Global warming, verdetto shock: ormai irrealizzabile l’obiettivo dei 2 gradi centigradi
[3 Giugno 2013]
Mentre a Bonn comincia il nuovo round dei Climate change talks dell’Unfccc, lo Swp Research Paper della Stiftung Wissenschaft und Politik – German Institute for International and Security Affairs pubblica il rapporto di Oliver Geden Modifying the 2°C Target – Climate Policy Objectivesin the Contested Terrain of Scientific Policy Advice, Political Preferences, and Rising Emissions, dove afferma che i responsabili delle politiche climatiche devono fissare un nuovo obiettivo globale per l’innalzamento delle temperature, visto che l’obiettivo attuale, ossia quello di limitare l’aumento entro i 2 gradi centigradi, non è più realizzabile.
Secondo Geden, «Nei 20 anni da quando è stata adottata la United Nations framework convention on climate change, i progressi in materia di politica climatica globale sono stati modesti. Dal 1992, le emissioni annuali di gas serra sono aumentate di oltre un terzo. Acuti conflitti di interessi rimangono un ostacolo persistente. Uno dei pochi punti di consenso generale nella comunità internazionale è l’obiettivo generale di limitare l’aumento della temperatura a due gradi Celsius. Se uno dovesse accettare le raccomandazioni chiave di consulenti di politica scientifica, le emissioni dovranno essere ridotte in modo significativo tra il 2010 e il 2020 per rimanere al di sotto del limite di 2° C. Eppure, dato che le tendenze delle emissioni globali si stanno muovendo nella direzione opposta e sarà impossibile invertirle nel giro di pochi anni, questo obiettivo è palesemente irrealistico. E dal momento che un obiettivo che è ovviamente irraggiungibile non può soddisfare sia una funzione simbolica positiva o di una funzione di governance produttiva, l’obiettivo primario della politica climatica internazionale dovrà essere modificato».
L’obiettivo esplicito del rapporto tedesco è quello di «Distinguersi dagli innumerevoli studi che dettagliano teoricamente le possibili misure per evitare di oltrepassare la soglia dei 2° C», vuole invece fornire la prima analisi sistematica delle possibili opzioni per la modifica del target dei 2° C», ponendo una particolare attenzione al rapporto tra scienza climatica e politica climatica.
«Dal momento che l’Unione europea ha questo obiettivo nell’arena politica climatica – ammette Geden – la modifica del target dei 2° C comporta il rischio di danneggiare l’immagine pubblica dell’Ue. Inoltre, porterebbe a un dibattito sull’allentamento degli obiettivi di riduzione delle emissioni interne dell’Ue, che provengono direttamente da dei 2° C. Questo potrebbe diventare una questione molto controversa negli anni a venire, quando l’Ue dovrà decidere sul suo target di emissioni legalmente vincolante per il 2030».
I colloqui di Bonn che preparano la Conferenza delle parti Unfccc di Varsavia, si stanno concentrando sul una riduzione delle emissioni che sia abbastanza veloce da evitare i peggiori effetti del global warming e il pericolo evidenziato dal rapporto del Swp Research Paper che ormai la partita dei 2 gradi sia persa è emerso drammaticamente a maggio, quando i dati scientifici hanno dimostrato che il livello di CO2 nell’atmosfera è ormai a 400 parti per milione, un livello mai visto da milioni di anni. L’Ipccc nel 2007 aveva avvertito che la stabilizzazione della CO2 a 400-440 parti per milione può portare ad un aumento di temperatura di ben 2,8 gradi.
Secondo l’istituto berlinese i leader dell’Unione Europea dovranno sviluppare “idee chiare”, perché l’obiettivo di mantenere l’aumento delle temperature sotto i 2 gradi non è riuscito ad innescare politiche di successo. Stiftung Wissenschaft und Politik avverte la cancelliera tedesca Angela Merkel che «L’Unione europea non sarà in grado di evitare questo problema molto a lungo». Geden nel suo studio raccomanda che i leader mondiali considerino l’obiettivo dei 2 gradi come «Un punto di riferimento che può essere temporaneamente superato, accettare un obiettivo più elevato, o rinunciare del tutto a tale obiettivo».
Le temperature sono già aumentate di circa 0,8 gradi dall’inizio dell’industrializzazione nel XVIII secolo e, nonostante recenti studi dicano che il global warming sia meno rapido di quanto ci si aspettasse, visto un il rallentamento dell’aumento delle temperature negli ultimi anni, un rapporto della Banca mondiale del novembre 2012 avvertiva che il mondo sta andando verso i 4 gradi di riscaldamento e che dovrà affrontare “cambiamenti catastrofici” come ondate di caldo estremo, innalzamento del livello dei mari e carenza di cibo.
Sempre nel novembre 2012, un rapporto dell’Unep dimostrò che gli impegni di riduzione dei gas serra presi dai vari Stati non sono sufficienti a mantenere l’aumento delle temperature globali sotto di 2 gradi. Nella migliore delle ipotesi, nel 2020 le emissioni di CO2 dovrebbero raggiungere l’equivalente di 52 gigatonnellate, superando di gran lunga i 44 miliardi di tonnellate necessarie per non sfiondare il tetto di sicurezza.
Il rapporto tedesco, pur nella sua sconsolante profezia, rafforzerà probabilmente l’impegno del gruppo dei 52 Paesi insulari dell’Aosis e del gruppo dei 49 Paesi meno sviluppati che a Bonn continueranno a chiedere azioni ed impegni immediati per mantenere l’aumento delle temperature globali entro gli 1,5 gradi e che continuano a chiedere ai Paesi sviluppati ed emergenti di esaminare la fattibilità di tale obiettivo alla luce di nuovi dati scientifici prima di raggiungere un accordo entro per un nuovo Protocollo entro il 2015 che dovrebbe sostituire il protocollo di Kyoto dal 2020.
Ma Geden lascia poco spazio alla mediazione: «Se l’Unione europea vuole mantenere il suo ruolo di leader nella politica climatica, dovrà indagare su tutte le opzioni per modificare il target nel più breve tempo possibile, anche quelle che sembrano politicamente sgradevoli».