I rifiuti nel mare costano 476,8 milioni di euro l’anno all’Unione Europea
Economia circolare: dal marine litter alla marine strategy
Con riciclo, riparazione e riuso/riprocessamento, 30mila posti di lavoro in più nel Sud Italia
[1 Agosto 2016]
Con due iniziative a Capojale in Puglia e a Termoli in Molise, Goletta Verde ha voluto attirare l’attenzione sul tema del marine litter (rifiuti marini, ndr): infatti, durante il suo viaggio lungo le coste italiane l’imbarcazione del Cigno Verde conduce un’indagine sulla quantità di rifiuti presenti nel mare. Nel 2015 «su 2.600 km percorsi ha annotato, in 205 ore di osservazione, 2.597 rifiuti galleggianti. Di questi, ben il 95% è costituito da plastica, soprattutto teli (39%) e buste di plastica, intere e frammentante (17%), concentrate soprattutto nel Mar Adriatico (dove se ne contano 5 ogni kmq). Presenti anche cassette di polistirolo e frammenti (7%), bottiglie di plastica (6%), reti e lenze (5%), stoviglie di plastica (2%). Su un impatto totale del 12%, la presenza più massiccia dei rifiuti legata al settore pesca è stata registrata nel mar Adriatico (55%) e, in particolare, nella parte centro-settentrionale dove è presente il 43% di tutti i rifiuti monitorati a livello nazionale». Inoltre, Goletta Verde ha monitorato anche il beach litter, conducendo un’indagine sui rifiuti spiaggiati con l’obiettivo di indagare quantità e tipologia di rifiuti presenti sui nostri litorali. In Adriatico, in particolare, quest’anno sono state 10 le spiagge monitorate, sulle quali sono stati ritrovati 5.210 rifiuti, di cui il 75% di dimensioni minori a 25 cm, con una media di 521 rifiuti ogni 100m. Di questi, l’85% è costituito da plastica e il 17% deriva da attività legate alla pesca, a fronte di una media nazionale del 6%.
Legambiente sottolinea che «il problema del marine litter non riguarda però solo gli ecosistemi e gli equilibri naturali del mare. La dispersione dei rifiuti in acqua ha infatti delle ripercussioni enormi nell’economia locale e globale. Secondo uno studio commissionato dall’Unione Europea, il marine litter costa all’Ue ben 476,8 milioni di euro l’anno. Invece il costo totale dell’impatto per il settore della pesca è stimato intorno ai 61,7 milioni di euro all’anno. Eppure se si mettessero in campo delle politiche di prevenzione ad hoc, oltre a ridurre i rifiuti in mare, si avrebbero risultati non indifferenti: con l’adozione degli obiettivi Ue, l’adozione di un unico standard di valutazione, l’aumento del riciclaggio dei rifiuti e del packaging, la riduzione e l’eliminazione delle discariche, l’Ue che agisca sul problema come un soggetto unico, adottando gli standard dei migliori 3 stati membri, si avrebbe la massima riduzione del marine litter (-35,45%) e un ricavo sui costi di 168,45 milioni di euro l’anno».
Secondo la portavoce di Goletta Verde, Katiuscia Eroe, «è fondamentale riunire attorno ad un tavolo amministrazioni, cittadini e soprattutto le aziende che lavorano in mare ogni giorno per tentare di risolvere un problema verso il quale è possibile porre un freno solo se agiamo in tempo. È bene che, oltre alla Comunità europea, anche l’Italia faccia la sua parte e raccolga la sfida lanciata dalla direttiva Marine strategy ai Paesi membri: raggiungere il buono stato ecologico per i nostri mari entro il 2020».
Davide Sabbadin, del direttivo nazionale Legambiente, ricorda che «a Bruxelles in questi mesi è in discussione al Parlamento europeo la strategia europea sull’Economia circolare. Si tratta non solo di una norma centrale per fermare i cambiamenti climatici ma rappresenta anche per il nostro Paese, leader in questo settore, un elemento importante per rilanciare l’economia e combattere concretamente fenomeni come il marine litter, esplicitamente previsto nel pacchetto europeo. Solo con la prevenzione dei rifiuti, attraverso il riuso, il recupero dei materiali nella progettazione del nuovo, ed il ridisegno dei prodotti con bioplastiche (una strategia, quest’ultima, sulla cui efficacia per la riduzione del marine litter l’Unep ha però sollevato importanti dubbi, ndr) è possibile raggiungere un cambiamento radicale nel settore della pesca, responsabile per il 55% del marine litter nell’Adriatico. L’economia circolare è il tassello principale dell’economia del futuro».
E di questi temi se ne è parlato a Termoli alla tavola rotonda “Economia circolare, proposte e buone pratiche per la gestione dei rifiuti marini”, dove la presidente Legambiente Molise, Manuela Cardarelli, ha sottolineato che «è fondamentale intervenire prima che sia troppo tardi. È preoccupante constatare una presenza così massiccia di plastica anche nell’Adriatico settentrionale, il rifiuto più persistente nell’ambiente ma anche quello più dannoso per l’ecosistema e la fauna marina, visto che l’ingestione del marine litter, da parte di tartarughe e cetacei, provoca gravi danni, spesso letali. Questi frammenti, poi, una volta ingeriti dai pesci, finiscono sulle nostre tavole, contaminando di fatto l’intera catena alimentare. I dati raccolti a bordo di Goletta Verde confermano la gravità di un problema acclarato anche dalla comunità scientifica internazionale e per il quale bisogna adottare urgenti misure di intervento e prevenzione. Anche l’Italia faccia la sua parte e raccolga la sfida lanciata dalla Comunità Europea ai paesi membri con la direttiva Marine strategy: raggiungere il buono stato ecologico per i nostri mari entro il 2020».
Rossella Muroni, presidente Legambiente, conclude: «L’economia circolare ha un indubbio risvolto occupazionale ed economico, significherebbe oltre 30mila posti di lavoro qualificati e stabili per il solo Sud Italia al 2030, la maggior parte nel settore del riciclo (56%), della riparazione (13%) e del riuso/riprocessamento (28%) dei prodotti, ma anche nel settore della bioeconomia. Il tasso di disoccupazione scenderebbe, solo per effetto di queste misure, dello 0,7%, con un risparmio annuale di più di 200 milioni di euro in ammortizzatori sociali».