MIL€X2017: spese militari italiane a 23,4 miliardi di euro. 64 milioni al giorno, 15 in nuovi armamenti
In 10 anni +21% ( 4,3% in valori reali), dall’1,2 all’1,4% del Pil, non l’1,1% dichiarato dalla Difesa
[24 Novembre 2016]
Il 22 settembre la ministro della difesa, Roberta Pinotti disse «Sulla Difesa non si può più tagliare, dopo che negli ultimi 10 anni le risorse a disposizione sono state ridotte del 27%. Tutto quello che si doveva tagliare si è tagliato, ma ora sul capitolo Difesa è venuto il momento di tornare ad investire». Secondo MIL€X Osservatorio sulle spese militari italiane, che ha presentato l’anticipazione del suo primo rapporto annuale, curato da Enrico Piovesana e Francesco Vignarca, che verrà pubblicato nel gennaio 2017, la dichiarazione della Pinotti «Descrive una situazione discrepante rispetto a quella che emerge dai bilanci del suo stesso Ministero, che per il periodo di riferimento mostrano non un taglio bensì un aumento delle risorse del 7% (da 19 a 20,3 miliardi) in sostanziale costanza del rapporto budget Difesa/Pil (1,28-1,25%), dato, quest’ultimo, indicativo della volontà politica di destinare alla Difesa una porzione fissa della ricchezza nazionale».
MIL€X, un’iniziativa indipendente, lanciata con la collaborazione del Movimento Nonviolento nell’ambito delle attività di Rete Italiana per il Disarmo e finanziata da donazioni private, che si dice «ispirata a princìpi di neutralità politica e obiettività scientifica», precisa che «Si considera il dato a valori correnti, espressione della decisione politica fatta anno per anno dal governo in sede di redazione della Legge di Bilancio. Considerando il dato in valori costanti, espressione della svalutazione inflazionistica e quindi di un fenomeno economico generale non di una decisione politica, nel decennio preso in considerazione si registra una perdita di valore reale del budget del 7%, comunque pari a un quarto rispetto al dato diffuso dal ministro Pinotti».
Il rapporto ricorda che il 4 luglio 2016, «una nota ufficiale del ministro Pinotti smentiva la Nato che nel suo ultimo rapporto annuale sulle spese militari dei Paesi membri evidenziava un aumento della spesa per l’Italia tra il 2015 e il 2016». La Pinotti scriveva: «In relazione alle stime diffuse dalla Nato circa la spesa militare italiana è evidente che non c’è stato alcun aumento nel 2016 rispetto al 2015». Ma MIL€X smentisce quando asserito dalla Pinotti e dal ministero basandosi sul “Documento Programmatico Pluriennale per la Difesa 2016”: «L’evidenza dei dati ufficiali dello stesso Ministero della Difesa mostra in realtà un aumento del 3,2% nel 2016 (20 miliardi) rispetto al budget 2015 (19,4 miliardi) e anche un lieve aumento in termini percentuali sul Pil (da 1,18 a 1,21%).
Secondo MIL€X, «Tutto questo testimonia quanto sia necessario fare chiarezza sulla reale entità e dinamica delle spese militari italiane, certamente non facili da quantificare come dimostra la varietà di stime prodotte dalle principali organizzazioni e istituti internazionali che si occupano del tema come il Sipri, la Nato, l’Onu, l’Ocse e l’Iiss, Istituto internazionale di studi strategici di Londra. Ognuna di queste organizzazioni adotta definizioni e metodi di calcolo, anche molto diversi tra loro, allo scopo di rendere confrontabili le spese militari di tutti i Paesi del mondo, che però risultano inevitabilmente poco precise nel rispecchiare la complessità e le peculiarità della realtà dell’Italia. Nel nostro Paese, infatti, la spesa militare non comprende solo il budget del Ministero della Difesa (nel quale rientrano anche spese non legate alla “difesa” intesa come categoria funzionale) ma anche una seria di altre ingenti spese a carico di altri ministeri ed enti pubblici e di non facile computazione».
