Avvertimento a Vietnam, Usa e Filippine: aerei cinesi pattugliano il Mar Cinese Meridionale

Giappone – Cina: risale la tensione per le isole contese

Navi cinesi alle Senkaku/Diaoyu, Scoperto radar militare su una piattaforma offshore

[8 Agosto 2016]

Il Giappone ha scoperto un radar cinese installato su una piattaforma per l’estrazione di gas in un’area del  Mar Cinese Orientale rivendicata sia da Pechino che da Tokyo. Il governo giapponese teme che sia un segnale della volontà dei cinesi di controllare il territorio marittimo attraverso mezzi militari e per questo  ha presentato una denuncia contro la Cina. Secondo i giapponesi il radar installato sulla piattaforma offshore  è dello stesso tipo installato sulle navi militari e non su impianti per la trivellazioni di idrocarburi e i media giapponesi scrivono esplicitamente di un tentativo della Cina di controllare il  Mar Cinese orientale con radar militari montati su piattaforme che Tokyo considera illegali.

Ieri un portavoce del ministero degli esteri giapponese ha comunicato che già due giorni prima Tokyo aveva inviato una nota di protesta a Pechino, invitando la Cina a spiegare lo scopo del radar. La scoperta del radar la piattaforma offshore era avvenuta alla fine di  giugno.

Il 6 agosto Tokyo aveva consegnato un’altra protesta a Pechino per la violazione della sua sovranità dopo che navi della Guardia Costiera cinese avevano scortato circa 230 pescherecci vicino alle isole Senkaku, che i cinesi chiamano Diaoyu e dicono che appartengono storicamente alla Cina, tanto che le rivendiva anche Taiwan.

Il problema è che più che del nazionalismo la disputa armata riguarda le risorse: i fondali delle remote Senkaku/Diaoyu sono ricchi di riserve di petrolio e di gas e attualmente sono rivendicati  da Cina, Giappone e Corea del Sud con i loro 200 miglia delle rispettive Zone economiche esclusive (Zee), che si sovrappongono l’una con l’altra. I rapporti tra Cina e Giappone sono state complicati dalla disputa territoriale su un gruppo di isolotti e scogli disabitati, attualmente amministrati da Tokyo, vicini a importanti rotte di navigazione.

La tensione è alle stelle e la Guardia costiera giapponese ha rafforzato le sue pattuglie intorno alle Senkaku/Diaoyu che fronteggiano almeno 13  navi militari cinesi. Secondo i militari giapponesi «Si tratta della più importante intrusione di navi  da quando il governo giapponese ha acquistato alcune delle isole nel settembre 2016» Di solito, i pescherecci cinesi arrivano nel mare intorno alle  Senkaku/Diaoyu proprio ad agosto e un accordo tra Cina e Giappone permette loro di pescare, ma il 5 agosto 2 navi della Gardia costiera cinese e un peschereccio sono entrati nelle acque territoriali giapponesi, seguite il 6 agosto da altre 7 navi battenti la bandiera rossa con le cinque stelle. Il 7 agosto le navi militari cinesi erano diventate 13.

La radio nazionale giapponese Nhk ha detto che stanotte Kimihiro Ishikane, direttore generale dell’ufficio politico estero, ha nuovamente recapitato una protesta ufficiale all’ambasciata cinese a Tokyo per «Le intrusioni di navi cinesi nelle acque territoriali giapponesi intorno alle isole Senkaku». Ishikane ha invitato «Le navi cinese a lasciare immediatamente le acque territoriali e la zona contigua situata all’esterno delle acque territoriali», aggiungendo che si tratta di una «violazione della sovranità del Paese e non saranno tollerate. E’ del tutto intollerabile che la parte cinese ignori le vive proteste giapponesi e penetri a più riprese nelle acque territoriali giapponesi in maniera unilaterale, il che contribuisce ad aggravare le tensioni nella regione».

Le cose non vanno meglio più a sud, nel Mar Cinese Meridionale, dove Pechino è accusata dagli Usa e dai loro alleati nel sud-est asiatico di voler militarizzare la disputa territoriale su altri arcipelaghi ricchi di pesce, petrolio e gas. Cina, Brunei, Malaysia, Filippine, Taiwan e Vietnam hanno tutti rivendicazioni territoriali nella zona dove negli ultimi anni la Cina ha notevolmente sviluppato la sua presenza civile e militare costruendo isole artificiali, porti, aeroporti,  radar e di sistemi di difesa aerea.

Oggi il portavoce delle Forze aeree dell’Esercito popolare di liberazione, Shen Jinke, ha annunciato che  «Aerei della Forza aerea della Cina, tra i quali dei bombardieri H-6 e Su-30, hanno ispezionato lo spazio aereo intorno alle isole Nansha e dell’isola di Huangyan nel Mar Cinese Meridionale. La missione fa parte de dell’addestramento al combattimento reale per migliorare la risposta della Forza aerea di fronte alle minacce alla sicurezza». Le Nansha sono le Spratly Islands, che i vietnamiti chiamano Quần đảo Trường Sa e dove i cinesi trivellano gas e petrolio, nonostante Hanoi le consideri territorio nazionale vietnamita.

E’ così che la Cina ha accolto l’ex presidente delle Filippine Fidel Ramos che da oggi è in visita a Pechino per  conto del nuovo presidente filippino Rodrigo Duterte per avviare colloqui tra Manila e Pechino  proprio sulle isole contese.  Il governo cinese ha dichiarato di essere «pronto a contunuare a risolvere la disputa pacificamente, attraverso i negoziati e le consultazioni con i Paesi direttamente interessati (quindi non con gli Usa, ndr) e sulla base del rispetto dei fatti storici e del diritto internazionale».

Naturalmente la Cina dice che i fatti storici e il diritto internazionale dimostrano che le isole e il mare contesi sono cinesi.