La Padania sotto lo smog, emergenza sempre più cronica
Perché lo smog. Le proposte di Legambiente e Utilitalia per ripulire subito l’aria delle città
[23 Ottobre 2017]
La rapida perturbazione passata sull’Italia ha temporaneamente ripulito lo smog tossico dai cieli della Padania, dove ieri si è votato per un referendum sull’autonomia caratterizzato da una campagna elettorale durante la quale si è parlato di ben altre cose rispetto a quelle illustrate in una nota dai ricercatori dell’Istituto di scienze dell’atmosfera e del clima del Consiglio nazionale delle ricerche (Isac-Cnr) Paolo Bonasoni, Stefania Gilardoni, Tony Christian Landi sull’emergenza inquinamento atmosferico in nord Italia.
Infatti Bonasoni, Gilardoni e Landi ricordano sia alla minoranza di Lombardi che è andata a votare che alla risicata maggioranza dei veneti che ha fatto altrettanto, a chi le urne le ha disertate e agi abitanti delle altre regioni del nord che «La configurazione orografica della Pianura Padana, come sappiamo, favorisce l’accumulo ed il build-up degli inquinanti atmosferici emessi in atmosfera, in particolare in situazioni di blocco anticiclonico, assenza di ventilazione e mancanza di piogge, in grado di ‘lavare’ l’atmosfera. Nel caso specifico, la subsidenza dovuta al promontorio di alta pressione favorisce la presenza di una inversione termica in quota che persiste anche nelle ore diurne sull’intero bacino padano. Questa fa sì che valori particolarmente elevati di PM10 sono registrati a bassa quota, ed in modo costante, a partire dal 13/10, mentre a quote più elevate questo non succede, come testimoniano le misure eseguite presso l’Osservatorio Cnr di Monte Cimone. I due sistemi risultano quindi disaccoppiati: una ‘coperta’ che ricopre la Pianura Padana tenendo confinati sotto di essa gli inquinanti, mentre al di sopra di essa non si ha alcuna contaminazione di quanto avviene in basso. Riguardo questi inquinanti, è estremamente importante ricordare che in pianura Padana le polveri sottili sono costituite prevalentemente da componenti secondarie: le osservazioni sperimentali indicano che più della metà del materiale particolato è di origine secondaria, ossia prodotta in atmosfera da trasformazioni chimiche e fisiche. Questo succede poiché le condizioni atmosferiche in atto hanno favorito le trasformazioni chimiche con le quali i composti emessi in fase gas da attività antropiche, hanno reagito per formare materiale particolato (PM). Il risultato è un effetto di amplificazione che ha portato ad un numero elevato di superamenti consecutivi del valore limite».
Insomma, aria sempre più inquinata, come dimostrano gli ultimi aggiornamenti di Legambiente: «Da gennaio a oggi a Torino salgono a 70 i giorni di superamento di PM10, mentre Milano è arrivata a quota 59 gg. Male anche Pavia (66gg), Cremona (65gg di superamento) e Padova (60gg). È quanto denuncia Legambiente che ha aggiornato di nuovo i dati di “Pm10 ti tengo d’occhio” riportando da gennaio a meta ottobre, quelle città che hanno superato il limite di legge dei 35 giorni di sforamento, con una media giornaliera oltre i 50 microgrammi per metro cubo, previsto per le polveri sottili (PM10). Ma oltre al PM10, la cappa di smog che sta sovrastando la Pianura Padana e molte regioni del Nord Italia è composta anche di ossidi di azoto (NOx ), la cui fonte principale ancora oggi è costituita dai trasporti stradali e in particolare dalle auto».
