La Russia fuori dalla schiavitù delle esportazioni di petrolio e gas?
Sarebbe una buona notizia per l’ambiente, ma in realtà è record per la produzione di petrolio russo
[7 Gennaio 2016]
Il vice-presidente della commissione per la legislazione costituzionale del Consiglio della Federazione (il Senato russo) Maksim Kavdjaradze, ha detto che «La Russia si è affrancata dalla dipendenza petro-gasiera. Le esportazioni di articoli manufatturieri sono ormai superiori a quelli delle materie prime». Cosa che potrebbe spiegare anche l’aggressiva politica estera russa di questo ultimo periodo e che potrebbe vanificare gran parte delle sanzioni economiche occidentali: Mosca ha evidentemente altri canali e le sue esportazioni extra-petrolifere ormai non riguarderebbero più solo le armi, ma anche altri prodotti.
Il senatore Kavdjaradze non ha dubbi: «Lentamente, ma sicuramente, ci stiamo allontanando dalla dipendenza dalla materie prime nelle nostre esportazioni. Ma, quell che è certo, è che ci siamo sbarazzati dalla dipendenza dalle esportazioni di petrolio e gas. Il crollo dei prezzi del petrolio e del gas gioca un ruolo, ma a mio avviso le esportazioni russe non saranno mai più dominate dalle materie prime».
Sarebbe una buona notizia anche per l’ambiente e la lotta ai cambiamenti climatici, visto che il pericoloso gigantesco programma di sfruttamento del petrolio e del gas dell’Artico russo sembra non più percorribile per i costi diventati proibitivi e quindi non più d strategico per il regime putiniano. Purtroppo Kavdjaradze omette di dire è che a questo calo di percentuale di Pil delle esportazioni petrolifere non corrisponde affatto un calo di esportazioni di petrolio russo: il 2 gennaio il Servizio russo del controllo centralizzato dell’industria energetica (CDUTEK), ha comunicato che «A fronte del calo dei prezzi del petrolio, nel 2015 la Russia ha prodotto 534,081 milioni di tonnellate di oro nero. E’ un indice record che supera dell’1,4%, quello del 2014. Le esportazioni di petrolio russo sono aumentate del 10,6% nel 2015 in rapporto al 2014 ed hanno raggiunto i 220,267 milioni di tonnellate». A dicembre la Russia ha prodotto 45,782 milioni di tonnellate di petrolio (+1,5% rispetto al dicembre 2014), raggiungendo una produzione media giornaliera di 10,825 milioni di barili al giorno. Secondo CDUTEK, «Le imprese petrolifere russe e le joint venture h a partecipazione straniera nel 2015 hanno prodotto 73,556 milioni di tonnellate di petrolio».
Invece la produzione di gas russo nel 2015 è calata dell’1% rispetto al 2014, fermandosi a 635,349 miliardi di m3.
Comunque, Kavdjaradze parla di «Un cambiamento cardinale verso il meglio, nel corso di questi ultimi, per quel che riguarda la dipendenza dell’economia russa di fronte all’industria delle materie prime. Nel 2014, le esportazioni dei prodotti manufatturieri hanno costituito il 13,9% del Pil della Russia, contro il 12,8% di quelle delle materie prime. In Russia il rapporto tra queste due componenti delle esportazioni è già migliore che in Australia o in Norvegia: rispettivamente 8,2% e 7,3% in Australia e 11,7% e 16,9% in Norvegia».
Secondo il senatore russo, «Attualmente, più della metà delle esportazioni russe sono costituite da prodotti tecnologici finiti. Nel 2014, per la prima volta in una ventina di anni, le esportazioni di prodotti finite, servizi compresi, hanno superato la metà delle esportazioni prese nel loro insieme, arrivando al 51,5%. Nei primi 8 mesi del 2015, I prodotti manufatturieri costituivano già il 54,2% delle esportazioni russe. In questa maniera, constatiamo che la Russia si è affrancata sempre di più dalla sua dipendenza dalle esportazioni di materie prime, dal petrolio e dal gas. I prodotti di fabbricazione russa (centrali nucleari, aerei, navi, veicoli, equipaggiamenti, materiali da Guerra, prodotti delle costruzioni meccaniche) sono richiesti dai aesi più diversi».
Purtroppo, il senatore Kavdjaradze non dice che tra questi prodotti made in Russia ce ne sono diversi molto pericolosi, come il nucleare e le armi, vanto dell’export putiniano. Prodotti da esportazione che contribuiscono ad alimentare ed acutizzare la crisi mediorientale, con il nucleare iraniano made in Russia (ma prima in Germania) e i kalashnikov che si vendono come il pane dallo Yemen fino alla Siria, all’Iraq e alla Libia.