Addio a Tullio De Mauro, faro contro l’analfabetismo funzionale in Italia
[5 Gennaio 2017]
Si è spento oggi a 84 anni Tullio De Mauro, ex-ministro della Pubblica istruzione e celebre linguista italiano. La sua puntuale disamina dell’analfabetismo funzionale in Italia (corroborata da robuste indagini internazionali che hanno trovato spazio anche su greenreport – si veda qui e qui, ad esempio –, con l’indispensabile guida di Vittoria Gallina) ha offerto contributi fondamentali nel circoscrivere le preoccupanti dimensioni del problema, e nel divulgarne le molteplici implicazioni al grande pubblico. La redazione di greenreporti.it si unisce al cordoglio per la sua scomparsa proponendo di seguito un estratto da uno dei suoi più recenti interventi sul tema.
Da molti anni, perlomeno dalla Storia linguistica dell’Italia unita del 1963, ho cercato di raccogliere dati sull’analfabetismo strumentale (totale incapacità di decifrare uno scritto) e funzionale (incapacità di passare dalla decifrazione e faticosa lettura alla comprensione di un testo anche semplice) e ho cercato di richiamare l’attenzione dei miei illustri colleghi sul peso che l’analfabetismo ha sulle vicende linguistiche e, ovviamente, sociali in Italia.
Avevamo dati sull’analfabetismo strumentale, ma per l’analfabetismo funzionale avevamo solo sondaggi parziali e ipotesi, a elaborare le quali abbiamo lavorato a lungo in diversi, ricordo qui almeno e soprattutto il professor Saverio Avveduto a lungo presidente dell’UNLA (Unione Nazionale per la Lotta all’Analfabetismo). Dai tardi anni novanta dello scorso secolo per merito di Statistics Canada (il centro statistico nazionale canadese) sono state promosse accurate indagini comparative e osservative su estesi campioni statistici delle popolazioni per determinare diversi gradi di analfabetismo nei diversi paesi del mondo. Già nel 2005 ho potuto utilizzare questi dati. Nel 2014 è giunta a compimento la terza indagine comparativa internazionale gestita dall’OCSE (l’Organizzazione di cooperazione e sviluppo economico).
L’indagine è chiamata PIAAC (Programme for International Assessment of Adult Competencies), e per quasi trenta paesi del mondo, tra cui l’Italia, ha definito cinque livelli di alfabetizzazione in literacy e numeracy delle popolazioni in età di lavoro (16-65 anni), dal livello minimo di analfabetismo strumentale totale, a un secondo livello quasi minimo e comunque insufficiente alla comprensione e scrittura di un breve testo, ai successivi tre gradi di crescente capacità di comprensione e scrittura di testi, calcoli, grafici. Dati analitici sul nostro e altri paesi possono trovarsi in un mio libro più recente, Storia linguistica dell’Italia repubblicana (Laterza, Bari 2014).
Qui il nostro focus è l’Italia. Come in Spagna il 70% della popolazione in età di lavoro si colloca sotto i due primi livelli. Soltanto un po’ meno di un terzo della popolazione ha quei livelli di comprensione della scrittura e del calcolo dal terzo livello in su che vengono ritenuti necessari per orientarsi nella vita di una società moderna. Ma il fenomeno ha gravi dimensioni in tutti i paesi studiati anche se nessuno raggiunge i livelli negativi di Italia e Spagna. Più della metà della popolazione è in condizioni che potremmo dire “italo-spagnole” negli USA e (a decrescere), in Francia, Gran Bretagna, Germania ecc. Perfino in paesi virtuosi, per eccellenza dei sistemi scolastici e diffusione della lettura, si trovano percentuali di analfabeti prossime al 40%: così in Giappone, Corea, Finlandia, Paesi Bassi.
Il problema dunque, pur a diversi livelli di gravità, non è solo italiano. Anche dopo avere acquisito buoni, talora eccellenti livelli di literacy e numeracy in età scolastica, in età adulta le intere popolazioni sono esposte al rischio della regressione verso livelli assai bassi di alfabetizzazione a causa di stili di vita che allontanano dalla pratica e dall’interesse per la lettura o la comprensione di cifre, tabelle, percentuali. Ci si chiude nel proprio particolare, si sopravvive più che vivere e le eventuali buone capacità giovanili progressivamente si atrofizzano e, se siamo in queste condizioni, rischiamo di diventare, come diceva Leonardo da Vinci, transiti di cibo più che di conoscenze, idee, sentimenti di partecipazione solidale.
Qui è disponibile il testo integrale dell’intervista, condotta da Filomena Fuduli Sorrentino e proposta dall’Agenzia internazionale stampa estero.