora ha uno di loro come presidente che non li ha dimenticati ed abbandonati.
Morales, che ha dedicato il suo trionfo «A tutti i popoli dell’America Latina e del mondo che lottano contro il capitalismo e l’imperialismo», si avvia così verso il suo terzo mandato da presidente democraticamente eletto, un record in un Paese segnato da feroci dittature delle quali la destra dichiaratamente filo-statunitense mostra fin troppa nostalgia. Una destra che sembra aver sottovalutato l’impatto politico, culturale ed economici della nuova Costituzione boliviana approvata nel 2009 che concede più diritti ed autonomia ai popoli autoctoni e che è considerata una delle più ambientaliste del mondo.
Morales, commentando gli ottimi risultati del suo Mas nelle regioni orientali fino ad ora in mano all’opposizione ha detto scherzando che «Questo dimostra che nel Paese non esiste la mezza luna, ma solo la luna piena». Infatti i risultati finali danno vincente il Mas in tutte le Regioni della Bolivia meno ch in quella del Beni (dove ha vinto l’UD con il 52,1%) e con risultati che vanno dal 66,7% della capitale La Paz (dove il Mas però ha perso 5 seggi) al 48% di Tarija.
Morales ha concluso di fronte ai suoi elettori che lo acclamavano di fronte al palazzo presidenziale: «In queste elezioni hanno vinto la dignità, l’unità e la sovranità del popolo boliviano, che ringrazio per aver posto una volta ancora la sua fiducia sul mio lavoro. Questo tipo di risultati ci obbliga a proseguire ancora di più nella nostra integrazione, non solo come boliviani ma come latinoamericani».
Il “comunista” Evo Morales, bestia nera dei consessi internazionali, il 22 gennaio inizierà il suo terzo mandato consecutivo da presidente dell’Estado plurinacional de Bolivia, diventando così il presidente boliviano rimasto più a lungo in carica della storia, un presidente che ha dimostrato che il socialismo radicale può stravincere anche alle elezioni e far diventare democratico un Paese con mille problemi e che fanno apparire la crisi dell’economia occidentale uno scherzo.