Turchia, Iran, Russia e Siria alleati contro di Kurdi del Rojava?

Vogliono impedire che si crei un’entità autonoma progressista kurda sulla rotta del petrolio

[22 Agosto 2016]

La Turchia non è riuscita a schiacciare, utilizzando lo Stato Islamico/Daesh,  quello che le fa più paura: il progetto democratico progressista del kurdi del Rojava ed è probabilmente per questo che ha deciso di cambiare cavallo e di allearsi con la Russia, l’Iran e addirittura  il regime di Assad – che fino a ieri voleva abbattere ad ogni costo – per impedire ai kurdi di costituire un’entità progressista nel nord della Siria che potrebbe diventare un esempio democratico per l’intero Medio Oriente e una pericolosa sirena per i kurdi turchi che Erdogan contini a bombardare e perseguitare spietatamente. ibuire a sopprimere i curdi.

Come scrive Gareth Porter su Truthout,  «A maggio Erdogan ha iniziato a cercare  una politica alternativa più in linea con il primario interesse strategico della Turchia in Siria: contenere la minaccia delle richieste curde di uno Stato separato». L’accordo annunciato nei  principi generali per porre fine alla crisi siriana è solo l’inizio di un processo negoziale che dovrebbe stringere una morsa politica intorno ai kurdi mentre Assad ha ripreso i bombardamenti e gli attacchi contro le milizie progressiste siriane.  Come ha spiegato ad Al Hayat il ministro degli esteri iraniano, Hossein Ansari Jaberi, «Questo accordo sulle linee generali contribuirà a creare un ambiente adatto per risolvere la crisi siriana». E i kurdi sono una grossa grana anche per Teheran che deve vedersela con i guerriglieri del Partiya Jiyana Azad a Kurdistanê‎ (Pjak)..

E’ anche possibile che la Turchia stia utilizzando la minaccia di allearsi con la Russia e l’Iran sulla Siria per costringere gli Stati della coalizione anti-Daesh a guida Usa a ridurre la loro dipendenza dalle forze curde nel nord della Siria: il problema principale che divide le politiche degli Stati Uniti – che hanno stretto un’alleanza con i progressisti del Rojava – e da quelle della Tirchia sul conflitto siriano . Ma già prima del fallito colpo di Stato in Turchia e della  nuova offensiva di Al-Nusra, il ramo siriano di Al-Qaeda ad Aleppo, il premier turco Binali Yıldırım aveva fatto capire che Erdogan aveva intenzione di rivedere la sua politica verso la Siria per impedire che i kurdi siriani  consolidino il loro Stato autonomo nel Rojava. Secondo la soluzione della crisi siriana richiederebbe «due condizioni fondamentali: in primo luogo di preservare l’unità territoriale della Siria e in secondo luogo, che venga istituito un sistema di governo nel quale siano rappresentate tutte le etnie e religioni».  Yildirim ha paventato  lo spettro di una deriva internazionale – leggi americana –  verso il partizionamento della Siria: «Qualcuno verrebbe a dire: darò l’Occidente della Siria a uno  e il sud ad un altro e il nord ai kurdi. Questo non è possibile».  Quindi la Turchia, che fino a ieri sosteneva il Daesh in funzione anti-kurda, oggi abbandona il Daesh sconfitto sul terreno dai kurdi per allearsi con il regime di Assad per impedire che i kurdi realizzino  un’alternativa progressista, pluralistica e federale in Siria e per farlo continua a finanziare ed armare i gruppi jihadisti che fino a ieri dicevano di essere interessati a combattere solo gli apostati del regime baathista.

La Turchia è molto preoccupata perché il suo incubo kurdo si sta materializzando nel nord della Siria grazie anche all’alleanza militare  de facto  che l’amministrazione Obama ha realizzato con i “comunisti” delle milizie Yekîneyên Parastina Ge (Ypg) e Yekîneyên Parastina Jin (Ypj – milizie femminili), il braccio armato del Partiya Yekîtiya Demokrat (Pyd) nella guerra contro Daesh. Questa politica ha incoraggiato i kurdi e le milizie progressiste arabe siriane loro alleate a  continuare a estendere il loro controllo del territorio verso ovest lungo il confine con la Turchia.

La Turchia è particolarmente preoccupata dal fatto che le unità delle Ypg/Ypj abbiano già varcato la linea rossa che aveva stabilito ad ovest del fiume Eufrate, che era della Turchia ha annunciato pubblicamente “linea rossa”, e non intendono fermarsi e proprio ieri ha annunciato un’offensiva delle forze jihadiste siriane – e l’arrivo di mezzi e uomini dal confine turco –  contro il Daesh e che è in realtà il tentativo di cercare di bloccare l’avanzata kurda. Il tutto senza che russi, iraniani e siriani battessero ciglio e mentre gli aerei di Assad bombardavano le postazioni delle Ypg/Ypj. La Turchia ha paura che i kurdi riescano a riunire  il territorio diviso del Rojava occupando il corridoio a nord della Siria ancora in mano alle milizie jihadiste filo-turche, vitale per far passare uomini e per le rotte del petrolio verso la Turchia.

Porter su Truthout sottolinea che «La Turchiasta chiedendo agli Stati Uniti di mantenere la loro promessa che i kurdi si ritireranno a est dell’Eufrate, ma le Ypg hanno detto che intendono  collegare Manbij – la città ad ovest dell’Eufrate che hanno appena aiutato a liberare dal Daesh – con Afrin e poi prendere il controllo della città di al-Bab, al confine, unendo così due zone sotto controllo kurdo recentemente separate».

La Turchia teme che un consolidamento del potere della sinistra kurdo/siriana su un ampio territorio sul suo confine incoraggerà i militanti del  Partîya Karkerén Kurdîstan (Pkk – Partito dei lavoratori kurdi) a chiedere un loro Stato in Turchia (che tra l’altro il Pkk non chiede più)  e Yildirim ha dichiarato:  «Uno Stato curdo in Medio Oriente non porterà a una soluzione».

Evidntemente per Erdogan, Putin, Assad e Rohani la soluzione è continuare a bombardare i matrimoni kurdi e a mettere a ferro e fuoco le città kurde nel Rojava e in Turchia e a continuare la guerra sporca contro il Pkk in Iraq e contro il Pjak in Iran.