La Grecia rossa di Tsipras sarà più verde?
Syriza tra il sì alla centrale a carbone, il no alla miniera d’oro e rinnovabili e risparmio energetico
[4 Febbraio 2015]
Tsipras continua il suo tour in Europa per chiedere tempo e fiducia, e sta trovando alcuni insospettabili alleati, anche se l’impressione è che i più – dopo esseri spaventati per la vittoria di Syriza in Grecia e per l’impressionante avanzata nei sondaggi e nella società di Podemos in Spagna – ora cerchino di utilizzare lo shock greco e la determinazione e velocità di Tsipras (che ieri è sembrata troppa anche per il velocista Renzi) per contrattare da posizioni di forza con Bruxelles, e soprattutto con Berlino.
George Tsolakis, dell’Environmental Justice Organisations, Liabilities and Trade (Ejolt) ricorda che la rivoluzione democratica greca è avvenuta con il più tranquillo periodo pre-elettorale che si ricordi. La svolta a sinistra che rischia di cambiare i rapporti di forza in Europa, di terremotare le già sfiancate socialdemocrazie, di riportare poveri e lavoratori al centro della scena, è avvenuta senza grandi raduni di folla nelle strade e nelle piazze, senza troppi sventolamenti di bandiere e nemmeno grandi zuffe con i neonazisti di Alba Dorata. La vittoria di Syriza era attesa, quasi naturale e, scrive Tsolakis, la calma pre e post-elettorale «è piuttosto un riflesso della delusione della gente che ha perso fiducia nella politica. D’altra parte, l’attenzione globale era enorme. Quasi un migliaio di giornalisti arrivati a coprire le elezioni, cosa che denota l’importanza degli eventi. La maggior attenzione della stampa va alla richiesta di cancellazione del debito e alla linea anti-austerità della nuova coalizione di una grande sinistra e di un piccolo partito di destra (Syriza e Anel). Ma ci potrebbe essere un’altra nuova linea dietro a queste cose così evidenti: la svolta verde della Grecia».
Anche se Syriza non ha l’ambiente al centro del suo programma, visto che la cosa che più la preoccupa rimane la feroce austerità imposta dalla Troika, i referenti greci dei Verdi Europei sono entrati a far parte di Syriza e la coalizione della sinistra radicale ha fatto proprie molte delle loro tematiche, anche se non ha preso fino ad ora rigorosi impegni ambientali. Intanto, rispettando le promesse elettorali, Syriza ha ridotto drasticamente il numero dei ministeri, e quello dell’Ambiente è stato fuso con i dicasteri tradizionalmente dedicati all’agricoltura e l’industria per dar vita al ministero della produzione, ricostruzione, ambiente ed energia. «Questo preoccupa le comunità che hanno lottato per anni per avere un ministero dell’Ambiente autonomo – dice Tsolakis, con una prospettiva diversa da quella che è possibile osservare dall’Italia – ma non necessariamente significa che la cura per l’ambiente verrà declassata; Giannis Tsironis, ex ecologista e attivista dei Verdi, sarà infatti il vice-ministro della produzione, ricostruzione, ambiente e energia».
Syriza si è inoltre sempre fortemente impegnata nelle manifestazioni contro l’apertura di nuove miniere da parte di multinazionali straniere, ed è stata particolarmente attiva nel movimento di protesta contro le prospezioni per estrarre oro in un’area protetta della Penisola Calcidica. Ambientalisti e Syriza accusano le imprese straniere di voler aprire le miniere senza i necessari permessi, e di dividere le comunità locali creando un clima di violenza.
Tsolakis sottolinea che «i gruppi di azione ambientale greci hanno grandi speranze, ora che il partito che hanno sostenuto è al potere», ma si chiede: «Syriza starà dalla loro parte?». I primi atti del nuovo governo verso le imprese straniere che cercavano di impossessarsi delle risorse naturali e dei beni comuni della Grecia in svendita fanno pensare di sì; con l’annullamento delle privatizzazioni, i cinesi hanno visto sfumare l’affare di impossessarsi anche della parte del porto del Pireo che non si erano ancora presi, le grandi catene alberghiere sono state avvertite che non saranno dati più permessi per costruire resort all-inclusive, l’italiana Terna ha dovuto rinunciare all’acquisto della rete elettrica greca… e parlando della miniera d’oro di Skouries gestita dalla multinazionale canadese Eldorado Gold Corp, il nuovo ministro della Produzione, ricostruzione, ambiente e energia, Panagiotis Lafazanis, ha detto alla Reuters: «Siamo assolutamente contrari e stiamo esaminando le prossime mosse da fare».
Ma gli ambientalisti aspettano Syriza alla prova, visto che il partito ha sempre tenuto un atteggiamento ambivalente sul passaggio sul territorio greco di un nuovo grande gasdotto dal quale dovrebbe arrivare in Europa il gas estratto al largo di Cipro e Israele e, soprattutto, è favorevole a costruire una nuova centrale a carbone “pulita” (che andrebbe a sostituire due impianti obsoleti e molto inquinanti). Ma in generale il programma di Syriza ha una forte connotazione ambientalista: produzione diffusa di rinnovabili diversificate, coordinamento sulle problematiche ambientali con le popolazioni locali attraverso un processo decisionale comunitario; grande espansione delle ristrutturazioni edilizie ad alta efficienza energetica, viste come il mezzo più redditizio per riduzione delle emissioni, consumare meno energia e dare lavoro qualificato nell’edilizia in crisi nera.
