E per smaltire in sicurezza l’amianto presente sul territorio «occorrono le discariche»
Rifiuti, ecco perché incentivare il riciclo del plasmix è «assolutamente necessario»
Realacci a greenreport: «Abbiamo incardinato la proposta di legge in commissione Ambiente come segnale politico, ma si potrebbe fare molto anche con le leggi esistenti se il ministero dell’Ambiente stesse un po’ più sul pezzo». A partire da capitolati d’appalto e acquisti verdi della Pubblica amministrazione
[31 Ottobre 2017]
Anche se non quanto sarebbe necessario, l’Italia oggi investe in modo massiccio sull’ambiente: secondo il Catalogo dei sussidi ambientali elaborato dal ministero dell’Ambiente ammontano a 15,7 i miliardi di euro/anno assegnati a sussidi ambientalmente favorevoli. Il problema è che ne vengono investiti ancora di più in sussidi ambientalmente dannosi: 16,1 miliardi di euro/anno. Uno squilibrio che si ritrova anche all’interno dei singoli mercati di cui si compone la green economy: un esempio? Nonostante la crescente importanza attribuita all’economia circolare all’interno del dibattito istituzionale, gli incentivi dedicati dall’Italia al riciclo sono pari a zero.
Qualcosa però è tornato a muoversi sul plasmix, ovvero quelle plastiche eterogenee che arrivano a rappresentare oltre il 50% di tutti gli imballaggi in plastica raccolti in modo differenziato, e che sono tra i rifiuti più critici da gestire per l’intera filiera. Ha infatti iniziato il suo iter in commissione Ambiente alla Camera la proposta di legge 4502 – primo firmatario Stefano Vignaroli, M5S – che mira a favorire la diffusione dei prodotti derivanti dal riciclo del plasmix. Dopo aver approfondito la proposta con il suo primo firmatario (qui) e con il presidente della Commissione parlamentare sul traffico illecito dei rifiuti Alessandro Bratti, Pd (qui), chiediamo lumi al decano dell’ambientalismo italiano Ermete Realacci, che della commissione Ambiente alla Camera è il presidente.
Realacci, la proposta di legge mira a incentivare la diffusione dei prodotti derivati dal riciclo del plasmix: pensa sia necessario?
«Assolutamente sì».
E anche fattibile?
«Abbiamo incardinato questa proposta di legge in commissione Ambiente come segnale politico, in quanto c’è condivisione sul tema. Non credo però ci sia possibilità di concludere l’iter all’interno di questa legislatura: senza ricordare i tempi della legge sui Piccoli comuni (per approvarla sono serviti oltre 15 anni, ndr), condurre in porto una pdl di iniziativa parlamentare può richiedere molto tempo. Questa legge è un importante segnale politico, ma nel frattempo dovremmo fare anche altro».
Che cosa, di preciso? Ormai 3 anni fa lo stesso ministro dell’Ambiente auspicò un’Iva al 4% sui prodotti riciclati, ma non se ne è saputo più nulla.
«Si potrebbe fare molto per incentivare il riciclo anche con le leggi esistenti, se il ministero dell’Ambiente stesse un po’ più sul pezzo. Praticamente in tutte le normative che abbiamo fatto passare nel corso di questa legislatura abbiamo sempre messo un riferimento al Green public procurement (gli acquisti verdi della Pubblica amministrazione, ndr), in primis all’interno del Codice degli appalti».
Ad oggi però il Gpp vale in Italia 9,5 miliardi di euro su un potenziale di 111,5 miliardi, e per chi non si adegua alle norme le sanzioni non ci sono.
«In Italia spesso funziona così, tutti hanno un orgasmo quando una legge viene approvata e poi se ne dimenticano. Purtroppo quando dalle leggi si passa alla pratica nessuno si preoccupa di mettere in fila quelle norme di base che – in sede di definizione dei capitolati d’appalto – favoriscono alcuni materiali e non altri. Già oggi esistono aziende, come la Revet di Pontedera, che vantano delle esperienze molto interessanti nel riciclo del plasmix e lì bisogna puntare, cominciando con l’applicare le leggi che già esistono. Basterebbe iniziare col fare i capitolati d’appalto tipo, aprendo dei canali privilegiati per i prodotti riciclati».
