Il cofondatore della Microsoft Paul Allen: «Minano la politica climatica di Obama»

Carbone, i trucchi delle compagnie minerarie per sfruttare le federal lands Usa

Una storia di royalty basse e di concorrenza sleale. Ma il carbone Usa è in crisi

[11 Febbraio 2015]

Le compagnie che estraggono carbone nelle terre federali Usa stanno sfruttando scappatoie che hanno permesso loro di vendere il carbone a buon mercato per anni, una pratica che sta influenzando duramente l’economia dell’Appalachia.  A denunciarlo nero su bianco è il rapporto “Revitalizing Appalachia – How Congress Can Correct Distortions in the Coal Market and Invest in Struggling Coal Communities” presentato dal Center for American Progress (Cap) che sottolinea: «L’industria del carbone Usa è nel bel mezzo di una transizione dolorosa. Il numero di posti di lavoro dell’estrazione di carbone negli Stati Uniti è diminuito costantemente negli ultimi anni, un trend che ha avuto un profondo impatto sulle comunità che dipendono l’industria del carbone per l’occupazione ed il  gettito fiscale. I policymakers devono gestire questa transizione e garantire che le comunità del carbone emergano più forti e più resilienti dalle fluttuazioni del mercato del carbone».

Ma l’industria del carbone Usa è stata plasmata da quelle che qualcuno ha chiamato gli spiriti animali del  mercato e, nel corso dei diversi decenni, la meccanizzazione ha progressivamente ridotto il numero dei lavoratori necessari per estrarre una tonnellata di carbone. Poi è arrivato il boom del fracking e dello shale gas a dare il colpo di grazia ad un’industria in crisi, facendo passare in seconda fila l’utilizzo del più inquinante carbone per produrre energia elettrica.

L’industria carbonifera dell’Appalachia, una regione che si estende ai confini tra Kentucky, Ohio, Pennsylvania, Virginia e West Virginia, deve affrontare sfide uniche per un bacino carbonifero nel quale i giacimenti più ricchi sono ormai esauriti. Per i King Coal, come vengono chiamate le grandi compagnie carbonifere negli Usa, è diventato più semplice e meno costoso estrarre il carbone in altri bacini, come il Powder River Basin (PRB), tra il Montana e il Wyoming o l’Illinois Basin  che si estende tra Illinois, Indiana e Kentucky e occidentale. Il 40% del carbone Usa viene estratto nelle federal lands e quasi tutto il carbone del PRB viene estratto nelle terre federali, mentre solo una quota infima del carbone degli  Appalachi è estratta dalle terre federali.  «Questo crea una scoraggiante barriera di mercato per il carbone degli Appalachi. – spiegano che hanno curato il dossier del Center for American Progress  –  Oltre ad affrontare la concorrenza interna, i produttori di carbone degli Appalachi stanno perdendo quote di mercato per le importazioni a basso costo e stanno lottando per competere in mercato globale con un eccesso di offerta di esportazioni». Ma c’è anche un altro problema, che è il tema centrale del rapporto: «Purtroppo, queste sfide del mercato sono stati esacerbate dalle politiche federali del carbone che distorcono ulteriormente il mercato e rendono costoso il  carbone degli Appalachi».

Secondo i tre esperti del Center for American Progress, il programma federale per le concessioni carbonifere sui terreni di proprietà pubblica «E’ fondamentalmente non competitivo e non garantisce che i contribuenti ricevano il vero valore di mercato equo per il carbone estratto dalle terre pubbliche». Un effetto distorsivo che sarebbe particolarmente forte nel PRB di Montana e Wyoming, dove viene estratto la stragrande maggioranza del carbone “federale”. Il rapporto denuncia: «Il carbone del PRB è significativamente sottovalutato e venduto ad una frazione del costo di carbone prodotto in altre regioni degli Stati Uniti, a meno di un terzo del prezzo del carbone degli Appalachi, anche quando il carbone degli Appalachi  presenta un  più alto contenuto di calore del carbone». Alcuni analisti sostengono che grazie a questi prezzi bassi, i produttori del PRB abbiano messo in piedi quasi un monopolio, che rende difficile la competizione  ai produttori di carbone degli  altri bacini