Per questo MIL€X dice di aver elaborato «una nuova e accurata metodologia di calcolo delle spese militari italiane, togliendo dal conteggio le spese della Difesa per funzioni non militari (Carabinieri per ordine pubblico e tutela ambientale, considerando solo i Carabinieri in funzione di polizia militare e quelli che partecipano alle missioni militari) e aggiungendo quelle per le privilegiate pensioni del personale militare a risposo pagate dall’Inps, quelle per le missioni militari all’estero a in patria pagate dal ministero dell’economia e delle finanze e soprattutto quelle dei nuovi armamenti pagati dal ministero dello sviluppo economico».
Ne viene fuori che «Nell’ultimo decennio le spese militari italiane sono cresciute del 21% (del 4,3% in valori reali) salendo dall’1,2 all’1,4% del Pil non l’1,1% dichiarato dalla Difesa). L’andamento storico evidenzia una netta crescita fino alla recessione del 2009 con i governi Berlusconi III e Prodi II, un calo costante negli anni post-crisi del quarto governo Berlusconi, una nuova forte crescita nel 2013 con il governo Monti, una flessione con Letta e il primo anno del governo Renzi e un nuovo aumento negli ultimi due anni».
L’anticipazione MIL€X2017 rivela che «L’Italia nel 2017 spenderà per le forze armate almeno 23,4 miliardi di euro (64 milioni al giorno), più di quanto previsto nei documenti programmatici governativi dell’anno scorso. Ancora molto elevati i costi per il personale (per la lentezza con cui procede il riequilibrio interno delle categorie a vantaggio della truppa e a svantaggio di ufficiali previsto dalla riforma Di Paola del 2012). Si registrano forti aumenti per le spese dell’operazione “Strade Sicure” (da 80 a 120 milioni), del trasporto aereo di Stato (per il costo dell’A340 della Presidenza del Consiglio) e soprattutto per l’acquisto di nuovi armamenti (un quarto della spesa militare totale, +10% rispetto al 2016) pagati in maggioranza dal Ministero dello sviluppo economico (che il prossimo anno destinerà al comparto difesa l’86 per cento dei suoi investimenti a sostegno dell’industria italiana)».
L’anticipazione del rapporto evidenzia anche «la stretta relazione tra questo meccanismo di incentivi pubblici all’industria militare nazionale (oltre 50 miliardi di euro di incentivi Mise ai programmi della Difesa negli ultimi 25 anni su iniziativa di governi di tutti i colori) e l’elevato costo dei programmi di acquisizione armamenti (5,6 miliardi nel 2017, 15 milioni al giorno). Urgenza e dimensione del procurement militare risultano infatti determinate non da reali esigenze sicurezza nazionale ma da logiche industrial-commerciali (grandi commesse nazionali in funzione della promozione dell’export, come esplicitato nei programmi Centauro 2 e Mangusta 2) che hanno come effetto programmi sproporzionati rispetto alle necessità. Programmi giustificati gonfiando le necessità stesse (come nel caso del numero degli aerei da sostituite con gli F-35 o delle navi da rimpiazzare con le nuove previste dalla Legge Navale) e ricorrendo alla retorica del ‘dual use’ militare-civile (come nel caso della nuova portaerei Trieste presentata come nave umanitaria, e delle fregate Fremm 2 presentate come unità per soccorso profughi e tutela ambientale)».
MIL€X pur riconoscendo la necessità di mantenere un adeguato livello di prontezza ed efficienza dello strumento militare, dice che «E’ necessaria una maggiore trasparenza e un più attento controllo democratico su questa delicata materia per scongiurare i rischi derivanti da un’eccessiva influenza della lobby militare-industriale, a suo tempo denunciati dal generale e presidente americano Eisenhower: “Dobbiamo vigilare contro l’acquisizione di un’ingiustificata influenza da parte del complesso militare-industriale, sia palese che occulta. Non dobbiamo mai permettere che il peso di questa combinazione di poteri metta in pericolo le nostre libertà e processi democratici. Soltanto un popolo di cittadini allerta e consapevole può trovare un adeguato compromesso tra l’enorme macchina industriale e militare di difesa e i nostri metodi e fini pacifici, in modo che sicurezza e libertà possano prosperare assieme”».