Nigeria, non ci sono solo le stragi di Boko Haram. Le tante crisi del gigante africano
[12 Gennaio 2015]
Le bimbe “kamikaze” del mercato del pollame di Maiduguri e la strage di 2.000 persone a Baga e nei villaggi sul Lago Ciad, nel nord-est della Nigeria, dove i miliziani di Boko Haram hanno ormai conquistato lo Stato nigeriano di Borno e sono all’offensiva in quelli di Adamawa e Yobe, è solo la punta dell’iceberg insanguinato di quello che sta accadendo nel Paese più popolato e con il più alto Pil dell’Africa e dove, ancora una volta, il petrolio e le risorse sono diventati una maledizione.
Il rapporto “Nigeria: multiple displacement crises overshadowed by Boko Haram” dell’ Internal Displacement Monitoring Centre (Idmc) fa il quadro di una situazione devastante, nella quale gli attacchi degli islamisti di Boko Haram sono aumentatati drammaticamente, in numero, intensità e ferocia a partire da metà 2014, provocando una crisi senza precedenti nel nord-est della Nigeria. L’insurrezione dei fanatici omicidi islamisti ha costretto 1,5 milioni di persone a fuggire in altre parti della Nigeria ed almeno altri 150.000 si sono rifugiati nei vicini, e poverissimi, Ciad, Niger e Camerun, minacciati ed infiltrati a loro volta da Boko Haram e che, di fronte alla disfatta ed alla ritirata dell’esercito nigeriano – covo di golpisti e fucina di presidenti, sempre pronto ad arrestare e torturare oppositori e ribelli del sud, ma che si sta dimostrando incapace a contrastare lo jihadismo assassino – si rifiutano di intervenire in Nigeria e chiedono un intervento internazionale per fermare Al Qaeda in tutto il Sahel. L’Idmc dice addirittura che «Le operazioni anti-guerriglia del governo hanno contribuito all’insicurezza ed allo spostamento [di popolazioni], sia nel nord-est e nei Paesi vicini» e avverte che «L’attenzione internazionale ha avuto la tendenza a concentrarsi sulle brutalità di Boko Haram, ma anche i conflitti inter-comunitari, le inondazioni, la desertificazione e gli sgomberi forzati hanno causato un significativo spostamento interno. Con le elezioni presidenziali e parlamentari previste nel mese di febbraio 2015, ci sono timori di recidiva della violenza e degli sfollamenti che hanno accompagnato il voto del 2011, in particolare nel nord del Paese».
I profughi interni, la stragrande maggioranza dei quali sono donne e bambini, stanno subendo violenze e minacce alla loro sicurezza fisica e restrizioni alla loro libertà di movimento. Molti profughi sono traumatizzati dalla violenza che li ha spinti a fuggire e hanno paura di tornare ai luoghi di origine, ma molti non ritroverebbero nemmeno le loro case che sono state danneggiate o distrutte dai conflitti e dalle inondazioni, mentre la maggior parte delle famiglie di sfollati vivono e condividono le – spesso scarse – risorse con le comunità ospitanti. Il rapporto Idmc sottolinea che «Gli sforzi da parte dei governi nazionali e statali per affrontare le loro esigenze sono incoerenti, l’accessibilità ed il sostegno da parte delle agenzie internazionali è scarso, mentre anche quello della società civile nigeriana è limitato. Le persone che vivono nell’area dei campi ricevono qualche aiuto, ma spesso non è sufficiente a soddisfare il loro bisogno di cibo ed altre necessità di base. Inoltre tendono a vivere in spazi angusti e poco igienici. Gli sfollati più vulnerabili – i giovani, gli anziani e le persone con disabilità – sono più a rischio. C’è una mancanza di strategia nell’indirizzare l’assistenza umanitaria e la discussione su soluzioni durature è limitata, sia a livello nazionale che locale».
Non è nemmeno chiaro quale sia l’impatto dei profughi interni su questo gigante multietnico e multireligioso di 160 milioni di abitanti, perché i dati sono spesso disponibili solo dopo la crisi su larga scala. «Le stime – si legge nel rapporto – suggeriscono che la violenza ed i disastri causati da rischi naturali abbiano costretto un numero impressionante di persone ad abbandonare le loro case, ma le informazioni sono aneddotiche e soprattutto riguardo la minoranza degli sfollati che vivono nei campi. La raccolta dei dati è incoerente e inaffidabile, portando ad un allarmante mancanza di comprensione delle dinamiche di spostamento, ed a risposte frammentate e inadeguate. Sia le autorità nigeriane che la comunità internazionale si sono concentrati in modo sproporzionato su nord-est della Nigeria. L’attuale enfasi sul breve termine, gli interventi di emergenza, impediscono anche la comprensione di come le vulnerabilità aumentino con ogni ciclo di sfollamento, su come affrontare le cause dello spostamento e di su come facilitare la realizzazione di soluzioni durature per gli sfollati».
Eppure nel maggio 2012 la Nigeria ha ratificato la African Union Convention for the Protection and Assistance of Internally Displaced Persons in Africa, nota come Convenzione di Kampala, ed ha riscritto un progetto di politica per gli sfollati interni da inserire nelle sue disposizioni, ma è dal dicembre 2014 che si aspetta che il governo federale di Abuja adotti queste politiche.