In questo momento, il tasso minimo delle royalties per il carbone estratto nelle terre federali è del 12,5%, in un tasso più basso rispetto a quello delle royalty per le concessioni petrolifere e gasiere offshore e lo stesso del 1976. «Inoltre –  afferma il rapporto – le coal companies sono state in grado di manipolare il sistema di pagamento delle royalty su un prezzo del carbone diminuito

Il Cap chiede al Congresso Usa di agire  per correggere i difetti del federal coal-leasing program che creano queste distorsioni del mercato. In particolare, il Cap propone due scelte politiche: «La prima è che il Congresso potrebbe aumentare il livello delle royalty che le compagnie minerarie pagano sul valore della superfcie dove estraggono il carbone nelle federal lands». Un cambiamento che dovrebbe essere applicato alle nuove licenze e no a quelle già concesse e in atto. In alternativa, «Il Congresso potrebbe lasciare il tasso attuale invariato ma richiedendo alle compagnie minerarie di applicare il livello di royalty esistente al  prezzo del carbone nel suo punto finale di vendita piuttosto che  quello della prima operazione di transazione». Questo cambiamento dovrebbe garantire che i King Coal paghino le royalties sul vero valore di mercato del carbone federale e si applicherebbe sia alle b nuove concessioni che a quelle esistenti.

Strickland,  Dotson e Lee-Ashley sono convinti che «Entrambe queste modifiche raggiungerebbero due importanti obiettivi. Primo, assicurano che i contribuenti ricevano un ritorno più equo dalle risorse di carbone di proprietà pubblica. Secondo, si creerebbe un nuovo significativo flusso di entrate che il Congresso potrebbe dirigere verso le comunità in difficoltà del carbone in Appalachia, per aiutarle a ricostruire e diversificare le loro economie».

Nei giorni scorsi, dopo che Barack Obama ha presentato il bilancio federale che conteneva aiuti alle comunità carbonifere, su questo tema è stato duramente criticato dai repubblicani, ma i responsabili politici e gli stakeholders hanno già cominciato a lavorare ed attuare programmi di sviluppo economico alternativi, di formazione professionale e di aiuto all’occupazione nelle comunità degli Appalachi. Garantire un finanziamento adeguato per questi programmi per uscire dalla monocultura del carbone è la sfida più grossa.

Il rapporto del CAP evidenzia che «La prosperità delle comunità carbonifere del PRB e degli Appalachi è in qualche modo collegata. Mentre l’industria del carbone degli Appalachi è diminuita, l’industria del carbone nel PRB è cresciuta. Una politica carboniera federale inefficace e superata ha depresso il prezzo del carbone federale ed ha distorto il mercato a favore del PRB sugli altri, tra cui l’Appalachia. Fissarsi su  questa politica sbagliata non può generare nuove entrate per gli investimenti nelle comunità del carbone degli Appalachi che hanno un disperato bisogno di diversificazione e di rivitalizzazione economica».

Il deputato democratico della Pennsylvania ha detto che la modifica del tasso delle royalty «porterebbe trasparenza e correttezza per l’industria, aumentando nel contempo entrate aggiuntive» ed ha aggiunto che nei prossimi mesi chiederà l’introduzione di una legislazione che «elimini le scappatoie che stanno consentendo alle coal companies private di ingannare il sistema».

Ma  royalty o meno, la crisi del carbone è evidente e si cercano vie di uscita alternative: nel 2013 il Kentucky ha lanciato  l’iniziativa Shaping Our Appalachian Region che punta a diversificare l’economia dello Stato. Solo pochi mesi fa, il West Virginia ha annunciato un’iniziativa simile: la Southern Coalfields Organizing and Revitalizing the Economy,  che si concentra sul turismo dello e punta a ripristinar il territorio che è stato sconvolto dall’estrazione del carbone.

Il rapporto Cap non è la prima iniziativa a mettere in risalto le strane regole di cui si avvalgono i King Coal  nelle federal lands. Nel novembre 2014 il cofondatore della Microsoft, Paul Allen ha citato in giudizio il governo federale Usa per il suo coal-leasing program, sostenendo che il Bureau of Land Management non chiede conto dei danni che il carbone infligge all’ambiente. Secondo Allen, «Le concessioni carbonifere nelle  terre federali minano gli obiettivi della politica climatica del presidente Obama. Non abbiamo una comprensione globale dell’inquinamento dell’aria e dell’impatto sul clima  del coal-leasing program  federale perché il Bureau of Land Management ha omesso per più di tre decenni di esaminare i dati disponibili».