Il Sud Sudan in guerra e affamato cerca di aumentare la produzione di petrolio
Ma continuano le violenze e i rapimenti dei lavoratori negli impianti petroliferi
[3 Aprile 2017]
L’Onu ha recentemente rilanciato l’allarme per la carestia che sta colpendo alcune aree del Sud Sudan a causa del protrarsi della guerra civile nel più giovane Paese del mondo, ma è proprio da quella che è probabilmente la principale causa della guerra civile (e prima di quella di indipendenza dal Sudan) il petrolio che il governo di Juba vuole ripartire.
Stephen Dhieu Dau, il ministro delle finanze e della pianificazione economica del Sud Sudan, ha annunciato che, malgrado le minacce di sequestro che pesano sui lavoratori petroliferi e i problemi di sicurezza nelle aree di estrazione, cercherà di aumentare la sua produzione di greggio dagli attuali 130.000 barili al giorno (Bpg) a più di 180.00 Bpg nel 2018. Inoltre, Dhieu Dauha annunciato che sono in corso preparativi per rilanciare la produzione nello Stato settentrionale sudsudanese dell’Unity- uno tra quelli dove gli scontri con i ribelli sono quotidiani – e che le compagnie petrolifere dello Stato del Nilo Orientale hanno ricevuto istruzioni per accrescere la produzione quotidiana di greggio.
Nell’Unity la produzione di petrolio era stata sospesa dopo lo scoppio della guerra civile nel dicembre 2013, ma Dhieu Dau vuole far credere che la guerra civile sud-sudanese e il durissimo scontro – anche amato – per il petrolio con il Sudan c’entrano poco: secondo lui, più vche l’insicurezza, è stato il calo c del costo del petrolio nel mondo ad aver costretto il governo del Sud Sudan a diminuire la prosuzione di greggio dai 160.000 Bpg del 2015 ai 130.000 bpg del 2017.
Il bilancio statale del Sud Sudan dipende dal 98% dalle entrate petrolifere, ma la guerra civile ha costretto le compagnie straniere che estraevano petrolio nel Paese a chiudere la maggioranza dei giacimenti del nord, al confine cl Sudan. Inoltre i soldi del petrolio finiscono quasi tutti in armi per combattere una lotta fratricida per assicurarsi il potere in uno Stato petrolifero fallito.
Intanto in Sud Sudan l’inflazione e la recessione economica sono galoppanti e le sue reserve monetary non sono sufficienti a importare I beni di cui ha bisogno. Gran parte della popolazione vive di aiuti internazionali, visto che la guerra i i massacri etnici costringono intere comunità a fuggire dentro e fuori il Paese-
Le miluizie ribelli dell’ex vicepresidente Riek Machar rapioscono i lavoratori delle compagnie petrolifere e chiedono di fermare la produzione di petrolio fno a che non verrà risolta una crisi nella quale si intrecciano odi politici, personali ed etnici.
A marzo, il ministro del petrolio del Sud Sudan, Ezekiel Lol Gatkuoth, aveva assicurato le compagnie petrolifere che «I rapimenti non freneranno la produzione di petrolio nella regione. La sicurezza sarà immediatamente rafforzata per proteggere i lavoratori». Ma è difficile trovare chi è disposto ad andare a lavorare in zone remote di un Paese che esiste solo sulla carta, dove scorrazzano miliziani e soldati che si danno al saccheggio e alle violenze contro i civili e dove anche i pastori e i bambini sono armati di Kalashnikov.