Clima, ecco cosa ci aspetta dopo la firma dell’Accordo di Parigi
Alla firma ufficiale deve seguire la ratifica nei rispettivi paesi, ma è comunque un passo legalmente vincolante
[22 Aprile 2016]
L’obiettivo dell’Accordo sul clima raggiunto a Parigi da 195 nazioni più l’Ue è quello di contenere il surriscaldamento del pianeta ben al di sotto dei 2 gradi e di mettere in atto tutti gli sforzi possibili per non superare 1,5 gradi. Lo scorso dicembre l’Accordo è stato definito, e oggi sarà ufficialmente firmato da buona parte degli stati aderenti, compresa l’Italia. La firma (che è cosa diversa dalla ratificazione) andrebbe accompagnata col deposito dello strumento di ratificazione – sottolineano da Legambiente – ma è comunque un passo legalmente vincolante, in quanto impegna a non intraprendere attività contrarie all’Accordo di Parigi. A compiere questo passo, racconta in diretta da New York il World Resource Institute, saranno più di 170 paesi (le ultime indiscrezioni parlano di 171 paesi firmatari, quelli rappresentati nella mappa di fianco, che rappresentano il 93% delle emissioni antropiche di gas serra).
La firma dell’accordo costituisce però solo un primo passo. Perché il testo entri in vigore e produca effetti concreti, almeno 55 paesi, che devono coprire almeno il 55% delle emissioni globali, devono ratificare, approvare o accettare l’Accordo di Parigi. A New York, come non mancano di notare dal Wwf Italia, solo pochi paesi dei 196 firmatari annunceranno una procedura rapida per farlo: «Ci aspettiamo quindi che i leader presenti a New York impostino il lavoro per il successivo incontro di Bonn, alla riunione delle delegazioni dove si riprenderà il filo dell’incontro di Parigi concludendo ciò che era rimasto in sospeso. È fondamentale ormai che i leader mondiali non solo inviino segnali forti ai loro negoziatori, ma li istruiscano sugli elementi chiave necessari per dare concretezza all’Accordo di Parigi».
Nel mentre, il 2015 si è confermato l’anno più caldo mai registrato e i primi tre mesi del 2016 sono stati caratterizzati da temperature record. Il Wwf sottolinea che una crescente massa di investitori economici chiede una rapida entrata in vigore e una rapida attuazione dell’accordo: lo hanno fatto in particolare con una lettera sottoscritta da diverse associazioni in rappresentanza di 400 investitori che gestiscono un patrimonio di circa 24.000 miliardi di dollari. Gli investitori sottolineano che i Paesi che aderiranno presto all’accordo di Parigi avranno maggiore certezza normativa, e questo contribuirà ad attirare maggiori investimenti per la decarbonizzazione e per un futuro realmente più sostenibile.
A che punto si trova l’Italia? Ieri il premier Renzi, commentando il referendum sulle trivelle della scorsa domenica, ha aperto a un ulteriore sviluppo delle energie rinnovabili nel Paese e confermando l’obiettivo del 50% di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili entro la fine della legislatura.
«Ben vengano i primi chiari impegni annunciati a favore delle fonti rinnovabili dal presidente del Consiglio Matteo Renzi. È ora che il governo dimostri concretamente e chiaramente quale politica energetica intende adottare, e scelga se sostenere veramente la conversione verso un’economia low carbon o rimanere inchiodato alle fonti fossili – commenta Rossella Muroni, presidente di Legambiente – Ci sono in Italia tante eccellenze da supportare. per questo Legambiente rilancia al Governo le sue tre proposte per incentivare le rinnovabili nel Paese: intervenire con provvedimenti mirati sul biometano (che ha un potenziale di produzione nazionale di 8 miliardi di metri cubi, ossia 4 volte tanto quello del metano estratto dalle piattaforme oggetto del referendum del 17 aprile) e sull’autoproduzione da fonti rinnovabili, e approvare il decreto di incentivo per le rinnovabili non fotovoltaiche. In questo modo si potrebbero superare quelle barriere che oggi impediscono il pieno sviluppo delle energie pulite. Puntare sull’innovazione tecnologica e sulla bioeconomia rappresenta, da subito – conclude Muroni – una grande sfida per il rilancio economico dell’Italia e dell’Europa e per il conseguimento degli accordi sul clima».
A livello internazionale invece, osserva il Wwf, le nazioni devono ora impegnarsi su alcuni nodi per dare slancio all’Accordo di Parigi: Implementare più azioni efficaci per la riduzione delle emissioni nell’immediato futuro (quindi prima del 2020); Dimostrare che i cicli di revisione previsti ogni cinque anni possano realmente funzionare, adoperandosi per aumentare i propri impegni prima della messa a punto prevista per il 2018; Affrontare i punti poco chiari dell’accordo di Parigi su come l’azione per il clima sarà attuata in maniera equa e giusta;Offrire molte più certezze sui finanziamenti per il clima in modo che vi siano risorse sufficienti per la transizione verso un’economia a zero carbonio, nonché per fronteggiare gli impatti ormai inevitabili dei cambiamenti climatici con efficaci politiche di adattamento.