L’educazione ambientale e le “tematiche verdi” incastrate a scuola
Ieri il consueto annuncio delle materie d’esame per la Maturità. Ma nel mentre nelle aule s'affaccia una realtà nuova
[30 Gennaio 2015]
Una scuola impegnata a sostenere la formazione di cittadini consapevoli, rispettosi di sé stessi e degli altri deve moltiplicare le materie di insegnamento, che in varia forma declinano il termine “educazione”, o deve ripensare un percorso unitario di apprendimento che “educhi” bambini, ragazzi, giovani? Questa è la domanda che non è possibile non porsi ogni volta che il nostro sistema di informazione (TV, giornali, blog, twitter ecc.) ci presenta non solo i disastri che devastano il nostro Paese, ma soprattutto le immagini quotidiane di un Paese abbandonato e che si abbandona, moltiplicando attraverso comportamenti individuali e collettivi, incuria, degrado, mancanza di rispetto per persone e cose, corruzione, cialtronerie di vario genere ecc. Si richiamano allora i dati, spesso sconfortanti, sulle mancanze del sistema scolastico/ formativo, ma, con un salto paradossale, si pensa che proprio nella scuola si possa intervenire inserendo entro uno schema organizzativo, sempre eguale a sé stesso, contenuti etichettati come nuovi, che dovrebbero aggiungersi alle materie esistenti o incastrarsi in queste.
E in questa logica rientra la notizia che, a partire dal 2016, le “tematiche verdi” (si spera che questa fantasiosa espressione sia dell’estensore dell’articolo del Corriere della sera, che ha lanciato così la notizia) entreranno a far parte dei curricoli degli studenti, dalle materne alla maturità. La novità è annunciata dai due ministeri (Ambiente e Istruzione), che presentano il programma di lavoro. Il gergo della comunicazione cultural/politichese è politically correct, cui si aggiungono formulazioni istituzionali in burocratese italo-europeo e captatio benevolentiae: linee guida; impianti per i vari gradi di scuola; schede di approfondimento specifiche.
Si tratta quindi di una nuova materia l’Educazione ambientale? Sì e no, materia, ma non troppo si potrebbe dire, perché le comunicazioni ministeriali ricorrono, come al solito, all’escamotage linguistico/pedagogico/didattico che, attraverso le formule integrazione e trans-disciplinarità, pretendono di risolvere problemi molto seri e molto reali di una scuola che si destreggia, un po’ malamente, tra specialismi, saperi frantumati in discipline e necessità di ricomposizione di queste al fine di garantire solide e utili competenze ai futuri cittadini.
I temi, pardon, “le tematiche verdi” evocate sono tante, eterogenee, ma tutte importanti (dal cambiamento climatico, all’inquinamento, al dissesto idrogeologico, al cibo, alla tutela di paesaggi e beni culturali, alla gestione dei rifiuti, dell’acqua ecc. ecc.). Verrebbe voglia di dire: fermiamoci un attimo, ricostruiamo i blocchi di saperi e di responsabilità civili e culturali che tutti questi temi ambientali, nessuno escluso, evocano e chiamano in causa. Forse potremmo cogliere l’occasione per ricostruire la scuola per “pezzi”, in cui predicazione e retorica dei buoni sentimenti vengano definitivamente banditi e dove si aiutino i giovani a guardarsi intorno con attenzione, sostenuta da conoscenze scientificamente fondate, per imparare a agire come fruitori responsabili e non padroni incoscienti dei beni che l’ambiente ci offre. Non è facile, ma nell’educazione niente è facile.
Alla conclusione dei lavori della commissione dei saggi che il ministro L. Berlinguer aveva istituto nel 1997, in un incontro presso l’accademia dei Lincei, Claudio Magris da un lato sottolineò la scarsa attenzione che la nostra scuola dedica alla osservazione scientifica della natura (alla fine del percorso secondario non riconosciamo piante, alberi, fiori, ecc.), e poi propose una riflessione sul rinchiudere l’apprendimento di “cose importanti” dentro le materie scolastiche. Cito a memoria: che cosa c’è di più importante che fare l’amore? Questa fu più o meno la domanda che Magris rivolse a un pubblico che finalmente si risvegliò. Bene, allora dovremmo insegnarlo a scuola, ma ve lo immaginate questo insegnamento tra lezioni frontali, compiti in classe, verifiche, corsi di recupero ecc. ecc.?
L’intervento si concluse con un intelligente e appassionato invito a suscitare il gusto, il piacere per il sapere serio e per la cultura della responsabilità. Forse potremmo cercare di ripartire da qui, sfruttando l’occasione della proposta di dare attenzione alle “tematiche verdi”.