Rafforzare la resilienza climatica può far risparmiare 100 miliardi di dollari all’anno (VIDEO)
Banca mondiale, rompere il legame tra eventi climatici estremi e povertà estrema
[15 Novembre 2016]
Le catastrofi naturali condannano ancora di più alla povertà le popolazioni che le subiscono e la riduzione della povertà è indissociabile dalla riduzione dei rischi di catastrofe. E’ quanto emerge dal nuovo rapporto “Unbreakable: Building the Resilience of the Poor in the Face of Natural Disasters” presentato dalla Banca mondiale e da Global facility for disaster reduction and recovery (Gfdrr), alla 22esima conferenza delle parti dell’United Nations framework convention on climate change in corso a Marrakech, che sottolinea: «L’impatto dei fenomeni climatici estremi sulla povertà è più presente di quel che si pensava finora: ogni anno raggiunge i 520 miliardi di dollari in perdite di consumi e sprofonda 26 milioni di persone nella povertà
L’attuazione di interventi mirati per rafforzare la resilienza protegge i poveri di fronte agli eventi meteorologici sfavorevoli e può far risparmiare ai Paesi e alle comunità 100 miliardi di dollari all’anno». Che poi sarebbero i finanziamenti previsti dall’Accordo di Parigi perché i Paesi in via di sviluppo possano costruire la loro resilienza e combattere il cambiamento climatico.
La Banca mondiale fa alcuni esempi dell’impatto sociale ed economico dei disastri climatici:
Nel 2013, circa un milione di filippini sono ricaduti nella povertà dopo il passaggio del tifone Haiyan, che ha ridotto l’attività economica di 12,9 miliardi di dollari e distrutto più di un milione di abitazioni.
Poco dopo che il ciclone Aila si è abbattuto nel 2010 sulle coste del Bangladesh, i livelli di disoccupazione e di povertà sono cresciuti rispettivamente del 49 e del 22%.
In Guatemala, le difficoltà economiche provocate dall’uragano Stan del 2005 hanno costretto le famiglie sinistrate a mandare i loro bambini al lavoro invece che a scuola.
La Banco mondiale sottolinea che «Dove colpiscono, le catastrofi naturali lasciano ben più che un campo di rovine: condannano più che mai alla povertà le popolazioni interessate. Pertanto, quando oggi avviene un disastro naturale, è il suo costo finanziario – I Danni inflitti agli edifici, alle infrastrutture e alla produzione agricola – che sono messi in evidenza. Però, dei nuovi lavori di ricerca suggeriscono che non ci si può contentare di ridurre l’impatto di queste catastrofi alle loro conseguenze finanziarie. Perché questo distorce la realtà. Infatti, parlando di soldi, ci si riferisce solo alle perdite subite dalle persone che avevano qualcosa da perdere, quindi a più abbienti. Ma così si ignora totalmente l’impatto devastante sulle popolazioni povere, le cui sofferenze sono, in proporzione, ben più crudeli d coloro che sono messi meglio».
Il nuovo studio di Banca mondiale e Gfdrr mette in guardia contro l’impatto, molto più pesante di quel che si pensava, delle catastrofi naturali sulla lotta alla povertà nel mondo e sottolinea «La necessità di adottar urgentemente delle politiche in grado di proteggere meglio i più vulnerabili di fronte ai rischi del cambiamento climatico».
Il presidente del Gruppo Banca mondiale, Jim Yong Kim, conclude: «Gli shock climatici estremi rischiano di riportare indietro di decenni tutti i progressi ottenuti contro la povertà. Le tempeste, l inondazioni e le siccità hanno delle conseguenze umane ed economiche terribili, che colpiscono spesso in maniera sproporzionata I più poveri. Se il rafforzamento della resilienza si giustifica da un punto di vista economico, è soprattutto un imperativo morale».