Ma incidono anche deforestazione, cattiva gestione dei fiumi e speculazione edilizia
Diluvio in Albania, il premier: «E’ il cambiamento climatico»
[6 Febbraio 2015]
In Albania sono straripati almeno 4 fiumi ed è crollato il più grande ponte dei Balcani, le inondazioni, che il primo ministro socialista Edi Rama ha definito le peggiori che il Paese abbia mai visto, hanno travolto il sud del Paese e la zona di confine della Grecia.
In effetti il diluvio è il secondo peggiore che si ricordi, solo nel 1971, in piena dittatura comunista sembra che ce ne sia stato uno peggiore, ma il regime filo-maoista di Enver Oxa era impenetrabile anche nel dare le notizie di eventi come questi. Anche se non si segnalano vittime, sono centinaia le famiglie che finora sono state evacuate dalle loro case, la situazione in alcune aree resta molto critica e il governo di Tirana ha dichiarato lo stato di emergenza. Le conseguenze economiche del diluvio nel sud dell’Albania potrebbero essere durissime: il Paese dipende ancora molto dall’agricoltura e dall’allevamento che sembrano aver subito grossi danni.
Ma ancora una volta ad essere colpito dagli effetti del global warming è un Paese vulnerabile e che ne porta davvero poche responsabilità: secondo i dati della Banca Mondiale del 2010, Albania emetteva 1,5 pro capite, mentre nel 2011 gli Usa emettevano 17,3 tonnellate pro capite, l’Unione europea 7,5 e la Cina 7,2, l’Italia 6,7 tonnellate di emissioni pro-capite.
Intervistato dal Guardian Rama ha detto. «Quello che stiamo vivendo, non solo in Albania, ma in tutta Europa, ci fornisce spunti molto considerevoli sui cambiamenti climatici. Tanti ne parlano ma le misure reali per contrastarli sono molto poche». Va anche detto che i precedenti governi albanesi post-comunisti non hanno certo brillato per rispetto dell’ambiente o per essersi schierati con forza con i Paesi che chiedono iniziative ed investimenti urgenti per la lotta e la mitigazione del cambiamento climatico. Eppure, nel rapporto “Climate Change in Albania” presentato dalla Banca Mondiale nel 2013, si legge che «L’Albania è uno dei più vulnerabili della regione alle mutevoli tendenze del clima. Cambiamenti nei modelli meteorologici sono già stati osservati nel corso degli ultimi 15 anni, con l’aumento delle temperature, la diminuzione delle precipitazioni ed eventi estremi più frequenti, come inondazioni e siccità. Basta chiedere ad un qualsiasi operatore di una piccola centrale idroelettrica o ad un piccolo agricoltore per sapere che le nevicate sono state sempre meno e si sciolgono prima e più velocemente rispetto agli anni precedenti. Le proiezioni indicano un calo delle piogge estive di circa il 10% entro il 2020 e del 20% entro il 2050. Due settori che sono profondamente influenzate da questi cambiamenti del clima sono l’energia e l’agricoltura».
Il diluvio albanese è stato causato dalle intense piogge e dall’abbondante neve cadute costantemente nell’area di confine tra Albania e Grecia, ma Rama ha ammesso che anche fattori di origine antropica contribuiscono ad aggravare le cose: «Abbiamo ereditato un problema organico a causa dell’erosione del suolo, della deforestazione e della cattiva gestione dei fiumi. Potremmo avere pessime sorprese. Questo è dove abbiamo la parte più pericolosa di questo scenario. Le strutture delle dighe sono vecchie e non sono state manutenute».
Gli albanesi più poveri che hanno bisogno di legno negli ultimi 20 anni hanno abbattuto moltissimi alberi lungo il corso di potenti fiumi come il Vjosa, l’Osum e lo Shkumbin sono stati abbattuti, ma le foreste albanesi sono state rase al suolo anche per costruire strade, case e dighe, con un boom infrastrutturale del quale hanno ampiamente beneficiato imprese estere italiani in testa) e bisognerà capire è anche quanto l’incontrollata e selvaggia speculazione edilizia degli ultimi anni abbia inciso sulla catastrofe.