Il 51% delle persone definisce uno dei “cittadini globali”. Sondaggio Bbc in 18 Paesi (VIDEO)
I più “globalizzati” sono i nigeriani. Tedeschi e russi i più ostili a immigrazione e matrimoni misti
[2 Maggio 2016]
Secondo il sondaggio “Global Citizenship A Growing Sentiment Among Citizens Of Emerging Economies: Global Poll” pubblicato nei giorni scorsi da BBC News, che lo aveva commissionato a GlobeScan, ormai la maggioranza delle persone del mondo si identifica più come un cittadino globale che come appartenente ad un singolo Paese o a una religione o comunità identitaria. Il sondaggio mostra anche come cambiano gli atteggiamenti riguardo all’immigrazione, alla disuguaglianza ed alle diverse realtà economiche, con molte sorprese, non sempre positive. .
Prendendo in considerazione tutti i 18 Paesi in cui è stato realizzato il sondaggio BBC/GlobeScan, per la prima volta del 2001, quando è cominciata la ricerca, il 51% degli intervistati si vedono più come cittadini globali che come cittadini nazionali. Nel 2002 si riteneva “globale” solo il 42% degli intervistati.
Una tendenza che è particolarmente marcata nelle economie emergenti, ance in Paesi ad alto tasso di nazionalismo come Cina e India. E’ invece i Russia che i cittadini si sentono più nazionalisti, seguita dalla ricca Germania, che ha sfruttato e sta sfruttando la globalizzazione delle merci ma che sembra terrorizzata dalla globalizzazione delle persone.
La BBC spiega che «Più della metà degli intervistati (56%) nelle economie emergenti si considerano prima di tutto come cittadini globali, piuttosto che i cittadini nazionali. In Nigeria (73%, con un più 13%), la Cina (71%, il +14%), Perù (70% e il 27% in più) e India (67%, più 13%) il dato è particolarmente marcato. Per contro, la tendenza nei Paesi industrializzati sembra andare nella direzione opposta. In queste nazioni più ricche, il concetto di cittadinanza globale sembra aver subito un grave colpo dopo il crollo finanziario del 2008. In Germania, per esempio, solo il 30% degli intervistati si considerano cittadini globali». Secondo Lionel Bellier da GlobeScan, «Questa è la percentuale più bassa vista in Germania da quando il sondaggio è iniziata 15 anni fa. Deve essere guardata nel contesto di un ambiente politicamente ed emotivamente molto pesante, in seguito alla politica di Angela Merkel di aprire le porte a un milione di profughi l’anno scorso». Il sondaggio suggerisce che la Germania dovrebbe essere più cosciente sulla necessità di accogliere in futuro i migranti e su come farlo.
Nonostante tutto, il 54% dei tedeschi ha approvato l’accoglienza dei profughi siriani nel loro Paese, ma sono dati sideralmente diversi da quelli della Spagna, dove l’84% delle persone è disposta ad accogliere i profughi siriani, ma anche dalla Gran Bretagna, dove il governo conservatore non ha certo una politica di accoglienza verso i profughi siriani ma la percentuale di favorevoli è molto più alta di quella tedesca: il 72%.
Una quota significativa di tedeschi innalza barriere difensive anche quando viene chiesto loro di rispondere a domande che hanno che fare con l’immigrazione e la società. Per esempio, sulla questione se i matrimoni misti siano stati uno sviluppo positivo, solo il 34% li considera positivi, mentre il 46% dei intervistati tedeschi non sono sicuri su come rispondere oppure dicono che dipende da quali siano le circostanze. Risposte in netto contrasto con altri Paesi europei: in Spagna l’approvazione è addirittura al 91%, in Gran Bretagna l’86% e in Francia, nonostante gli attentati terroristici, la gente è più decisamente a favore (79%) dei matrimoni tra persone di diverse provenienze etniche e religiose che in Germania. Addirittura gli iper-nazionalisti russi sono più favorevoli (43%) ai matrimoni misti dei tedeschi. Bellier dice che in Germania c’è molta incertezza: «Gli intervistati tedeschi stanno mostrando un alto livello di indecisione, quando gli viene chiesto se approvare o disapprovare di questi sviluppi e se accettano il fatto che il loro Paese avrà un vantaggio dai rifugiati».
