Limiti di rumorosità e impianti di trattamento delle acque: si esprime il Consiglio di Stato
[15 Ottobre 2015]
Non è possibile imporre a impianti di trattamento delle acque già esistenti limiti di rumorosità propri delle zone residenziali, tali da determinarne la sostanziale impossibilità di esercizio. Lo afferma il Consiglio di Stato (CdS) – con sentenza n.4405 – in relazione alla questione sollevata dalla società pubblica che gestisce un impianto di potabilizzazione e distribuzione di acqua. La società ha contestato il Piano di zonizzazione del Comune di Valmandrera nella parte in cui suddivide la zona dove sorge l’impianto in due classi acustiche, una delle quali (la III) penalizzante per lo stesso. E ha anche contestato l’ordine del Sindaco di compiere interventi per ridurre l’inquinamento acustico provocato dallo stabilimento.
Si tratta di un impianto di trattamento, depurazione e distribuzione dell’acqua ampliato nel 1985 che occupa una superficie di circa 20.000 mq. con presenza di numerose vasche, depositi, magazzini, impianti di pompaggio, di depurazione, autorimesse e strutture di servizi. Solo in epoca successiva, l’amministrazione ha autorizzato la riconversione di edifici a destinazione produttiva in zona limitrofa (addirittura a distanza di poche decine di metri), consentendone l’uso residenziale. Si è innescato, così, un inevitabile conflitto fra la funzione produttiva e quella residenziale, per risolvere il quale, l’amministrazione non solo ha imposto misure di contenimento dell’inquinamento acustico (ottemperate dal gestore) ma ha classificato parte del compendio produttivo, più vicino alle residenze, in classe acustica III (zona mista) quale “area urbana con media densità di popolazione, con attività commerciali e con limitate attività artigianali con assenza di attività industriali”.
Tuttavia, l’impianto in questione deve considerarsi ai fini della zonizzazione acustica un’attività industriale, operando a ciclo ininterrotto per assicurare la continuità dei servizi, grazie all’ausilio di potenti macchinari inevitabilmente rumorosi. Essa non è dunque compatibile con la classe III, che invece è propria di un territorio mediamente urbanizzato in cui non esistono o non dovrebbero esistere attività industriali.
E’ la legge quadro del 1995 (la numero 447) – che disciplina in maniera organica la questione del rumore – che ha previsto la zonizzazione acustica. La zonizzazione consiste nella suddivisione in zone acustiche del territorio comunale in corrispondenza delle quali sono previsti limiti di rumorosità diversi. Con la zonizzazione, il Comune accerta quali sorgenti di rumore operano sul territorio e predispone le misure necessarie per ridurne l’impatto entro limiti compatibili con la salute umana e la qualità della vita.
Però, il nodo problematico della vicinanza di una zona residenziale di nuovo insediamento non può essere affrontato a livello acustico imponendo a un’attività industriale già esistente limiti di rumorosità propri delle zone residenziali, tali da determinarne la sostanziale impossibilità di esercizio. Altresì deve essere affrontata attraverso prescrizioni puntuali finalizzate all’adozione delle migliori tecnologie di isolamento acustico.