Alla fine sono scattati – anche a Roma – i blocchi delle auto Euro4, e i più moderni Euro5 e Euro6. Ma Legambiente dice che si tratta di «Azioni mirate ma prese con troppa lentezza e che secondo Legambiente non basteranno a contrastare l’emergenza smog e a ridurre le emissioni inquinanti». Secondo il Cigno Verde «Quello che serve è un pacchetto di interventi concreti e coraggiosi che coinvolgano tutte le città d’Italia, a partire dalla messa al bando, tra il 2020 e il 2025, dei motori diesel e dei veicoli più inquinanti dalle metropoli italiane con più di 50mila abitanti, con standard sempre più elevati da dover rispettare per poter accedere alle aree urbane. L’addio ai diesel, per Legambiente sarà un processo possibile, lento ma inesorabile, che in questa fase di transizione deve essere accompagnato da altre azioni concrete: è fondamentale mettere in campo politiche tariffarie ad hoc come la road pricing e la ticket pricing per l’ingresso con veicoli a motore nelle aree urbane, sull’esempio dell’Area C di Milano che ha istituito zone a pedaggio urbano. Quando il livello di inquinamento invernale ed estivo è troppo elevato, occorre imporre limiti di velocità più bassi sulle strade urbane (dove il limite proposto di 30 km/h serve anche ad aumentare la sicurezza della mobilità ciclopedonale) e rivedere la velocità massima consentita anche su quelle extraurbane (70 km/h) e sulle autostrade (110 km/h). E soprattutto incentivare e potenziare il trasporto pubblico e quello su ferro, dare più spazio alla micromobilità e alle aree ciclopedonali che attraversano nelle diverse direttrici i centri urbani, sostenere una mobilità sostenibile e nuova con nuove risorse».
L’associazione ambientalista dice che « si tratta di proposte attuabili e che in Europa trovano già un terreno fertile a partire proprio dalla messa al bando dei motori a diesel. La città di Copenaghen, ad esempio, già dal primo gennaio del 2019 dire addio ai motori a diesel per migliorare la qualità dell’aria della metropoli. L’Italia, invece, è ancora indietro anche se le buone pratiche messe in atto in alcune città italiane lasciano ben sperare. Segnali positivi arrivano ad esempio da Firenze che entro il 2020 chiuderà il centro storico a tutte le auto. La metropoli fiorentina ha inoltre lanciato il servizio di car sharing solo elettrico, le bici in sharing, i taxi elettrici, e poi c’è il successo della linea Tram Firenze-Scandicci».
La presidente nazionale di Legambiente, Rossella Muroni, ricorda che «L’emergenza smog è sempre più cronica. Il protocollo antismog firmato dal ministero dell’ambiente e da alcune regioni del Nord da solo non basta, perché in questa partita devono essere coinvolte tutte le città italiane mettendo in campo, in tempi brevi, interventi strutturati, concreti e coraggiosi che riguardano la messa al bando dei motori a diesel e dei veicoli più inquinanti, ma anche azioni incentrate sulla mobilità sostenibile, il trasporto pubblico per far in modo che le auto diventino l’ultima delle soluzioni possibili per gli spostamenti dei cittadini. Quello che serve è una strategia nazionale per la qualità dell’aria e allo stesso tempo un piano per la mobilità in città, accompagnato da studi accurati sulle fonti di emissione, eseguiti a scala locale e urbana, per pianificare le giuste politiche di intervento. Senza dimenticare che per città libere dallo smog e centri urbani sempre più smart, partecipativi e inclusivi servono anche azioni di rigenerazione e riqualificazione urbana, interventi di efficienza energetica, più spazi verdi e azioni a tutela del suolo. Di certo non serve appellarsi alla danza della pioggia per sperare che i livelli di PM10 si abbassino».
Intanto, mentre si respira particolato e si vota per l’autonomia, l’Italia continua ad avere il record di auto per abitante e 62 auto ogni 100 abitanti a Roma. Intanto nei primi 7 mesi del 2017 le nuove immatricolazioni di auto sono cresciute dell’8,6% e quelle diesel sono il 56,4% e quelle a benzina il 32,5%. «Le auto a diesel inquinano più di quanto dichiarato dalla legge e dalle prove di omologazione svolte dai diversi stati produttori» denuncia Legambiente che chiede «un nuovo regolamento che obblighi a fare i controlli sulle emissioni reali delle auto».
