Salvare l’Artico, mission impossible per John Kerry?
Summit dell’Arctic Council: black carbon, petrolio e gas le grane più grosse per l’ambiente
[22 Aprile 2015]
Il 24 aprile John Kerry, il segretario di Stato Usa, sarà a Iqualuit, la città artica canadese capoluogo del Nunavut, per il passaggio di consegne della presidenza di turno biennale dell’Arctit Council. Kerry prenderà il posto di ministra dell’ambiente canadese Leona Aglukkaq, l’attuale presidente dell’organizzazione che riunisce gli otto Paesi dell’Artico (Canada, Danimarca/Groenlandia, Finlandia, Islanda, Norvegia, Russia, Svezia ed Usa) e che potrebbe determinare il destino ambientale, economico e politico/sociale dell’intera regione.
Come spiega Cathleen Kelly, senior fellow di American Progress ed esperta di mitigazione e resilienza climatica, L’Arctic Council ministerial meeting di Iqualuit e la presidenza Usa arrivano in un momento critico per l’Artico: «Kerry sta assumendo questo ruolo in un momento di incertezza senza precedenti per questa regione diversa e in rapido cambiamento. L’Artico si sta riscaldando due volte più velocemente del resto del pianeta, portando alla rapida fusione del ghiaccio marino, dei ghiacciai e calotte glaciali in tutta la regione. Questi cambiamenti stanno esponendo le comunità costiere dei di nativi dell’Alaska a devastanti tempeste e mareggiate, l’erosione e l’innalzamento del livello del mare stanno mettendo alcuni villaggi a rischio di precipitare in mare. I rapido scioglimento della calotta glaciale e dei ghiacciai della Groenlandia sono i principali driver dell’innalzamento globale del livello del mare, lasciando le zone costiere e pianeggianti negli Stati Uniti e di tutto il mondo vulnerabile alle inondazioni. Inoltre, dato che il permafrost si sta sciogliendo, entro il 2100potrebbe rilasciare un totale di 120 gigatonnellate di carbonio nell’atmosfera. Gli scienziati avvertono che, per evitare cambiamenti climatici catastrofici, nello stesso periodo di tempo le emissioni. Prima di ogni altra cosa, Kerry ha la rara opportunità di lasciarci l’eredità di poter frenare il global warming nell’Artico: una mossa che manterrebbe le comunità integre e salverebbe le specie dall’estinzione».
Kerry si è già impegnato pubblicamente ad affrontare il cambiamento climatico, rafforzare la gestione dell’Oceano Artico gestione ed a migliorare le condizioni economiche e di vita delle comunità artiche. Dopo il summit di Iqaluit, i ministri delle nazioni artiche non si riuniranno fino al 2017, dopo che il presidente Usa Barack Obama avrà terminato il suo secondo ed ultimo mandato e quindi, a secondo se alla Casa Bianca ci sarà la democratica Hillary Clinton o un repubblicano, Kerry potrebbe avere davvero poco tempo per portare cambiamenti reali nell’azione dell’Arctic Council dal Consiglio artico. Secondo la Kelly, «Può rimediare a questo facendo un paio di cose. Primo, quest’anno potrebbe convocare con il presidente Obama un vertice artico. Un tale evento potrebbe elevare la consapevolezza dell’opinione pubblica delle conseguenze del cambiamento climatico incontrollato e creare una dinamica per un forte accordo globale sul clima ai negoziati climatici di dicembre a Parigi. Gli Stati Uniti potrebbero anche utilizzare il summit per fissare gli impegni dalle nazioni dell’Arctic Council e degli Stati osservatori per ridurre l’inquinamento da black carbon – una delle minacce più terribili per l’Artico – e per lanciare una Global Ice Alliance per incoraggiare anche altri paesi a ridurre questo inquinamento . Gli Usa potrebbero anche aggiornare gli standard qualità dell’aria del Bureau of Ocean Energy Management’s (BOEM) del Dipartimento degli Interni per i nuovi impianti di estrazione di petrolio e gas al largo delle coste dell’Alaska a limitare specificamente l’inquinamento da black carbon».
Secondo gli scienziati il black carbon sarebbe responsabile di più del 30% del recente riscaldamento nell’Artico, visto che, sia che provenga da fonti locali o da dalle latitudini più basse, questo tipo di inquinamento atmosferico ricopre il ghiaccio e la neve con uno strato di fuliggine che intrappola il calore. Accelerando così il riscaldamento perché riduce la riflettività della neve e del ghiaccio artici e portando allo scioglimento dei ghiacci marini, così le acque oceaniche, più scure, assorbono più calore.
Il problema è che gli Usa sono responsabili del 61% dell’inquinamento da black carbon prodotto dai Paesi artici e che a livello globale Usa, mentre i Paesi dell’Arctic Council ed i Paesi osservatori (Cina, Corea del sud, Francia, Germania, Giappone, Gran Bretagna, India, Italia, Olanda, Polonia, Singapore, Spagna) contribuiscono per più del 60% dell’inquinamento mondiale da black carbon.
La Kelly sottolinea che «Le politiche degli Usa, compresi i regolamenti diesel, stanno contribuendo a ridurre le emissioni di black carbon. Ma questi tagli possono essere compromessi da un aumento dell’inquinamento da black carbon prodotto dello sfruttamento del gas e del petrolio, dal flaring, dai trasporti marittimi e da altre fonti. Ad esempio, il segretario del dipartimento dell’interno, Sally Jewell, ha recentemente validato 2.008 concessioni petrolifere nel mare dei Chuckchi in Alaska e la sua agenzia sta esaminando la domanda della Shell Oil di riprendere l’esplorazione petrolifera questa estate».
Recentemente 7 senatori statunitensi hanno scritto alla Jewell chiedendo al Dipartimento di sollecitare informazioni sulla disponibilità di tecnologie di controllo dell’inquinamento da i black carbon dalle piattaforme hoffshore. Eppure le emissioni di black carbon. Potrebbero essere tagliate senza danneggiare l’economia, detto Joe Kubsh, direttore esecutivo della Manufacturers of Emission Controls Association, sottolinea: «Oggi abbiamo la tecnologia per ridurre le emissioni di black carbon da molte delle attrezzature utilizzate nell’esplorazione e produzione di petrolio e di gas», anche se restano gli altissimi rischi dell’immane disastro ambientale che potrebbe provocare un grosso incidente petrolifero in una regione fragile e pericolosa come l’Artico.
La Kelly conclude: «Ospitare un vertice ufficiale, annunciando nuovi standard per il black carbon negli Stati Uniti, e garantire il rispetto degli impegni di riduzione del black carbon da parte degli altri Paesi, queste sono solo alcune delle cose che Kerry potrebbe fare per lasciare una significativa eredità della sua leadership clima durante il periodo alla guida dell’ Arctic Council. Comunque, resta da vedere se lo farà o no».