Trivellazione e fracking di petrolio e gas: scoperti due nuovi pericolosi inquinanti nei reflui
[15 Gennaio 2015]
Il prodotto di scarto primario creato da perforazione del petrolio e del gas contiene due tipi di contaminanti potenzialmente pericolosi che non erano mai stati associati all’industria dei combustibili fossili. A dirlo è lo lo studio “Iodide, Bromide, and Ammonium in Hydraulic Fracturing and Oil and Gas Wastewaters: Environmental Implications”, appena pubbblicato su Environmental Science & Technology, la rivista peer-reviewed dell’American Chemical Society, nel quale un team di ricercatori statunitensi rivela che il prodotto di scarto primario delle trivellazioni petrolifere e gasiere contiene due tipi di contaminanti pericolosi che non erano mai stati associati prima all’industria degli idrocarburi.
Gli scienziati ricordano che «L’espansione del gas di scisto non convenzionale e della fratturazione idraulica (fracking) ha aumentato il volume delle acque reflue petrolio e gas (OGW) prodotte negli Usa» e dimostra che l’OGW proveniente dal fracking dello shale gas del Marcellus e Fayetteville e dai reflui delle acque di produzione convenzionali dell’Appalachian «sono caratterizzati da elevata presenza di cloruro, bromuro, ioduro (fino a 56 mg /l), e di ammonio (fino a 420 mg/l)».
Insomma, i ricercatori guidati da Avner Vengosh, che insegna geochimica e qualità delle acque alla Nicholas School of the Environment della Duke university, hanno scoperto alti livelli di due inquinanti potenzialmente pericolosi – ammonio ed ioduro – nelle acque reflue delle attività petrolifere/gasiere che vengono sversate in torrenti e fiumi della Pennsylvania e della West Virginia e dicono che «I livelli di contaminazione erano altrettanto alti a nelle acque reflue provenienti dai pozzi di petrolio e gas convenzionali che dai pozzi di shale gas fratturati idraulicamente».
Quando si scioglie nell’acqua, l’ammonio può convertirsi in ammoniaca, altamente tossica per la vita acquatica. Gli scienziati hanno rilevato livelli di ammonio fino a 100 milligrammi per litro negli effluenti di petrolio e gas raccolti presso i siti di scarico delle acque reflue. Si tratta di livelli che sono più di 50 volte soperiri alla soglia fissata dall’ Environmental Protection Agency Usa (Epa) per la protezione degli organismi d’acqua dolce. Lo ioduro, quando si mescola con il cloro usato per disinfettare l’acqua negli impianti di trattamento pubblici situati a valle dei pozzi e delle altre operazioni petrolifere e gasiere, può favorire la formazione di sottoprodotti altamente tossici nell’acqua potabile. Questi sottoprodotti delle disinfezione non sono monitorati dalle agenzie statali o federali statunitensi.
«Non eravamo a conoscenza della loro esistenza nei prodotti petroliferi e nei rifiuti del gas – ha detto la Vengosh a ThinkProgress – Fino ad ora, nessuno ne era a conoscenza, nessuno stava controllando questi i contaminanti» e sottolinea che «Questa scoperta solleva nuove preoccupazioni per l’impatto sull’ambiente e sulla salute umana delle acque reflue del petrolio e del gas nelle aree nelle quali vengono scaricate o trapelano direttamente nell’ambiente. I nostri dati mostrano chiaramente che la prassi corrente del trattamento della salamoia corrente in Pennsylvania non è sufficiente ad eliminare questi contaminanti».
Lo studio pubblicato su Environmental Science & Technology – al quale hanno lavorato anche ricercatori del Dartmouth College e della Stanford University – è il primo a documentare la presenza di elevati livelli di ammonio e di ioduro nelle acque di scarico del petrolio e del gas. L’interesse dell’opinione pubblica per la contaminazione dell’acqua è concentrato a sull’impatto di fluidi fratturazione idraulica provenienti dall’esplorazione del gas shale, ma il nuovo studio dimostra che «Le acque reflue dal petrolio e del gas convenzionali contengono livelli di ammonio e di ioduro che sono altrettanto alti».
Jennifer S. Harkness, la principale autrice dello studio, che sta facendo un dottoeato alla Nicholas School of the Environment della Duke, spiega a sua volta che «Abbiamo naturalmente misurato l’ammonio e lo ioduro in numerosi campioni provenienti da diverse formazioni geologiche del bacino degli Appalachi, comprese le acque di riflusso da pozzi di gas shale nelle formazioni di scisto di Marcellus e Fayetteville, dimostrando che i liquidi del fracking non sono molto diversi dai reflui del petrolio e del gas convenzionali»
Studi precedenti avevano già dimostrato che i fluidi del fracking contengono livelli elevati di sali di bario ed elementi radioattivi, oltre ai prodotti chimici artificiali aggiunti nel processo di fratturazione idraulica.
Per condurre questo nuovo studio, i ricercatori hanno raccolto e analizzato 44 campioni di acque di produzione dai pozzi di petrolio e di gas convenzionali a New York ed in Pennsylvania e 31 campioni di acque reflue da pozzi fracking di gas shale in Pennsylvania e Arkansas. Hanno anche raccolto e analizzato gli effluenti di petrolio e gas che venivano scaricati direttamente in torrenti, fiumi ed acque superficiali in tre siti di smaltimento in Pennsylvania e in un uno “spill site” in West Virginia.
Vengosh fornisce un’altra informazione preoccupante: «Le acque reflue delle operazioni petrolifere e gasiere, sia convenzionali che non convenzionali, sono esentate dal Clean Water Act, il che permette la loro immissione nell’ambiente. Questa pratica chiaramente danneggia l’ambiente ed aumenta i rischi per la salute delle persone che vivono in queste aree e quindi dovrebbe essere fermata».
Secondo il rappporto “Fracking by the Numbers – Key Impacts of Dirty Drilling di Environment America, solo negli Usa ogni anno il fracking produce 280 miliardi di galloni di acque reflue che rappresentano un gigantesco problema per il loro smaltimento. Una parte viene stoccata in bacini artificiali, un’altra parte viene iniettata sotto terra e buona parte viene scaricata direttamente nei corsi d’acqua. Lo studio avverte che «La frequenza relativamente elevata di fuoriuscite associate all’intensità dello shale gas e le segnalazioni di un incremento complessivo della salinità nei bacini collegati alle attività fratturazione idraulica, combinati con i dati presentati in questo studio, suggeriscono che il rilascio di [reflui di petrolio e gas] nell’ambiente è uno dei maggiori rischi associati allo sviluppo della fratturazione idraulica. I nostri risultati indicano che scarico e gli sversamenti accidentali di [reflui petroliferi e gasieri] nei corsi d’acqua rappresentano rischi per la salute umana e per l’ambiente».
Vengosh conclude: «Dobbiamo cambiare le regole e fermare l’immissione di inquinanti nei corsi d’acqua nelle aree sia del petrolio e gas convenzionali che non convenzionali. Ma il problema per il fracking diventa più forte a causa del aumento del volume delle acque reflue».