La rivoluzione mancata degli acquisti verdi, che taglia le ali alla green economy italiana
La spesa della Pubblica amministrazione per beni e servizi vale oltre 284 miliardi di euro l'anno, ma solo nel 12,5% dei casi vengono seguiti i Criteri ambientali minimi
[24 Maggio 2017]
Anche l’economia verde è un’economia, e per funzionare davvero ha bisogno di una domanda abbastanza ampia da sorreggere il mercato: consumatori che chiedano energia verde, beni riciclati, minori sprechi di risorse naturali per soddisfare i propri bisogni. L’asso nella manica per innescare questo ciclo virtuoso ce l’abbiamo già a portata di mano, ed è la Pubblica amministrazione. In tutta Europa è lei a rappresentare il principale consumatore, in grado di influenzare con le sue scelte quelle di tutto il mercato.
A livello Ue la spesa in beni e servizi degli Stati membri, a tutti i livelli amministrativi, si stima valga qualcosa come 2mila miliardi di euro, il 14% del Pil. In Italia la quota sale ancora, a circa il 17% del Prodotto interno lordo nazionale, toccando quota 284 miliardi di euro. Soldi che in teoria dovrebbero dare gambe alle rivoluzione della green economy in Italia, ma che in realtà hanno ancora ben poco di sostenibile.
Si tratta di un limite riconosciuto dagli stessi dipendenti della Pa, intervistati per realizzare la ricerca “Pratiche di consumo sostenibile e lavoro”, presentata oggi a Roma all’interno del Forum Pa 2017, che quest’anno è dedicato al rinnovamento della Pubblica amministrazione per aiutare l’Italia a centrare i 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile individuati dall’Onu, e che il nostro Paese si è impegnato ad agguantare entro il 2030. Di strada, questo è certo, ad oggi ne manca ancora molta da fare.
«Se la rivoluzione dei consumi e delle modalità di produzione sostenibili partisse dalla Pubblica amministrazione – spiegano dal Forum – si avvierebbe una vera rivoluzione “green” in Italia, perché le Pa potrebbero fare da apripista su mobilità soft, risparmio energetico, raccolta differenziata dei rifiuti, lotta agli sprechi, acquisto di alimenti biologici con un impatto formidabile sull’intero Paese».
E invece siamo molto «lontani dalla rivoluzione dei comportamenti d’acquisto pubblici: solo il 14,1% degli intervistati dichiara che la propria amministrazione ha già introdotto i Cam (Criteri ambientali minimi per tipologie di prodotto o servizio) nelle proprie procedure d’acquisto e solo per il 12,5% si è provveduto all’individuazione dei prodotti e servizi ai quali applicarli». Questo significa che, dei 284 miliardi di euro spesi in beni e servizi ogni anno dalla Pa, appena 35 rientrano in teoria nel campo delle politiche di Green public procurement (Gpp); la pratica, ovvero gli acquisti verdi effettivi, potrebbe essere anche più sconfortante. Di preciso non è dato sapere: «Sono ancora molto poche le amministrazioni attrezzate al monitoraggio degli acquisti e soprattutto quelle che hanno definito chiaramente gli obiettivi da raggiungere».
«Eppure – aggiungono infatti dal Forum – rispetto agli acquisti verdi l’Italia vanta un primato in Europa: è il primo Paese ad aver reso obbligatorio il Green public procurement, attraverso l’inserimento nel nuovo Codice degli Appalti (Dlgs. 50/2016). Il Gpp viene visto dagli intervistati come la vera scintilla per una nuova economia: per il 56,8% è la miccia che darà impulso a una crescita sostenibile e solo il 5,5% la considera un’occasione per risparmiare, mentre il 34,4% pensa alla diminuzione dell’impatto dei consumi pubblici sull’ambiente». Secondo il correttivo al Codice degli appalti sarà adesso l’Anac a dover monitorare l’effettiva applicazione dei Cam, quando proprio la mancanza di controlli (e sanzioni per gli inadempienti) ha finora contributo agli scarsi risultati in termini di acquisti verdi, naufragati nell’oscuro mare di quella burocrazia difensiva che ingessa tutta la nostra Pubblica amministrazione.
«I costi della Pa hanno una rilevanza significativa che impone un cambio di passo in termini di razionalizzazione e ottimizzazione dei consumi legati ad attività e servizi – conclude Carlo Mochi Sismondi, presidente del Forum – È necessario che le amministrazioni si muovano verso la logica di contenimento e qualificazione della spesa pubblica se vogliamo rispettare gli impegni mondiali sulla sostenibilità. Per un uso consapevole delle risorse occorre agire sui comportamenti, ma anche investire, puntando su interventi di tipo infrastrutturale, gestionale, organizzativo, formativo».