Legambiente: dai i Paesi del G20 quasi 4 volte più fondi pubblici alle fossili che alle rinnovabili
I contributi alle fonti fossili minacciano l’Accordo di Parigi
Italia ottava in classifica: tra il 2013 e il 2015, 2,1 miliardi di dollari all'anno ai combustibili fossili
[5 Luglio 2017]
Secondo i dati diffusi oggi dal rapporto internazionale “Talk is Cheap: How G20 Governments are Financing Climate Disaster”, al quale ha collaborato anche Legambiente per la parte dei dati italiani, «Nonostante gli Accordi sul clima di Parigi e gli impegni presi per contrastare i cambiamenti climatici, i Paesi del G20 continuano ad incentivare l’uso dei combustibili fossili fornendo quasi quattro volte più fondi pubblici a questo settore che alle energie rinnovabili». Il rapporto di Oil Change International, Friends of the Earth Usa, Sierra Club e Wwf european policy office, sottolinea che «Tra il 2013 e il 2015 i finanziamenti pubblici che gli Stati del G20 hanno destinato alle fonti fossili si attestano a 122,9 miliardi di dollari l’anno».
Legambiente che anche l’Italia ha dato il suo contributo: «In tre anni (2013-2015) la Penisola attraverso SACE e CDP2 ha destinato con 21 progetti ben 2,1 miliardi di dollari medi annui ai combustibili fossili contro i 123 milioni di dollari l’anno destinati alle energie pulite, piazzandosi all’ottavo posto nella classifica per finanziamenti pubblici a sostengo dei combustibili fossili e risultando tra i paesi peggiori, insieme alla Germania, per la mancata corrispondenza tra lotta ai cambiamenti climatici ed i finanziamenti pubblici. In particolare l’Italia, sebbene nell’ambito della sua presidenza del G7 abbia promosso un’agenda per allineare la finanza bancaria multilaterale di sviluppo con gli obiettivi degli accordi di Parigi, ha dimostrato fino adesso scelte e fatti ben diversi».
Ma anche la Germania, che si atteggia a prima antagonista di Trump, tra il 2013 e il 2015 ha elargito 3,5 miliardi di dollari all’anno per i combustibili fossili contro i 2,4 miliardi di dollari all’anno per l’energia pulita. Nel 2016, il governo tedesco ha dichiarato che le banche multilaterali di sviluppo «dovrebbero chiaramente impegnarsi a concludere il finanziamento dei progetti di combustibili fossili», ma gli ambientalisti fanno notare che questo non è ancora avvenuto. Per questo, in vista del G20 di Amburgo in programma nei prossimi giorni dove si discuterà anche della questione clima, Legambiente lancia oggi un appello chiedendo ai Paesi del G20 e, in particolar modo all’Italia, «massima trasparenza e azioni concreti per definire un’agenda ambientalista efficace che preveda, tra i primi interventi da attuare, l’eliminazione entro il 2020 di tutti i sussidi alle fonti fossili. Cambiare modello energetico per ridurre il consumo di petrolio, carbone, gas deve essere una assoluta priorità».
Per Katiuscia Eroe, responsabile energia di Legambiente, «E’ ora di dire basta alle ipocrisie e di cancellare i sussidi alle fonti fossili, spostando le risorse verso l’innovazione ambientale e l’efficienza energetica – Al G20 di Amburgo i grandi della terra dimostrino con azioni concrete il loro impegno per il clima a partire dalla eliminazione entro il 2020 di tutti i sussidi alle fonti fossili per fermare la crescita delle emissioni di gas serra e contenere entro i 2°C l’aumento della temperatura globale. L’Italia, in questa partita faccia la sua parte, ben venga la conferma di uscire dal carbone entro il 2030, ma nella SEN si inserisca anche la cancellazione di tutti i sussidi alle fonti fossili – tema sorvolato dal documento – e si rilanci sempre di più, con strumenti concreti e puntuali, il settore delle energie rinnovabili. È inoltre importante promuovere l’efficienza energetica e replicare su tutto il territorio nazionale quelle buone pratiche promosse da comuni e aziende virtuose, che in questi anni hanno deciso di investire su modelli energetici sostenibili e innovativi consentendo alle famiglie di risparmiare anche in bolletta».
Il Cigno Verde ricorda che «Tutte le ricerche scientifiche mostrano un’urgente necessità di contenere l’aumento della temperatura globale entro 1,5° C per evitare gravi ripercussioni su persone ed ecosistemi. Recenti analisi mostrano inoltre come anche soltanto continuando ad utilizzare le attuali risorse di petrolio e gas, negli impianti già in esercizio, e considerando l’estrazione del carbone completamente esaurita, il Pianeta si riscalderà ben oltre gli 1,5° C consigliati. Le potenziali emissioni di CO2 provenienti da tutti i combustibili fossili negli impianti e nelle miniere già operanti al mondo ci porterebbero infatti ben oltre i 2° C».
Dal rapporto emerge che il Giappone rimane il principale finanziatore per i combustibili fossili – petrolio, gas e carbone – con 16,5 miliardi di dollari l’anno stanziati tra il 2013 e il 2015 rispetto a 2,7 miliardi di dollari l’anno a sostegno dell’energia pulita. Al secondo posto, la Cina con 13,5 miliardi di dollari annui di fondi pubblici per i combustibili fossili rispetto a meno di 85 milioni di dollari ogni anno per le energie rinnovabili. Terza la Corea del sud con 8,9 miliardi di dollari l’anno rispetto a soli 92 milioni di dollari ogni anno per le rinnovabili. Seguono gli Usa con 6 miliardi di dollari annui dal 2013 al 2015, rispetto ad 1,3 miliardi all’anno per l’energia pulita. Inoltre, nello stesso periodo le compagnie statunitensi hanno ricevuto 17,5 miliardi di dollari di finanziamenti per combustibili fossili provenienti da altri Paesi del G20. Poi ci sono Germania e Canada , con 3 miliardi di dollari annui destinati a petrolio, gas e carbone rispetto ai soli 171 milioni di dollari l’anno per le rinnovabili, e il Brasile. L’Italia è all’ottavo posto, con i i progetti da fonti fossili sono SACE (Servizi assicurativi e finanziari per export e internazionalizzazione) e CDP (Cassa depositi e prestiti). «La prima – evidenzia il Cigno Verde – entra nella Top10 dei maggiori finanziatori del G20, attraverso meccanismi di garanzia per un ammontare tra il 2013 e il 2015 di 6.622 milioni di euro».