È un problema che riguarda solo il riciclo dei rifiuti plastici?
«Soprattutto le plastiche. Le altre frazioni, penso ai metalli come l’alluminio ad esempio, tranne qualche periodo strano hanno sempre un buon mercato di sbocco su cui contare e il riciclo si difende da solo. Ma sulle plastiche è chiaro che se oggi vuoi spingere sul recupero di materia devi garantire e favorire un mercato finale per i prodotti riciclati».
Oltre a quella a firma Vignaroli un’altra iniziativa parlamentare (stavolta a guida Stella Bianchi, Pd) punta a sostenere il riciclo del plasmix: non sarebbe meglio unire le forze?
«Lo faremo sicuramente, come sempre si è fatto in modo di arrivare a testi unificati: è anche una forma di coinvolgimento delle varie forze politiche. Il problema però non è questo… banalmente, siamo a fine legislatura e la legge di Bilancio terrà bloccati Camera e Senato con poche finestre libere fino a Natale. Dove la fai passare la pdl sul plasmix? Non è facile garantire un risultato, anche perché la proposta di legge avanzata dal M5S è molto onerosa».
Per quanto riguarda le risorse economiche, la pdl propone però di riallocare sul riciclo gli incentivi oggi previsti per la termovalorizzazione.
«Oggi gli incentivi previsti per i termovalorizzatori con il vecchio Cip6 non ci sono più, rimane incentivata solo la termovalorizzazione di quei rifiuti assimilabili alle biomasse ai sensi della normativa Ue. Non è molto. Possiamo provarci, ma dobbiamo anche tener conto che l’Italia vive una situazione particolare, nella quale la termovalorizzazione è già molto più bassa rispetto ai livelli raggiunti nel nord Europa. I termovalorizzatori non sono sicuramente il futuro, però l’Italia è un Paese dove la discarica rappresenta ancora una delle principali forme di smaltimento. Tagliando d’emblée l’incentivazione rimasta alla termovalorizzazione ci sarebbero inoltre ripercussioni in termini di posti di lavoro a rischio e sullo smaltimento dei rifiuti di grandi città, come Roma e Napoli».
Presentare la pdl sottoforma di emendamento da inserire in legge di Bilancio, che ha iniziato ieri il suo percorso in Parlamento, potrebbe essere una strada.
«Non lasceremo niente di intentato. Bisogna capire innanzitutto cosa accadrà in Senato, perché quest’anno la legge di Bilancio è partita da lì. Alla Camera sicuramente ci proveremo, ma non è facile garantire un risultato; anche perché per quanto riguarda le risorse economiche necessarie si parla di centinaia di milioni di euro, e trovarli all’interno della legge di Bilancio mi pare difficile. Al contempo ci sono molte altre partite aperte, anche ambientali: ad esempio, io un tentativo di re-inserire il credito d’imposta per la rimozione dell’amianto lo farei».
Si stima che in Italia ci siano ancora 32-40 milioni di tonnellate d’amianto. Le bonifiche procedono a passo di formica, ma anche quando vengono concluse non sappiamo dove mettere i rifiuti che ne derivano e li spediamo all’estero. Su questo cosa si può fare?
«Quando l’amianto è ben contenuto, non fa danni: per smaltirlo in sicurezza occorrono discariche ad hoc».
Lo dice anche il ministero dell’Ambiente. Spesso però gli impianti non si fanno perché paradossalmente, anziché l’amianto libero, sono le discariche per la gestione dei rifiuti contenenti amianto ad essere viste come un problema dai cittadini.
«Dobbiamo contrastare quella subcultura per la quale diventa impossibile fare qualsiasi cosa. Non ci sono scorciatoie, dobbiamo far capire ai cittadini che quegli impianti servono per risolvere il problema. E non fanno male».