Greenpeace invade Renzi di tweet
La battaglia delle Egadi contro le trivellazioni petrolifere offshore
Con “[r]evolution rinnovabili 174 miliardi di valore aggiunto e 100.000 posti di lavoro al 2030
[23 Ottobre 2014]
La Giunta comunale di Favignana ha approvato una delibera predisposta dall’Anci contro le trivellazioni nel Canale di Sicilia e dice che «Il provvedimento fa parte delle iniziative volte a contrastare l’attuazione del decreto legge n. 133/2014, cosiddetto “Sblocca Italia”».
Il comune di Favignana che amministra tutte le isole Egadi ed il cui Sindaco è anche presidente dell’area marina protetta, chiede così «al Presidente del Consiglio dei Ministri, Matteo Renzi, di rivedere le norme del Decreto e in particolare l’articolo 38, che hanno un impatto diretto sui territori e sul mare della nostra Regione, alla Deputazione nazionale eletta in Sicilia un intervento per modificare, in sede di conversione in legge, le norme in questione, e al Governatore della Sicilia, Rosario Crocetta, di intercedere presso il Governo e il Relatore del decreto legge “Sblocca Italia” affinché abroghino l’articolo 38; in caso di sua conversione in legge, la richiesta è che proceda all’impugnazione di fronte alla Corte Costituzionale».
La Giunta egadina evidenzia che «ad oggi solo nel mare di Sicilia risultano in avanzata fase autorizzativa ben 15 nuovi pozzi, 5 permessi di ricerca sono in vigore, 10 sono le richieste di permesso per altri 4 mila kmq, e due le richieste di prospezione petrolifera per più di 6000 Kmq: attività che potrebbero mettere seriamente a rischio il mare e la costa siciliana».
Così il Comune di Favignana aderisce pienamente alle disposizioni dell’AnciSicilia e «resta in prima linea contro il pericolo trivellazioni anche a difesa dell’Area marina protetta “Isole Egadi”, la più estesa d’Europa e già classificata Sito di Importanza Comunitaria e Zona di Protezione Speciale: un sistema ecologico complesso, di straordinario valore ambientale e naturalistico, che il provvedimento fortemente contrastato comprometterebbe, danneggiando anche le politiche di sviluppo sostenibile che con grande fatica e impegno il Comune sta portando avanti».
Greenpeace, che ha appena concluso il suo tour lungo le coste siciliane dice: «Qualcuno ha deciso che le trivelle sono il futuro del nostro mare: dobbiamo estrarre fino all’ultima goccia di idrocarburi. Secondo le stime del Ministero dello Sviluppo Economico si tratta di poca roba, qualche mese dei nostri consumi nazionali, ma per qualcuno ne vale la pena: un regime fiscale favorevole alle imprese prevede, infatti, royalties tra le più basse al mondo. Così facendo verrà rallentata però quella “rivoluzione energetica” di cui abbiamo disperatamente bisogno per salvare il clima del Pianeta (e i nostri figli da cataclismi che faranno impallidire il ricordo di quello che, purtroppo, sta già succedendo) e il nostro Paese dal collasso economico. La rivoluzione energetica è necessaria per rilanciare economia e occupazione: sviluppo, in altre parole, ma non nella direzione che piace ai padroni del petrolio. Che per grattare il fondo del barile sono disposti a tutto».
Proprio perché non vuole che oggi e domani al Consiglio dei ministri europei vengano prese delle decisioni “fossili” Greenpeace sta chiedendo al Premier Renzi di «rottamare le energie sporche, e non il clima!»
La bacheca Twitter di Renzi è invasa da migliaia di tweet che chiedono di mettere un freno alla deriva fossile del governo.
Greenpeace ribadisce che «Le alternative ci sono, e basterebbe un po’ di lungimiranza – ambientale, etica, ed economica – per assicurare al nostro Paese uno scenario energetico più sostenibile e pulito».
L’associazione ambientalista si riferisce al dossier “Le ricadute economiche delle energie rinnovabili in Italia” redatto dall’istituto indipendente, Althesys che analizza in particolare il valore aggiunto, diretto ed indiretto, generato lungo la filiera dagli investimenti in energie rinnovabili in Italia nel 2013 e al 2030, secondo i due scenari di crescita: “reference” e “[r]evolution”, contenuti nel rapporto “Energy [R]evolution Italia”. Greenpeace. e dice che «I risultati parlano chiaro: puntando sulle fonti rinnovabili si avrebbero ricadute ottimali non solo sul versante ambientale, ma anche su quello economico ed occupazionale, arrivando ad ottenere in Italia 174 miliardi di valore aggiunto e 100 mila posti di lavoro al 2030»