Festeggiando la vittoria di Syriza in Grecia, Rebecca Harms e Philippe Lambert, copresidenti della Greens–European Free Alliance al Parlamento europeo, hanno detto che «Alexis Tsipras incarna la speranza di un cambio di direzione all’interno del Consiglio europeo. Il gruppo Verdi/ALE al Parlamento europeo farà tutto il possibile per sostenere una buona cooperazione tra le istituzioni dell’Ue e il nuovo governo di Atene. Il fallimento di Syriza gioverebbe solo all’estrema destra».
«Questo ultimo punto è senza dubbio vero – rincara la dose The Guardian in un’indagine dedicata proprio all’ambientalismo di Tsipras – Ma Syriza è combattuta tra un’economia che si è contratta a una velocità mai vista dagli anni ’30 e una fetta consistente del suo partito che vuole la crescita ora, ad ogni costo. Il governo dovrà riformulare rapidamente il dibattito sulla “crescita sostenibile” o ridurre le aspettative verdi, o entrambe le cose».
La verità è che Syriza e Tsispras non possono permettersi (come accade in Italia, del resto) di parlare di decrescita felice in un Paese piegato da una violenta decrescita infelice, dove i suicidi da disperazione sono più che raddoppiati nel 2014. Il concetto di crescita di Syriza non piacerebbe a molti Verdi europei, ma nelle Grecia devastata di oggi «la stessa parola “decrescita” sarebbe vista come un’assurdità», dice Harris Konstantatos, del Comitato centrale di Syriza, e anche molti ambientalisti greci pensano che “mantenere i combustibili fossili sotto terra” sia un’idea altrettanto inadeguata alla miseria greca, visto che la ricchissima (e odiata) Germania – ormai diventata eterna pietra di paragone per Atene – continua a bruciare carbone. L’irruzione della povertà nella politica europea costringerà a cambiare punti di vista e paradigmi consolidati anche nell’Europa più ricca, che fa finta di non vedere i suoi indigenti.
«Se nel medio termine ci troviamo di fronte a difficoltà fiscali provenienti dall’estero, bruciare più lignite invece di importare energia sembrerà la cosa saggia da fare – ha detto al Guardian una fonte di Syriza – Se non avremo i soldi per importare la benzina allora bruceremo la lignite, che è libera (non dall’impronta di carbonio) ma relativamente meno costosa. In un modo o nell’altro la lignite greca sarà sfruttata».
L’eurodeputato Syriza Kostas Chrysogonos ha detto sempre al Guardian: «Siamo un partito eco-friendly e la tutela dell’ambiente è in cima alla nostra agenda. Noi esseri umani siamo parte di madre natura e non suoi legittimi proprietari. Dovremmo comportarci di conseguenza. Il partito si è impegnato a chiudere una miniera d’oro in progetto ad Halkidiki, che avrebbe devastato l’ambiente locale».
Syriza guarda con sospetto i meccanismi di mercato come l’Emissions trading system (Ets) dell’Ue, che ritiene un modo di distribuire i sussidi pubblici ai ricchi inquinatori, mentre la stessa Europa fa ancora troppo poco per contrastare le emissioni. Quella che propone la nuova sinistra greca sembra una terza via allo sviluppo economico che Konstantatos riassume così: «Non possiamo e non dobbiamo riprodurre i modelli di sviluppo conosciuti come business-as-usual, perché abbiamo perso il resto del treno dello sviluppo industriale europeo ormai un secolo fa. Per la Grecia è razionale diventare green. Le microreti smart possono rendere molto più efficiente l’uso delle energie rinnovabili per soddisfare i bisogni delle isole che non sono collegate alla rete continentale, o per apportare modifiche a livello regionale. Non c’è da riprodurre il modello a carbonio, con un impianto centralizzato che distribuisce dappertutto. Non dobbiamo riprodurre questo».
Ma per far questo Syriza dovrà affrontare l’opposizione di qualche comitato locale che si oppone alle pale eoliche, una contrarietà alimentata dal risentimento delle comunità per la realizzazione di parchi eolici autorizzati dal precedente governo centrale senza avvertire le istituzioni locali, e con poca o nulla programmazione regionale. Anche qui l’accusa è di aver arricchito le grandi industrie del settore senza nessuna ricaduta sulle comunità locali.
Syriza e Tsipras sanno bene di camminare su un rasoio di contraddizioni che molti nelle cancellerie europee, a Bruxelles e nelle grandi istituzioni finanziarie internazionali tengono costantemente affilato, ma sia i rossi che i verdi della nuova sinistra greca condividono l’idea di un’economia basate sui bisogni e il benessere degli esseri umani, non su una società che ha trasformato i cittadini in consumatori. Bisogna vedere se questo tentativo democraticamente rivoluzionario riuscirà a sconfiggere i molti nemici e se avrà il tempo per farlo, per salvare la Grecia che altri – non Tsipras – hanno ridotto così.
La Grecia rappresenta la vergognosa sconfitta del neoliberismo, ma difficilmente i neoliberisti molleranno la presa e permetteranno che nella patria della democrazia nasca un’alternativa solidale e sostenibile. E’ per questo che ad Atene si gioca la partita essenziale per un’Europa più giusta e più verde, è per questo che la cosa riguarda tutti, a cominciare da chi in Italia continua a considerarsi di sinistra e/o ambientalista.