Ma i dati globali del sondaggio mostrano anche che ci sono chiare differenza negli atteggiamenti nei diversi all’interno continenti.
In Europa, è la Russia ad avere la più forte avversione (43%) per i matrimoni misti, con una forte disapprovazione per quelli tra persone di diversi gruppi etnici, evidentemente , il nazionalismo putiniano sta facendo piazza pulita delle riminescenze internazionaliste sovietiche e, in un Paese che ospita numerosissimi popoli con lingue, religioni e culture diverse, riprendono vigore le suggestioni imperial-coloniali zariste. All’estremo opposto dell’internazionalizzazione c’è la solita Spagna, dove solo il 5% dei cittadini si oppone ai matrimoni misti e che è anche il Paese europeo dove maggior numero di intervistati si vedono come cittadini globali. La Russia, che dopo il crollo del comunismo alimentò una forte migrazione di massa verso l’Occidente, sembra essere il Paese dove è più forte l’opposizione verso l’immigrazione, con esiti paradossali: i soldati e gli aerei di Mosca stanno combattendo e bombardando in Siria con un forte appoggio dell’opinione pubblica russa, ma solo l’11% dei russi intervistati approverebbe di accettare in Russia profughi provenienti dalla Siria. E’ naturalmente la Spagna, con l’84% dei favorevoli, il Paese più accogliente verso i rifugiati dal conflitto siriano.
Differenze di atteggiamenti che emergono anche in Nord America: il 77% dei canadesi si dice pronto ad accogliere i rifugiati siriani in fuga dal proprio Paese, una percentuale che scende al 55% negli Stati Uniti.
In Asia, la sterminata e frammentata Indonesia ha uno scarso senso di cittadinanza nazionale (4%), mentre gli indonesiani hanno un senso di appartenenza alle comunità locali molto più forte: più della metà degli intervistati vedono nelle loro comunità il modo più importante di definirsi. Nonostante la sanguinaria propaganda del jihadismo armato, in generale, la religione gioca un ruolo molto piccolo su come le persone si definiscono rispetto alla nazionalità, con un’unica grande eccezione: il Pakistan, dove il 43% dei cittadini si identificano prima di tutto per la loro religione, una percentuale notevolmente superiore rispetto a qualsiasi altro Paese. Differenze ce diventano accentuatissime se si passa ad analizzare le risposte nei Paesi ricchi e industrializzati: negli Usa della destra evangelica che tira la volata elettorale a Donal Trump, solo il 15% degli intervistati si definisce prima di tutto dalla religione. Nei Paesi europei la percentuale precipita al 5%.
Cosa significhi “cittadinanza globale” è un concetto difficile da definire: pur alcuni riguarda la globalizzazione economica, per altri un impulso altruistico ad affrontare con unbo spirito di solidarietà i grandi problemi del mondo, dal cambiamento climatico alla disuguaglianza nel mondo tra Paesi ricchi e Paesi via di sviluppo e l’interno dei singoli Paesi. La cittadinanza globale potrebbe anche riguardare la facilità di comunicazione in un’epoca interconnessa e la comunità mondiale che si tiene in contatto e scambia opinioni e informazioni sui social media. Per molti riguarda la migrazione e la libera circolazione di tutti gli esseri umani. «Stiamo, dopo tutto, testimoniando i più grandi movimenti di persone a partire dalla Seconda Guerra Mondiale – concludono alla BBC – Questo non è portato solo da guerre e conflitti, avviene anche perché il mondo nel suo insieme sta diventando sempre più prospero e viaggi in aereo stanno diventando sempre più convenienti con l’aumento delle classi medie». Insomma, le persone stanno diventando sempre più connesse e mobili e nessuno potrà fermare l’umanità meticcia e globalizzata, nemmeno le paure dei tedeschi e il nazionalismo dei russi.