Per l’associazione ambientalista, se si vogliono davvero città libere dallo smog è necessario: «ridisegnare strade, piazze e spazi pubblici e la creazione di zone 30, in cui imporre il limite di velocità massimo di 30 km/h. Centri urbani completamente sicuri e rinnovati, in grado di tornare a respirare anche grazie alla creazione di nuovi spazi verdi e alla piantumazione di nuovi alberi in città, nelle vie del centro e delle periferie, ma anche sugli edifici e sui tetti. È inoltre fondamentale avviare la riqualificazione degli edifici pubblici e privati, per ridurre i consumi energetici e le emissioni inquinanti e rendere gli edifici più sicuri dal rischio sismico e idrogeologico con l’obiettivo di riqualificare in 30 anni tutti gli edifici pubblici e privati. Vietare l’uso di combustibili fossili, con esclusione del metano, nel riscaldamento degli edifici a partire dalla prossima stagione di riscaldamento. Ed introduttore l’etichetta energetica sulle caldaie installate, similmente a quanto fatto in Germania: una etichetta intelligente che informi i condomini del consumo della propria caldaia e invogli a cambiarla prima che giunga a fine vita (che si rompa o non funzioni più)».
Anche Giovanni Valotti, presidente di Utilititalia, la federazione che riunisce i gestori dell’ambiente, dell’acqua e dell’energia, è convinto che «In tempi certi si possono applicare soluzioni note e già disponibili. Tra queste: un maggiore utilizzo delle pompe di calore elettriche e incentivi alla diffusione del teleriscaldamento; il supporto alla mobilità sostenibile con auto elettriche e a gas, spingendo anche sulla valorizzazione del biometano da rifiuti; l’uso di metano per la produzione elettrica da affiancare alle energie rinnovabili, per loro natura meno inquinanti e infine un ricorso alla maggiore efficienza energetica degli edifici. Per abbattere lo smog in modo significativo, basterebbero tre anni».
Proposte che Utilitalia ha consegnato al ministero dello sviluppo Economico con le sue ssservazioni alla Strategia energetica nazionale (Sen) nelle quali ricorda anche che «Il teleriscaldamento ha significativi benefici sia in termini energetici, come il risparmio di tonnellate equivalenti di petrolio, che ambientali, come il miglioramento della qualità dell’aria. E’ una tecnologia matura, ampliamente diffusa negli altri Paesi europei e promossa dalla Commissione Ue. L’aumento della potenza elettrica nelle case con un maggior uso del vettore elettrico (pompe di calore) per il riscaldamento, sarebbe una valida alternativa per le zone non raggiungibili con il teleriscaldamento. Per la mobilità sostenibile si spinga alla diffusione dei veicoli ‘puliti’ (colonnine per la ricarica elettrica e promozione dei biocarburanti) specie per il Trasporto Pubblico Locale. La federazione ha dedicato una sezione del documento anche alle reti infrastrutturali che grazie alla tecnologia e alla connettività diffusa sarebbero oggi in grado di effettuare il monitoraggio dettagliato dei consumi e dell’inquinamento, consentendo di operare in modo più efficace anche sulle nostre abitudini».
Valotti conclude: «Proprio nelle aree urbane si concentrano, e si concentreranno sempre più, popolazione, consumi e servizi è qui che è possibile ‘fare innovazione’ con benefici tangibili sulla qualità della vita dei cittadini, passando dalle emergenze alle soluzioni. Per questo motivo, pensiamo sia necessario che la Sen introduca un apposito Focus sulle Aree Urbane. A renderlo necessario sono soprattutto le sfide e le opportunità connesse al ruolo delle città negli obiettivi energetico-ambientali, sia a livello di target europeo che mondiale».