Una negra non merita 10
Gli studenti di Pisa e un caso di ordinario razzismo italiano
[19 Maggio 2015]
Una negra non merita 10. Né è possibile che vada bene a scuola, addirittura meglio di tante compagne bianche, né, ci mancherebbe, che possa diventare avvocato. O quantomeno, questo è il contenuto della quinta di una serie di lettere che una ragazza pisana di quattordici anni ha trovato nascoste nel diario, nello zaino, sul banco.
Una litania becera da un presunto “passato” fin troppo presente.
“Quando tornerai a scuola guarda bene tutti i tuoi compagni e noterai che sono tutti diversi tra loro, e questa differenza è una cosa bella. È una buona occasione per l’umanità.” Quella buona occasione di cui Tahar Ben Jelloun parla nel suo Il razzismo spiegato a mia figlia è quella che si perde ogni volta che in una scuola si scrivono parole così cariche di egocentrica intolleranza.
E quella buona occasione dovrebbe scattare proprio nella scuola, luogo per eccellenza eterogeneo, mosaicale, che trae la sua forza proprio dall’innegabile coesistenza di realtà meravigliosamente differenti. Educare alle differenze che costituiscono le unicità individuali è proprio compito dei luoghi della formazione, veicolo di conoscenza in senso lato. Quant’è triste e povero, dunque, il razzismo fra i banchi.
Quant’è ridicola la xenofobia ripetuta, ereditata, attecchita in ragazzi che con la “negra” hanno sempre giocato, da bambini, prima che qualcuno gli facesse notare che era negra.
Quant’è distorto il meccanismo che mette gli studenti, sin da giovanissimi, l’uno contro l’altro, e quanto è inquietante che il colore della pelle diventi un’arma da giocare nella sfida.
Dove si predica il razzismo, allora, è compito delle scuole, dell’istruzione, di spiegarlo.
Officina – Unione degli Studenti, Pisa