A Roma di nuovo sui tetti contro la pioggia. Il 30 novembre via al movimento nazionale degli alluvionati
[28 Novembre 2014]
I cittadini sul litorale nord di Roma, caput mundi, stamani sono abbarbicati sui tetti delle loro case per sfuggire all’acqua montante, di nuovo dopo un fase di pioggia battente. Purtroppo non è una novità. «Santa Marinella fu già teatro di drammatici eventi alluvionali nel 1981, e sappiamo – precisa Eugenio Di Loreto, consigliere nazionale dei geologi e geologo di Roma – che nel litorale a nord di Roma c’è un’alta propensione al dissesto idrogeologico. Anche un mese fa abbiamo già mediaticamente denunciato lo stato di dissesto di quell’area, purtroppo non è mai stato fatto praticamente nulla di concreto».
«L’eccessiva impermeabilizzazione del suolo, prodotta da un’urbanizzazione poco previdente – continua Marina Fabbri, vice presidente dell’Ordine dei geologi del Lazio – ha reso il territorio ancora più vulnerabile di quanto non lo fosse già, e in alcune situazioni è diventato difficile, se non impossibile, porre riparo. La proposta dell’Ordine dei Geologi del Lazio è quella di tentare di ridurre i livelli di rischio per le popolazioni non più solo attraverso opere di difesa passiva, ma anche con interventi non strutturali a carattere preventivo, come la manutenzione ordinaria dei corsi d’acqua, dei versanti e delle opere esistenti, la delocalizzazione di insediamenti ed attività, il potenziamento delle reti di monitoraggio e dei sistemi di preallertamento e, soprattutto, la comunicazione ai cittadini anche in periodo “di pace”, affinché si impegnino a contribuire alla mitigazione del rischio tenendo comportamenti corretti».
L’ignavia è però la reazione ancora grandemente più diffusa di fronte al dissesto idrogeologico, e i cittadini delle zone colpite sono i primi a pagarne di persona le conseguenze. Per questo hanno deciso che è il momento di dire basta. Il 30 novembre, proprio a Roma, ci sarà l’atto fondativo del Movimento nazionale promosso dalle Comunità degli alluvionati, con la presentazione del relativo piano d’azione.
Tre anni di incontri iniziati a Matera all’inizio de 2012, per proseguire a Sala Baganza, Firenze, Abano Terme, Ameglia e di fitti contatti in rete: il frutto di quest’agenda è l’unione di molte realtà di base partecipate di cittadini sorte in questi ultimi anni nelle aree colpite da disastri idrogeologici.
Come si legge nell’appello lanciato sul sito internet del movimento (maipiu.eu), gli aderenti considerano «indegne di un paese civile sia l’incapacità di impostare politi-che di prevenzione, sia la pochezza e l’arbitrio da pratica clientelare con cui si affrontano (o non si affrontano) le emergenze che accompagnano e seguono gli eventi legati al dissesto idrogeologico».
Il costo di questa non azione è racchiuso tragicamente nelle 6.800 vittime (di cui circa 4.000 morti) per frane e alluvioni che il Paese ha pagato in 50 anni, e quello dei 60 miliardi di euro effettivamente spesi negli ultimi 70 anni per far fronte alle emergenze. Chiaro dunque il primo obiettivo del movimento: premere nei confronti delle classi dirigenti e della politica regionale e nazionale, aprendo una vera e propria vertenza per ottenere risposte su prevenzione, messa in sicurezza, certezza e trasparenza degli indennizzi a chi è stato colpito.