A produrre questa massa di profughi sono cause molteplici e complesse che si sovrappongono, diventando terreno ideale per la propaganda di odio di Boko Haram. Gli sconti inter-comunitari per le risorse naturali sono acuiti ed alimentati da tensioni etniche e religiose in tutta la Middle Belt, l’area nella quale si incontrano e si mischiano le comunità cristiane e musulmane nigeriane, mentre l’aumento degli attacchi e dei rapimenti realizzati da Boko Haram ha provocato la fuga di molte famiglie da tutto il nord-est musulmano. La disastrosa tattica dei militari ha provocato ulteriori spostamenti con i civili che fuggono preventivamente da quelle che ormai sono vere e proprie zone di guerra e le elezioni di febbraio, dove è annunciata la vittoria di un candidato musulmano proveniente dalle fila dell’esercito, sembrano aver solo acuito gli attacchi di Boko Haram e le violenze etnico/settarie. Intanto, denuncia l’Idmc, «Più di due milioni di abitanti delle baraccopoli e di altre persone emarginate sono stati sgomberati con la forza dalle le loro case nei centri urbani», in particolare in Abuja, Lagos e Port Harcourt.
Se a questo si aggiunge che Nigeria è soggetta a frequenti inondazioni, che nell’ottobre 2012 hanno portato al secondo più grande spostamento di popolazione del mondo causato da un disastro naturale – 2 milioni di persone nelle pianure dei fiumi Benue e Niger e dei loro affluenti in 33 dei 36 Stati del Paese – mentre nel 2014 le alluvioni hanno colpito 26 Stati, e che le autorità di 11 Stati nel nord della Nigeria hanno recentemente riconosciuto che migliaia di persone sono state sfollate a causa della desertificazione – acuendo il dramma della deforestazione -, il terribile quadro del disastro nigeriano è quasi completo, manca solo l’eterno conflitto petrolifero del Delta del Niger. Milioni di profughi interni che non hanno accesso a cibo, acqua potabili, cure mediche, educazione scolastica, il tutto in un Paese che per metà galleggia sul petrolio che lo inquina e corrompe e che per l’altra metà si polverizza nella siccità ed affoga nelle alluvioni del cambiamento climatico.
Quella che appare come l’insensata ferocia di Boko Haram (l’educazione occidentale è proibita), il delirio islamo-nazista di milizie senza pietà e misericordia, ha trovato il suo terreno di coltura nella povertà cronica, nella corruzione, negli abusi da parte delle forze di sicurezza e nell’impunità per gli autori delle violazioni dei diritti umani. Dal 20009, questo esercito di tagliagole da solo ha fatto migliaia di vittime e 1,5 milioni di sfollati per imporre la sharia e scacciare i cristiani dal nord-est musulmano del Paese, non risparmiando i leader tradizionali musulmani che hanno condannato le sue azioni, prendendo di mira anche le loro famiglie. Ora dai rapimenti di adolescenti cristiane sembra che questa banda di fanatici assassini sia passato alle bambine kamikaze.
La risposta del governo è stata disastrosamente inefficace ed ha portato alla formazione di gruppi di vigilantes sponsorizzati dallo Stato che a loro volta opprimono la popolazione, rapiscono gli oppositori – sono almeno 600 le esecuzioni estragiudiziali di militanti – demoliscono di beni immobili, violentano e torturano, provocando nuovi profughi. Intanto i soldati dell’esercito federale sfrattano gli follati che hanno trovato rifugio in edifici pubblici come le scuole per utilizzarli a scopi militari.
La risposta internazionale non è stata né all’altezza della minaccia integralista né della crisi sociale ed ambientale della Nigeria Nel 2014 la Nigeria ha ricevuto 3,55 milioni dollari dal Central Emergency Response Fund per rispondere alle esigenze sfollati nel nord-est, e per migliorare la protezione e assistenza sia per gli sfollati che per le comunità di accoglienza. Ma L’Onu e le Ong internazionali nell’agosto 2014 avevano chiesto 93 milioni dollari per rispondere ai bisogni umanitari di milioni di persone per il periodo 2014-2016.
Secondo il rapporto Idmc «Le dimensioni e la solidità dell’economia della Nigeria hanno contribuito alla reticenza dei donatori su come contribuire al piano di risposta strategica. I contributi agli strumenti di finanziamento umanitario ed alla programmazione bilaterale rimangono bassi. Il ruolo del Paese come potenza regionale e principale esportatore di petrolio dell’Africa hanno anche rese i governi stranieri riluttanti ad esercitare pressioni significative. I fondi raccolti dal governo nigeriano, dalla comunità imprenditoriale, dalla diaspora nigeriana e la società civile non sono stati aggiunti a quelli raccolti attraverso gli strumenti di finanziamento umanitario. C’è poca o nessuna informazione su come sono stati utilizzati i fondi nigeriani raccolti per gli aiuti di emergenza. E’ incoraggiante che gli enti nazionali e internazionali abbiano fatto progressi negli ultimi anni in termini di protezione e assistenza agli sfollati. Tuttavia, l’assenza di una legge e di quadro politico che definiscano chiaramente ruoli e responsabilità sta ostacolando e continuerà ad ostacolare il coordinamento degli sforzi umanitari e per lo sviluppo per mitigare gli effetti dello sfollamento. Tale quadro è anche essenziale per un approccio olistico e globale per sostenere gli sfollati nella loro ricerca di soluzioni durature, per prepararsi a prevenire futuri spostamenti».
Intanto Boko Haram potrà finire di costruire con il sangue e il terrore il suo califfato nero nel cuore dell’Africa.