Rifiuti, quale raccolta differenziata? Si avvicina il metodo di calcolo unico in tutta Italia
Dopo vent’anni d’attesa, il ministero dell’Ambiente pubblica in Gazzetta ufficiale le linee guida
[28 Giugno 2016]
In un decreto del ministero dell’Ambiente, pubblicato in Gazzetta ufficiale, sono contenute le linee guida nazionali per un metodo di calcolo unico della raccolta differenziata dei rifiuti urbani e assimilati, cui tutte le Regioni dovranno attenersi nel dotarsi dei propri metodi di calcolo e di certificazione: una novità in materia era attesa da lustri.
Da quando la raccolta differenziata è stata introdotta in Italia dal decreto Ronchi sono passati venti anni. Due decenni durante i quali ad ogni territorio è stata lasciata ampia libertà nel conteggiare la propria raccolta differenziata, inserendo o meno alcune frazioni di rifiuti. Già il decreto Ronchi prevedeva l’istituzione di un metro comune al Paese, ma non è mai arrivato e solo la Regione Toscana (tramite l’Agenzia regionale recupero risorse) ha iniziato a certificare i dati raccolti sul territorio. I risultati parlano da soli: i dati raccolti in materia di raccolta differenziata (per non parlare delle fasi successive, in primis il riciclo) sono stati confusi, disomogenei, inappropriati.
«L’Italia della raccolta differenziata – dichiara il ministro dell’Ambiente, Gian Luca Galletti – viaggia ancora a diverse velocità, anche a causa della confusione generata da strumenti di calcolo differenti da una Regione all’altra, cui segue un’ovvia difficoltà nel rendere omogenea l’applicazione del tributo. Queste linee guida nazionali sono funzionali a portare tutto il nostro Paese verso l’economia circolare, adeguandolo agli standard europei di differenziata (in realtà, anche all’interno delle linee guida del ministero si riconosce che “La direttiva 2008/98/CE, pur non prevedendo target di raccolta differenziata”, si riferisce piuttosto a target di riciclo, ndr) e superando la realtà delle discariche in cui purtroppo va ancora gran parte dei rifiuti nazionali».
Adesso il decreto che attua l’articolo 32 del Collegato ambientale secondo il ministero dell’Ambiente permetterà un reale confronto dei risultati tra le diverse aree geografiche del territorio nazionale e tra i comuni, calibrando i tributi comunali a seconda dei livelli di raccolta raggiunti e certificati dalle regioni. Questo almeno è l’auspicio. Sulla base delle linee guida fornite dal ministero, stando a quanto riporta il Collegato ambientale, saranno ora le singole regioni a dover definire “il metodo standard per calcolare e verificare le percentuali di raccolta differenziata dei rifiuti solidi urbani e assimilati raggiunte in ogni comune”. Visti i precedenti, non sarebbe stato più appropriato definire già a livello nazionale un singolo metodo standard, anziché le sole linee guida? Per quelle regioni che non si adegueranno (in quali tempi?) nell’elaborazione di un metodo standard di calcolo, non appaiono inoltre esplicitate sanzioni stringenti di sorta. Tenuto conto del quasi ventennale pregresso, con alta probabilità l’eterogeneità nel calcolo della raccolta differenziata permarrà, con buona pace della – a dire il vero cruciale – chiarezza del dato.
Quello offerto dal ministero dell’Ambiente rimane dunque un passo avanti, ma la partita è ancora apertissima. In attesa che, magari, si decida di metter mano non solo alla contabilità della raccolta differenziata, ma anche a quella legata al vasto mondo dei rifiuti speciali. Un mondo grande circa 4 volte quello dei rifiuti urbani, e di cui si sa (e ci si interessa) ancora pochissimo.