I migranti nell’inferno della Libia: «I Paesi Ue mano nella mano con le reti criminali» (VIDEO)
Joanne Liu, presidente MSF, accusa la politica migratoria Ue di sostenere una rete criminale in Libia
[7 Settembre 2017]
La sorte dei migranti e dei rifugiati presenti in Libia interpella nuovamente L’Europa e i suoi rappresentanti. Perché, al di là di un politica funesta, ossessionata dal desiderio di respingere sempre più lontano la gente all’esterno delle frontiere europee, fino ad ostruire le operazioni di salvataggio nel Mediterraneo, la Francia e dei membri dell’Unione europea mantengono un rete criminale.
In Libia, è noto pubblicamente che il sistema di detenzione dei candidati al rifugio sul suolo europeo è abietto. Per chiamarlo con il suo nome, consiste in un’impresa prospera di rapimento, tortura ed estorsione. Scegliendo scientemente di contenere ad ogni costo i migranti in Libia , la Francia e i governi dell’Ue legittimano un tale sistema.
Pertanto, non è concepibile che oggi delle persone possano essere rinviate in Libi, come è intollerabile che siano costrette a restarci. MSF interviene nei centri dei detenzione a Tripoli da più di un anno ed è testimone di un sistema arbitrario di detenzione ma anche di estorsione, di abusi, di torture e di privazione che gli uomini, le donne e i bambini subiscono quotidianamente.
Sono stata in alcuni di questi centri la settimana scorsa: ho incontrato delle persone trattate come merce. La gente è accatastata in degli spazi scuri e sporchi, senza ventilazione. Vivono gli uni sugli altri e defecano sul cemento. Gli uomini ci hanno raccontato come, in piccolo gruppi, sono costretti a correre nudi nel cortile fino a quando non cadono per sfinimento. I carcerieri violentano le donne prima di esigere che contattino le loro famiglie, implorando che inviino loro del denaro perché possano uscire da questo incubo..
Tutte le persone che ho incontrato erano in lacrime, supplicando ancora e ancora di uscire di là.
Alcuni hanno interpretato la diminuzione del numero di persone che tentano di attraversare il Mediterraneo dalla Libia verso l’Europa come un successo nella lotta per salvare la vita dei migranti e sopprimere le reti dei trafficanti.
Sapendo quel che succede realmente in Libia, tali considerazioni rivelano al massimo dell’ipocrisia, nel peggiore dei casi una complicità cinica con il commercio organizzato di esseri umani ridotti a dei pacchi di mercanzia consegnati nelle mani dei trafficanti.
Al contrario, dovrebbe essere fatto di tutto per far uscire al più presto i prigionieri da questa trappola infernale, dare loro accesso delle misure di protezione, a delle procedure di asilo e di rimpatrio volontario accelerate. Hanno bisogno di essere messi al riparo e di vedersi offrire delle vie di uscita legali.
Sena attendere, è urgente e vitale che i detenuti possano ottenere un miglioramento drastico delle loro condizioni di vita in Libia. La violenza che subiscono deve assolutamente cessare, i loro diritti devono essere rispettati, compreso l’accesso al cibo, all’acqua e alle cure mediche.
Invece di affrontare il circolo vizioso nutrito dalle loro stesse politiche, dei rappresentanti degli Stati europei e la Francia si sono trincerati dietro delle accuse infondate contro dei cittadini o delle ONG che aiutano dei migranti in difficoltà.
Come altri, MSF è stato così accusato a più riprese di collusioni con dei trafficanti nel corso delle sue operazioni di assistenza, di ricerca o di salvataggio in mare. A chi si dovrebbe quindi fare il processo? A quelli che cercano di soccorrere delle persone in difficoltà o a cloro che le condannano a essere trattate come delle bestie?
La situazione inumana dei migranti in Libia è alimentata dalla politica della Francia e dei Paesi europei, che da diversi anni ha come obiettivo quello di respingere le persone fuori dall’Europa, di mantenerle fuori dalla vista ad ogni costo. Gli effetti dell’accordo tra l’Unione europea e la Turchia nel 2016, quello che no abbiamo visto in Grecia, in Francia, nei Balcani ed oltre, sono altrettanti esempi di frontiere sempre più ermetiche e di una politica di reiezione sempre più radicale.
La mobilità delle persone a livello internazionale deve essere organizzata e non combattuta costi quel che costi: è il solo modo di evitare che le persone non diventino ostaggio delle reti dei trafficanti che i leader politici pretendono di voler smantellare.
L recente summit sulla migrazione tenutosi a Parigi, i Capi di Stato hanno decantato il bisogno di assistenza, l’invio di «missioni di protezione» in Ciad e in Niger e il rispetto dei diritti per i rifugiati e i migranti. Come si può parlare così quando si sa quel che succede in Libia?
Fino a dove sono pronti ad andare la Francia e i membri dell’Unione europea per «controllare la migrazione»? A fornire la gente nelle mani delle reti criminali finanziate col denaro europeo e a chiudere gli occhi sulle peggiori sevizie?
di Joanne Liu présidente internazionale di Médecins sans frontières/Medici senza Frontiere
Questo intervento è stato pubblicato il 6 settembre 2017 su Liberation con il titolo “Libye: la France, l’UE et les réseaux criminels, main dans la main”