Il cibo per cani e gatti può diventare più sostenibile?
Meno carne e pesce per ridurre l’impatto ambientale e sociale dei Pet Foods
[31 Luglio 2015]
Negli Stati Uniti vivono 85,8 milioni di gatti e 77, 8 milioni di cani e tutti devono mangiare, un bel problema per le risorse naturali, soprattutto se i proprietari di questi animali, spinti dalla pubblicità martellante, decidono di nutrire i loro animali domestici come se fossero persone.
Nel suo blog sul sito Is sustainability Still Possible? del Worldwatch institute, Marc Gunther sottolinea che «L’impatto ambientale del cibo per animali è grande, anche se nessuno sa quanto sia grande. Come noi, del resto, cani e gatti consumano carne, pesce, mais e grano, creando così pressioni sul sistema alimentare globale, insieme ad emissioni di carbonio quando il cibo viene prodotto e trasportato».
Quello che invece sappiamo è che il cibo per cani e gatti è un gigantesco affare che, secondo le stesse industrie del settore, nei soli Usa produce vendite per circa 22 miliardi di dollari all’anno, mentre il totale delle vendite dei prodotti per animali nel 2015 negli Usa raggiungerà i 60.59 miliardi di dollari. Spese procapite simili si riscontrano negli altri Paesi occidentali.
Gunther è convinto che si potrebbe fare molto per rendere più “green” il cibo per cani e gatti domestici che mangiano sempre più carne e pesce, «ma l’industria sta appena iniziando a cimentarsi con i suoi problemi di sostenibilità». L’eccezione sembra la Mars, che in Italia conosciamo soprattutto per le barrette di cioccolato e gli M & Ms, ma che in realtà è la più grande pet food company del mondo: la Mars Pet Care ha un fatturato stimato in 17 miliardi di dollari, da lavoro a 39.000 persone, gestisce circa 70 stabilimenti e possiede i marchi Pedigree, Whiskas, Nutro, Sheba, Cesar, Royal Canin e Iams. Ma il numero 1 del mercato del cibo per animali negli Usa è Nestlé Purina che è titolare anche dei marchi Friskies, Fancy Feast, Mighty Dog e Alpo. Intanto, nel 2014 JM Smucker, pagando 6 miliardi di dolari in contanti, ha acquisito Big Heart, il più grande venditore americano di snack pet, che comprendono Milk-Bone e Meow Mix.
A giugno Isabelle Alvoet, direttrice sostenibilità globale di Marse Pet Care, che ha sede a Bruxelles, ha parlato ad un’iniziativa su cibi e sostenibilità organizzata dal Monterey Bay Aquarium e ha assicurato che la multinazionale «sta facendo la sua parte per utilizzare pesce sostenibile». Nel 2010 Mars è stata la prima industria del settore a promettere che avrebbe acquistato solo pesce proveniente da pesca o allevamenti certificati da terzi come sostenibili. «È importante sottolineare – scrive che Gunther – che Mars ha anche detto che avrebbe sostituito tutti i pesci interi e i filetti di pesce pescati in natura con sottoprodotti o con pesce di allevamento, in modo che la domanda di alimenti per animali domestici non competa direttamente con il cibo che potrebbe essere servito alle persone».
La Alvoet ha spiegato che «Questa è una sfida per la company, perché va contro i desideri dei clienti: i proprietari di animali domestici vogliono comprare sempre più cibo per i loro animali domestici che somigli a ciò che mangiano loro». Si tratta dei cosiddetti premium pet foods che impazzano anche nelle pubblicità televisive italiane e che negli Usa portano etichette come Pedigree Choice Cuts di Gravy e Whiskas Savory Pate Salmon Dinner di Sauce, che sono la quota in più rapida crescita del mercato. Fanno parte dell’inarrestabile tendenza all’umanizzazione degli animali domestici. Negli Usa la Blue Buffalo fa concorrenza alle grandi imprese di cibo per gli animali domestici, con lo slogan “Love them like family. Feed them like family”, dicendo che il suo cibo non contiene sottoprodotti e che cani e gatti devono mangiare le stesse cose delle famiglie che li ospitano. La Alvoet ammette: «Dovremo educare i nostri consumatori, non è facile».
