Sversamento greggio a Genova, Legambiente: urgente avviare al più presto la bonifica dell’area
Subito verifica nazionale sulle condizioni degli impianti petroliferi e sui piani antinquinamento
[26 Aprile 2016]
Mentre è cominciata l’opera di minimizzazione della marea nera provocata dall’incidente petrolifero di Genova, Santo Grammatico, presidente di Legambiente Liguria, sottolinea: «Anche se il pericolo nel Mar Ligure e nel Santuario dei mammiferi marini Pelagos sembra scampato, ora è urgente che si quantifichi al più presto il danno ambientale, perché nei rii e torrenti è stato spazzato via un intero sistema ecologico ed andrà avviata una accurata bonifica. Se l’emergenza in mare è conclusa resta, infatti, quella a monte. La lezione che arriva da Genova la impartisce ancora una volta il sistema di rii e torrenti. Inoltre è importante ricordare che per la convivenza con gli impianti a rischio di incidente rilevante non esiste una sicurezza al cento per cento. Per questo è necessario avviare una transizione che porti rapidamente ad una economia post fossili, capace di garantire salute, ambiente e lavoro, cominciando la conversione delle industrie più pericolose».
Andrea Agostini, vicepresidente del circolo Nuova Ecologia di Genova di Legambiente ha detto: «Possiamo poi parlare di un disastro ambientale: otto chilometri in un fiume sono molti, otto chilometri dove c’erano caprioli, granchi di fiume, uccelli, pesci. Sappiamo che di quella vita non è restato nulla e che per molto tempo la situazione resterà identica.
Non c’è nulla di casuale. Quell’azienda è responsabile di decine di incidenti»,
Dopo il sopralluogo sul Rio Fegino il ministro dell’ambiente Gian Luca Galletti ha detto che «E’ terminata la fase d’emergenza: valuteremo il danno, faremo un progetto di bonifica che possa ripristinare i luoghi. Non voglio fare trionfalismi ma i lavori, grazie a un buon lavoro di squadra, hanno dato un risultato positivo ma non ci dobbiamo fermare. Resta il disastro ambientale. Il lavoro non finisce qui. Oggi comincia il lavoro più difficile, quello della bonifica. Chi inquina deve pagare, ma in Italia c’è un problema di controlli. Stiamo approvando una legge che permetterà a Ispra, l’agenzia nazionale di protezione ambientale, di dettare delle regole sui controlli».
Secondo Galletti, «La “macchina” dei soccorsi ha saputo reagire. Aspettiamo i risultati delle indagini, poi trarremo le conseguenze. Ma mi aspetto che per la Pubblica amministrazione non ci siano costi. Se ci saranno problemi finanziari durante l’azione di bonifica sicuramente un supporto da parte del ministero ci sarà. Mi sono raccomandato con tutti i soggetti del tavolo tecnico affinché questa vicenda continui ad essere trattata con la massima trasparenza. Tutti i dati raccolti dai diversi enti impegnati nella bonifica devono essere comunicati alla popolazione. Non abbiamo niente da nascondere. E’ necessario fare una riflessione sulle fonti fossili. E comunque è necessario farla a pochi giorni dalla firma dell’accordo di Parigi che porterà alla decarbonizzazione del pianeta. E’ chiaro che questo problema richiede una fase di transizione. Dobbiamo cominciare a rinvestire sulle rinnovabili ma dobbiamo anche sapere che per un po’ di tempo continueremo ad avere bisogno delle fonti fossili. Sarà necessario fare in modo che questa fase di transizione duri il meno possibile».
Legambiente ricorda al ministro e ai politici locali e nazionali che, secondo i dati di Assocostieri, l’Associazione nazionale dei depositi costieri di olii minerali, «In Italia ci sono molti impianti legati alla lavorazione ed allo stoccaggio di petrolio collocati lungo le coste della nostra penisola: 73 impianti di depositi di oli minerali distribuiti in tutte le regioni costiere, con una capacità di stoccaggio di oltre 13 milioni di mc; 11 impianti di raffinazione per un totale lavorato pari a oltre 108,5 milioni di tonnellate di greggio all’anno (5 in Sicilia, 1 in Emilia Romagna, Marche, Toscana, Puglia, Veneto e Sardegna); infine 8 impianti petrolchimici per un totale di circa 13 milioni di tonnellate di materiale lavorato all’anno».
Rossella Muroni, presidente nazionale di Legambiente, conclude: «Oggi le fonti fossili ci presentano il conto, rendendo evidenti i limiti sanitari, ambientali, economici e sociali del loro utilizzo. L’incidente avvenuto alla raffineria Iplom di Busalla, vicino Genova, non va sottovalutato, anzi dimostra quanto sia necessario ed urgente superare al più presto l’utilizzo delle fonti fossili per garantire la convivenza dei cittadini, la loro salute e quella dei sistemi ecologici vitali anche nelle nostre città, con le attività produttive e il lavoro. In Italia se c’è una fuoriuscita di petrolio da un impianto si minimizza dicendo che la situazione è sotto controllo, dimenticando i danni che un incidente simile causa all’ambiente e all’ecosistema marino. Inoltre ci si ostina a considerare le vecchie ed inquinanti fonti fossili la miglior fonte energetica per il Paese, nonostante il grande crescere delle rinnovabili e gli impegni presi alla Cop21 di Parigi e a New York con la firma degli accordi sul clima. In Francia, invece, dopo la rottura accidentale di un oleodotto sotterraneo che ad inizio aprile ha causato la fuoriuscita di 550mila litri di olio combustibile, il ministro dell’ambiente francese Ségolène Royal ha avviato una moratoria sulle ricerche d’idrocarburi nel Mediterraneo, dicendo no alle trivelle e sostenendo le rinnovabili. L’ora dei rinvii è finita, l’Italia si rende indipendente dalle fonti fossili per evitare che si ripetano altri incidenti come accaduto da ultimo a Genova. E in attesa che a Genova si avvii al più presto la bonifica dell’area, chiediamo una verifica a livello nazionale sulle effettive condizioni degli impianti petroliferi presenti lungo la Penisola e sui relativi piani di intervento antinquinamento».