Alcuni proprietari di animali domestici vogliono alimentare i loro animali con cibo di qualità elevata perché si preoccupano per la loro salute, soprattutto dopo che nel 2007 la Human Society of the United States (Hsus) denunciò che migliaia di cani e gatti erano morti per malattie causate da una partita di scarti alimentari. Dopo quell’episodio, la Food and Drug Administration (Fda) sta sviluppando nuovi standard per la sicurezza alimentare degli animali da compagnia e KC Theisen, direttore pet care issues della Hsyus, è convind to che «Se la Fda fa il suo lavoro, gli sforzi per limitare l’impatto ambientale del pet food non hanno bisogno di sollevare questioni di sicurezza. Stanno per elevare gli standard per le produzioni per gli animali da compagnia di produzione e per la trasformazione dei prodotti alimentari, in modo che siano molto più vicini agli standard alimentari umani».
Mara sta facendo progressi verso i suoi obiettivi di sostenibilità: ha sostituito il 100% dei suoi rifornimenti di pesce selvatico con fonti approvate dal programma Seafood Watch del Monterey Bay Aquarium. Alla fine del 2014, il 30% dei sui ingredienti erano a base di pesce proveniente da fornitori certificati da terzi come il Marine Stewardship Council o consigliati da Seafood Watch.
Nestlé Purina ha pubblicato un rapporto di 20 pagine nel quale dice di voler «creare valore condiviso» tra consumatori, company e business ed assicura che sta riducendo il consumo di energia ed acqua in alcuni impianti, ma il rapporto è molto vago sulle fonti di materie prime e di energia utilizzate, anche se le nuove linee guida dovrebbero garantire che il pesce pescato o allevato provenga da «fonti responsabili che nel corso del tempo si sono impegnate in un processo di miglioramento continuo verso la sostenibilità ambientale, economica e sociale ». Nestlé Purina dice anche di avere «un programma di tracciabilità (che) si concentra su questioni come la deforestazione, la pesca eccessiva, i diritti umani, il lavoro minorile, la scarsità d’acqua e il benessere degli animali», ma non dice quale sia il suo impatto ambientale e sociale e soprattutto quando e come lo ridurrà.
Gunther evidenzia che «Un compito relativamente facile per le pet food firms sarebbe quello di ridurre la carne e il pesce nei loro prodotti». Nello studio “Nutritional Sustainability of Pet Foods” pubblicato nel 2013 su Advances in Nutrition, Kelly Scott Swanson e il suo tem del Dipartimento di scienze animali dell’università dell’Illinois, scrivevano: «Spesso basati sulla domanda dei consumatori piuttosto che su requisiti nutrizionali, molti alimenti per animali domestici in commercio sono formulati per fornire nutrienti in eccesso rispetto alle attuali raccomandazioni minime, utilizzano ingredienti in diretta concorrenza con il sistema dell’alimentazione umana o vengono sovra-consumati dagli animali domestici, con conseguente spreco di cibo ed obesità».
In una e-mail inviata a Gunther, Swanson spiega che le pet food companies «Hanno già adottato alcune pratiche “verdi” per quanto si riferisce alla loro produzione, alle fabbriche, alla spedizione, ecc», ma «Ma molte non hanno pensato agli ingredienti». Però anche secondo Swanson «Questo sta cambiando, Mars ha un team dedicato alla ricerca di fonti alternative di proteine per il suo intero portafoglio».
Dovremmo quindi rinunciare ai nostri cani e gatti? Non necessariamente: David MacKay, uno scienziato britannico esperto di energia consiglia di scegliere gli animali domestici come le auto: «Più piccoli sono, meglio è».